Il Golpe in Niger: Europa alla Ricerca del Telecomando del Condizionatore

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Mentre il caldo estivo inonda l’Europa, il golpe in Niger scuote il continente africano e mette in luce la curiosa passività delle potenze occidentali. Non c’è del formaggio da rosicchiare o si preferisce restare al fresco?

Sotto il sole cocente dell’estate europea, mentre molte nazioni si contendono le ombre degli alberi e i ventilatori si vendono come il pane caldo, un’ombra più oscura si diffonde sul continente africano. Il golpe in Niger sembra un altro episodio dei cosiddetti “venti contrari” che soffiano nell’arena geopolitica mondiale. Ma c’è di più dietro a questa trama, e sembra che l’Europa sia coinvolta in un’affascinante partita ai videogiochi.

L’annuncio della deposizione del presidente Mohamed Bazoum e la chiusura dei confini da parte di un gruppo di militari nigerini non è solo un evento isolato. Sembra essere una mossa strategica che mette in discussione l’equilibrio di potere in Africa e getta un’ombra minacciosa sulla stabilità europea.

Ma cosa sta facendo l’Europa di fronte a tutto ciò? Sembra che l’attenzione delle cancellerie europee sia attirata più dalle temperature in aumento che dalla crisi in Niger. Mentre l’Ucraina ha goduto di un’attenzione politica e militare significativa, il Niger sembra essere lasciato da solo a cercare di raffreddarsi con un ventilatore economico.

La deposizione dell’ex presidente filo-occidentale Bazoum apre le porte alla Cina e alla Russia. Questi due attori globali sembrano pronti a sfruttare l’instabilità e a colmare il vuoto lasciato dalla democrazia nigerina. Ma l’Europa sembra preferire il suo angolo ombreggiato, concentrata solo sul rimpatrio dei connazionali e sulla chiusura delle ambasciate.

E che dire delle materie prime? Il Niger è un gioiello prezioso nel mosaico delle risorse mondiali. Con le sue immense riserve di uranio e il suo potenziale petrolifero, il paese attrae l’attenzione di Cina e Russia, mentre l’Europa paiono rimanere “sostanzialmente al balcone”. La corsa per controllare queste risorse potrebbe scatenare un effetto domino che coinvolge l’intera geopolitica internazionale.

Ma perché l’Europa sembra così riluttante a intervenire? Forse la risposta sta nello “scarso beneficio rispetto agli ingenti costi”. L’intervento potrebbe sconvolgere gli equilibri fragili o danneggiare le tasche dei paesi che si vantano di essere paladini dei valori democratici. La politica estera potrebbe essere simile al cercare da parte di un topo un pezzo di formaggio sotto il sole cocente: meglio restare al fresco e aspettare che qualcun altro si bruci le zampe.

Mentre le potenze occidentali rimangono inattive, la Cina espande la sua influenza economica e la Russia si fa strada con i mercenari della Wagner. Nel frattempo, l’Africa resta in bilico tra l’ascesa di nuovi governi militari e il rischio di una spirale di instabilità.

In un mondo in cui il clima politico è più caldo che mai, sembra che l’Europa stia cercando l’angolo più fresco da cui osservare gli eventi. Tuttavia, questa passività potrebbe avere conseguenze a lungo termine che vanno oltre il semplice rilassamento estivo. Forse è il momento che l’Europa si svegli dal torpore, apra una finestra e si renda conto che il telecomando del condizionatore potrebbe non essere sufficiente a tenere sotto controllo l’ardente complesso di questioni globali che si stanno accendendo.

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