Nata in Giamaica, presiederà il processo a carico dell’ex presidente Usa, incriminato per il tentativo di sovvertire il voto del 2020. È il terrore degli insurrezionisti del 6 gennaio 2021
AGI – È nata in Giamaica la giudice destinata a diventare la nuova ossessione di Donald Trump e dei suoi sostenitori: si chiama Tanya Chutkan e presiederà il processo nei confronti del tycoon, incriminato per il tentativo di sovvertire il voto del 2020. La giudice è considerata il terrore degli insurrezionisti del 6 gennaio 2021: ne ha condannati già undici.
Laureata in economia alla George Washington University, e poi in legge alla University of Pennsylvania, Chutkan, 61 anni, ha lavorato in uno studio legale, specializzandosi in reati dei “colletti bianchi”. I repubblicani hanno cominciato ad attaccarla perché lo studio Boies, Schiller & Flexner, dove ha lavorato, sarebbe legato a ambienti democratici. Nel 2014 è stata nominata dall’allora presidente Barack Obama alla corte distrettuale di District of Columbia, di cui fa parte la capitale Washington.
La giudice ha acquisito la fama di “dura” dopo aver stabilito condanne più pesanti di quelle richieste dal dipartimento Giustizia nei confronti di una serie di imputati per l’assalto al Congresso. In tutte le sentenze, Chutkan aveva citato la necessità di non farla passare liscia a chi aveva partecipato all’insurrezione.
“Ci devono essere conseguenze – aveva dichiarato in una delle udienze – per aver partecipato a un tentativo di sovvertire il governo, e che vanno oltre il fatto di starsene seduti a casa”. Lei è la stessa giudice che aveva respinto la richiesta urgente presentata da Trump nel 2021 per fermare la restituzione dei documenti riservati ai National Archives.
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È stata tra i primi giudici in Usa a non riconoscere al tycoon i “privilegi dell’esecutivo”, un principio che avrebbe permesso all’ex presidente di schermare tutti i suoi atti, comprese le comunicazioni con lo staff durante le ore drammatiche dell’assedio al Campidoglio.
Il 9 novembre del 2021 Chutkan aveva stabilito con una sentenza che il Congresso aveva un “forte interesse pubblico” nell’ottenere dalla Casa Bianca le comunicazioni e i documenti utili a chiarire come venne alimentata la violenta reazione dei sostenitori di Trump, che il 6 gennaio di due anni fa presero d’assalto il Congresso.