Condannato a morte il killer della strage di Pittsburgh

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I giudici hanno votato la pena capitale contro Robert Bowers, accusato di aver ucciso 11 persone e aver agito con l’aggravante di atto antisemita

© BRENDAN SMIALOWSKI / AFP  – Strage nella Sinagoga di Pittsburg (Afp)

 

AGI – L’autore dell’attacco armato del 2018 contro una sinagoga di Pittsburgh è stato condannato a morte da una giuria federale. Lo riferiscono i media Usa.
I dodici membri della giuria hanno votato all’unanimità a favore della pena capitale contro Robert Bowers.

L’uomo è stato riconosciuto colpevole di aver compiuto 11 omicidi il 27 ottobre 2018 nella sinagoga Tree of Life di Pittsburgh, con l’aggravante di atto antisemita.  L’attenuante della schizofrenia non è stata presa in considerazione da nessuno dei dodici giurati.

La strage

Era il 27 ottobre del 2018, giorno di sabbath, la vigilia di domenica. Bowers, 46 anni, aveva postato da tempo sui social messaggi suprematisti. Aveva definito i migranti “invasori” e definito gli ebrei “nemici della razza bianca”.

Quel sabato, prima di passare all’azione, scrisse: “Non posso stare seduto e guardare la mia gente massacrata”. E poi un saluto e la frase finale: “Fate attenzione, io entro”. Bowers fece irruzione nella sinagoga Tree of Life, nel momento in cui più affollato, armato di tre pistole e di un Ar-15, il fucile da guerra tristemente famoso per essere stato usato in tutte le maggiori stragi americane.
Sotto i suoi colpi morirono i membri di tre congregazioni: Joyce Fienberg, 75 anni; Richard Gottfried, 65; Rose Mallinger, 97; Daniel Stein, 71; Melvin Wax, 87; Irving Younger, 69; Jerry Rabinowitz, 66; la coppia Bernice Simon, 84, e Sylvan Simon, 86, e i fratelli Cecil Rosenthal, 59 e David Rosenthal 54.

Uscito dalla sinagoga, Bowers si era scontrato con la polizia. Rientrato nell’edificio, barricato al terzo piano, alla fine si era arreso. La storia della strage aveva già fatto il giro del mondo. Le storie delle vittime erano uscite nel giro di qualche ora.

I due Rosenthal erano quasi sempre in sinagoga, pronti a salutare tutti quelli che arrivavano per le funzioni di sabbath. Fienberg andava a pregare li’ dopo la morte del marito, mentre Wax aveva trovato una sua occupazione come tuttofare, da guidare le funzioni a sostituire le lampadine. Le vittime furono tre donne e otto uomini.

Tra loro, un impiegato, un insegnante, e un dentista che curava le persone senza chiedere loro se avessero la copertura sanitaria. Lo faceva gratis. Uno, Stein, era diventato da poco nonno. Tutte vite spazzate via in modo sanguinoso, abbattute dalla furia di un uomo che considerava gli ebrei “figli di satana”.

A suo nome, il killer aveva intestate ventuno armi, ma nel suo “curriculum” c’era solo una multa, presa tre anni prima. Abitava a venticinque minuti di auto dalla sinagoga, dove era stato visto più volte osservare il via vai di persone, mentre si fumava una sigaretta a un lato del marciapiede di fronte. Una persona che viveva li’ raccontò agli agenti di non aver mai visto Bowers scambiare parola con qualcuno. Se ne restava in silenzio a osservare.

Uno dei temi centrali del processo è stata la schizofrenia dell’imputato, una patologia accertata da uno psichiatra forense che aveva parlato con Bowers in una serie di incontri, per un totale di quaranta ore. Il killer gli aveva parlato di una guerra apocalittica che Satana voleva portare avanti attraverso il popolo ebraico.

Alla lettura del verdetto familiari delle vittime e membri delle congregazioni si sono abbracciati. Una anziana coppia si e scambiata un bacio, ma non tutti sono convinti che la pena di morte chiuda il cerchio.

Abraham Bonowitz, direttore di Death Penalty Action, noprofit che si oppone alla pena capitale, sostiene che la condanna a morte di Bowers finirà per farne un modello per altri assassini. “Invece di consegnarlo all’oscurità – ha commentato al New York Times – questo terrorista razzista e antisemita guadagnerà notorietà come martire per altri a cui è piaciuto ciò che ha fatto”.

L’appello alla sentenza è quasi certo e allungherà i tempi del processo, forse per anni. “Questo – aggiunge Bonowitz – finirà per riaprire la ferita e farlo più volte”.

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