Voto in Spagna: ecco perché l’Ue ha il fiato sospeso

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Domenica sera sapremo se la Spagna, attuale presidente di turno dell’Ue, seguirà il vento di destra che sta soffiando in Europa, nonostante i buoni risultati economici portati a casa dal premier uscente, il socialista Pedro Sanchez

AGI – Domenica sera sapremo se la Spagna, attuale presidente di turno dell’Ue, seguirà il vento di destra che sta soffiando in Europa, nonostante i buoni risultati economici portati a casa dal premier uscente, il socialista Pedro Sanchez, che risulta indietro nei sondaggi.  Oppure se il testa a testa finirà con il condannare il paese alla paralisi, con un governo provvisorio, in vista di un non scontato ritorno alle urne.

Sono i due scenari che si profilano, secondo autorevoli osservatori politici, alla vigilia di quello che è stato già ribattezzato come “il voto di gran lunga più importante che si sia tenuto nella memoria recente”.

Per la prima volta dalla fine della dittatura franchista, infatti, le urne potrebbero portare al governo i ministri sovranisti del partito di estrema destra Vox in coalizione con i popolari.

Le urne potrebbero portare al governo i ministri sovranisti

“Un’eventualità – avverte la testata giornalistica Politico – che aprirebbe la strada a un più ampio cambiamento di rotta in Europa” a un anno dalle elezioni europee, e “alimenta le forze di destra che vorrebbero l’Ue più dura”, specie sulla gestione dell’immigrazione e sulla necessità di rivedere le politiche per contrastare il cambiamento climatico (fenomeno che le destre europee, in generale, mettono in dubbio).

Ma c’è un altro ‘fattore X’ da tenere in considerazione proprio perché potrebbe sparigliare a sorpresa le carte: per la prima volta la Spagna va a votare in piena estate, in una giornata da bollino rosso e quando oltre un quarto dei 37 milioni di elettori sono già in vacanza.

L’incognita clima

Stando a dati raccolti da Politico, in molte circoscrizioni non sono ancora state reperite persone per presidiare i seggi. Anche chi è già stato ufficialmente ‘arruolato’, per via delle temperature proibitive, potrebbe non presentarsi.

Insomma, si profila il caos ai seggi. Il caldo anomalo e le vacanze hanno peraltro fatto impennare le richieste di voto per corrispondenza alla cifra record di 2,6 milioni e già 2,3 milioni di spagnoli, secondo dati diffusi ieri dalle poste spagnole, hanno inviato senza intoppi la loro scheda.

Ma basterà questo a garantire una partecipazione significativa in un’elezione che, secondo tutti sondaggi, non darà a nessuno dei grandi contendenti in campo (il Psoe di Pedro Sanchez e il partito Popolare di Alberto Nùnez Feijòo) la confortevole maggioranza di 176 seggi su 350 per formare un governo in autonomia?

Sondaggi da prendere con le pinze

Anche Steven Forti, professore di storia contemporanea all’Università autonoma di Barcellona e autore di numerose pubblicazioni (suo il libro sulle nuove destre europee, “Extrema Derecha 2.0”) ritiene che il risultato di domenica sera sia tutt’altro che scontato.

I sondaggi hanno sempre fotografato il centro destra di Feijòo in vantaggio di 4-5 punti percentuali in media sul Psoe di Sanchez, che ultimamente era in lieve rimonta. Ma in queste condizioni, scrive Forti su affaristituzionali.it, i sondaggi “sono da prendere con le pinze”.

“L’elettorato del Partito Popolare (Pp) e quello di Vox, sono più mobilitati”, quindi “molto dipenderà dall’elettorato di sinistra: andrà a votare o preferirà la spiaggia?”.

L’astensionismo potrebbe essere il vero arbitro

Secondo Forti, in buona sostanza, il peso dell‘astensionismo potrebbe essere il vero arbitro di queste ‘roventi’ elezioni. Inoltre, ha puntualizzato, se le urne non consegneranno certezze, i due principali partiti saranno costretti a scendere a patti: nel caso del Psoe, con il Sumar, la piattaforma di sinistra radicale erede di Podemos; nel caso del Pp, con il partito di estrema destra Vox.

In Spagna, infatti, si vota con un sistema elettorale proporzionale ‘corretto’, che produce effetti maggioritari anche per via delle circoscrizioni, piccole e numerose.

Un sistema che disincentiva i partiti nazionali minori e quindi, a detta di Forti, si profila uno ‘scontrò tra giganti – il centrodestra e i socialisti – con Sumar e Vox, entrambi intorno al 13%, pronti a scendere in campo se ci sarà bisogno di loro per formare una maggioranza.

“In un paese così polarizzato ‘tertium non datur'”, afferma Forti, prevedendo come ultimo scenario il ritorno al voto, “se le destre non raggiungono quota 176 e le sinistre non riescono a mantenere i seggi conquistati nel 2019”.

Ue col fiato sospeso

Certo è che l’Ue seguirà col fiato sospeso la notte elettorale di domenica. Alla delusione per una presidenza di turno ‘distratta’ dalla campagna elettorale, si è infatti aggiunto il timore per il possibile ingresso dei sovranisti al governo.

“E questo, come spiega a Euronews il sociologo Manuel de la Fuente, potrebbe in qualche modo generare alcune instabilità sugli attuali equilibri a Bruxelles”.

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