Bruno Romano: il padre di una delle più controverse proposte di legge

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La biografia di Bruno Romano, deputato del PSDI, e la sua proposta di legge sull’omosessualità che ha scosso l’Italia negli anni ’60

Bruno Romano non è un nome sconosciuto nella storia dell’omosessualità in Italia. La sua controversa figura politica e la proposta di legge da lui presentata hanno avuto un impatto significativo sul dibattito sociale riguardante l’orientamento sessuale nel paese.

Nato a Napoli il 4 aprile 1920, Bruno Romano si laureò in medicina e chirurgia, diventando un medico chirurgo. La sua carriera politica iniziò quando fu eletto alla III Legislatura della Repubblica italiana come membro del Partito Monarchico Popolare, per poi passare al Partito Democratico Italiano e infine al Partito Socialista Democratico Italiano.

Tuttavia, la sua azione politica più nota è legata a una proposta di legge depositata il 29 aprile 1961 durante la III Legislatura, mentre era deputato del PSDI. Tale proposta mirava a rendere l’omosessualità illegale in Italia, prevedendo condanne fino a dieci anni per chi avesse avuto rapporti omosessuali e persino fino a venti anni se ci fossero state aggravanti. Questa iniziativa ha sollevato un acceso dibattito nella società italiana e ha messo in evidenza un atteggiamento comune dell’epoca noto come “tolleranza repressiva.”

In quel periodo, il Codice Rocco, che ancora oggi rappresenta il codice penale in vigore, non subì modifiche significative riguardo all’omosessualità. Nonostante ciò, almeno tre tentativi di approvare leggi repressive o protettive nei confronti dell’omosessualità furono bloccati, principalmente a causa della contrarietà della Democrazia Cristiana, partito maggioritario e sostenitore della “tolleranza repressiva.” In tal senso va ricordato che già nel 1960 l’On. Clemente Manco, del Movimento Sociale Italiano (MSI) aveva presentato la proposta di legge n. 2990: “Chiunque ha rapporti sessuali con persona dello stesso sesso è punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni… Se dal fatto deriva pubblico scandalo, la pena è aumentata…”, ma essa non aveva avuto seguito.

La proposta di legge di Bruno Romano incontrò una forte opposizione e non fu mai approvata. Paradossalmente, l’atteggiamento “tollerante repressivo” della DC, che considerava l’omosessualità un tema troppo scandaloso per essere trattato in legge, ne impedì l’approvazione.

Per comprendere meglio il clima sociale di quegli anni, occorre considerare che in questo periodo si ebbe lo Scandalo dei balletti verdi (1960) e il Caso Braibanti (1964), in cui i genitori dell’amante dell’uomo lo accusarono di manipolare mentalmente il proprio figlio con l’intenzione di trasformarlo in omosessuale. Nel 1968 Aldo Braibanti venne condannato a 9 anni di detenzione, che furono successivamente ridotti a 6 e portati a 4. A differenza dello scandalo precedente, il caso fu manipolato dai conservatori per palesare la perversione della sinistra, i quali valori sostenevano essere atti a corrompere i giovani e l’istituzione della famiglia tradizionale, siccome Braibanti era comunista oltre ad essere stato partigiano.

Tornando a Romano, la sua figura divenne ancora più controversa a causa di articoli scritti da lui stesso, come “Perché mi batto contro gli omosessuali” pubblicato nel giornale “ABC” il 25 giugno 1961, in cui esprimeva apertamente le sue posizioni anti-omosessuali.

Nonostante i suoi sforzi, le leggi criminalizzanti nei confronti dell’omosessualità non furono mai approvate in Italia. Tuttavia, l’iniziativa di Romano e la discussione suscitata intorno ad essa hanno segnato un momento importante nella storia dell’omosessualità nel paese.

Bruno Romano morì il 16 aprile 1975, ma il suo ruolo nelle battaglie politiche riguardanti l’orientamento sessuale è ancora ricordato e discusso, rimanendo un capitolo controverso nella storia italiana dell’omosessualità.

Riferimenti: La Camera dei Deputati

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