In Kenya le proteste mandano in fumo 21 milioni di dollari al giorno

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Incendi, saccheggi: nel Paese scoppia una guerriglia urbana con manifestazioni organizzate dal partito di Odinga, sconfitto alle presidenziali

AGI – Quella appena iniziata per il Kenya potrebbe trasformarsi in un’altra settimana di passione per le numerose manifestazioni annunciate dal grande oppositore del presidente keniano, William Ruto, e cioè Raila Odinga, sconfitto alle ultime presidenziali. Spesso le proteste organizzate dal partito di Odinga, Azimo la Umoja-One Kenya Coalition, si sono trasformate in vera e propria guerriglia urbana, con incendi e saccheggi a cui hanno risposto le forze dell’ordine con una violenza, a volte, fuori controllo. Sul terreno infatti sono rimasti numerosi feriti, ma anche 13 morti.

Il costo dei disordini

Il caos generato dalle manifestazioni non giova, anche perché ogni giorno di proteste costa al paese circa 21,2 milioni di dollari, troppi per un Kenya soffocato dall’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, che sono anche il motivo delle proteste. In una decisa presa di posizione contro le annunciate proteste antigovernative in tutto il Kenya, il presidente Ruto ha promesso di sedare qualsiasi disordine e di mantenere l’ordine pubblico a livello nazionale. Come osservano i media locali, il severo avvertimento di Ruto è stato rivolto al leader dell’opposizione Odinga. “Queste manifestazioni non avranno luogo, il Kenya è per tutti noi, non è per le manifestazioni”, ha detto Ruto.

Il partito Azimio la Umoja-One Kenya Coalition, guidato da Odinga, venerdì scorso ha annunciato una serie di manifestazioni di tre giorni che inizieranno mercoledì. Odinga ha dichiarato che la decisione di estendere le proteste a giovedì e venerdì è stata presa in risposta a una diffusa richiesta pubblica, in quanto i cittadini inveiscono contro l’impennata del costo della vita e le nuove tasse sui prodotti petroliferi. “In futuro, le proteste pacifiche si terranno mercoledì, giovedì e venerdì, in linea con le richieste della popolazione”, ha dichiarato.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto alla polizia keniana di proteggere i manifestanti e ha esortato gli agenti anti-sommossa ad applicare la legge in modo equo e a garantire la sicurezza di tutti i cittadini. Jeremy Laurence, portavoce dell’Ufficio dell’Onu, ha espresso preoccupazione per i precedenti episodi di violenza durante le proteste, sostenendo che “alla luce delle richieste di ulteriori proteste, chiediamo alle autorità di assicurare il diritto di riunione pacifica, come garantito dalla Costituzione del Kenya e dalla legge internazionale sui diritti umani”.

Le proteste – iniziate il 20 marzo – generano una perdita consistente per l’economia del paese. La Kenya Private Sector Alliance (Kepsa) le ha stimate in circa 21,2 milioni di dollari per ogni giorno di proteste. Attraverso una nota ha spiegato che ogni “volta che i motori economici del paese vengono spenti per paura di furti e distruzioni da parte di individui che approfittano delle manifestazioni, si generano perdite inutili, causate, appunto, da atti di saccheggio, distruzione e danneggiamento delle proprietà che spesso accompagnano le manifestazioni antigovernative in diverse parti del Paese”.

L’economia in difficoltà

Kepsa, inoltre, sostiene che il Kenya non puo’ permettersi tali azioni, soprattutto perchè l’economia è in difficoltà in parte a causa degli effetti della prolungata siccità e del rallentamento del Pil nello scorso anno, a cui si sono aggiunte le incertezze politiche generate dalle elezioni presidenziali. Odinga, infatti, ancora oggi non accetta il risultato elettorale e molti analisti ritengono che stia cavalcando il malcontento della popolazione a fini personali. E tutti i tentativi di mediazione tra maggioranza e opposizione, fino a ora, sono falliti.

I nodi da sciogliere

Le questioni sul tavolo delle trattative, partite e subito interrotte, non sono di poco conto. E cioè il potere di d’acquisto al “minimo” per l’alta inflazione, e il “ripristino” di una serie di aiuti e sovvenzioni che erano in essere prima che Ruto arrivasse al potere. In particolare sulla benzina, il cui prezzo è schizzato verso l’alto con conseguenze e ripercussioni sui prezzi dei beni di prima necessità.

E poi la questione del debito pubblico del Kenya. Questione di non poco conto visto il rischio che il paese non lo onori. L’onere del debito del Kenya, aggravato dall’indebolimento della valuta locale e dalle turbolenze dei mercati internazionali, ha indotto molti economisti ha ipotizzare che il Kenya potrebbe presto andare in default. Il pagamento annuale degli interessi ha superato i 5 miliardi di dollari. Questi i temi più urgenti che dovrebbero avere a cuore sia i rappresentanti sia della maggioranza sia dell’opposizione.

Le elezioni presidenziali

Invece, il nodo più controverso, rimane quello dell’esito delle elezioni presidenziali. Odinga continua a sostenere che la vittoria gli è stata rubata e, dunque, vorrebbe rimettere in discussione l’esito elettorale. Su questo punto, tuttavia, il presidente eletto, Ruto, è inamovibile e la Corte Suprema ha già deciso nel merito l’agosto dell’anno scorso assegnandogli la vittoria e convalidando i risultati. Odinga, invece, dovrebbe spiegare quali sono le sue proposte per abbattere l’inflazione che sta mettendo in ginocchio il paese. Il presidente, dal canto suo, dovrebbe indicare quali riforme economiche intende implementare per dare respiro a una popolazione “affamata”.

In definitiva, entrambe le parti dovrebbero mettere da parte i loro interessi personali e far prevalere le soluzioni necessarie per risollevare dalla condizione di precarietà milioni di keniani e quindi mettere mano a tutta una serie di riforme, non solo economiche, ma anche sociali di cui il paese ha bisogno per proseguire il suo cammino verso una democrazia compiuta. Invece sembra che entrambi i contendenti, Odinga e Ruto, badino di più ai propri interessi farciti di slogan che infiammano solo le piazze ma non affrontano i problemi.

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