Assemblea Confagricoltura, Giansanti: “Una moderna impresa agricola per lo sviluppo del Paese”

Agroalimentare & EnogastronomiaSenza categoria

Di

ROMA– Ecco i passaggi salienti della prima giornata dell’assemblea generale della Confagricoltura a Roma-
Massimiliano Giansanti, presidente nazionale Confagricoltura:
L’aumento dei tassi da parte della Banca centrale europea genera forti
preoccupazioni per la stabilità dell’Europa e per la capacità competitiva degli
Stati membri. Il rischio è che le misure adottate per contrastare la spinta
inflazionistica possano innescare asimmetrie negative e durature sulla
crescita.
Veniamo da un periodo pluriennale durante il quale gli imprenditori hanno fatto ricorso
al credito per finanziare gli investimenti finalizzati a una maggiore competitività
aziendale. Dalle innovazioni digitali, ai cambiamenti delle fonti energetiche in aggiunta
al costante aggiornamento dei processi produttivi.
Sulla spinta della politica monetaria in atto negli scorsi anni, quando il timore era
quello della deflazione, è stato fatto un ampio ricorso ai tassi variabili. Oggi, il loro
sostenuto aumento sta generando forte apprensione per la tenuta del conto
economico e, di conseguenza, per la solvibilità delle imprese.
In questa situazione, il crollo della marginalità spinge le aziende ai margini
del mercato
. Per reagire, sono obbligate a trasferire i maggiori costi sul prezzo del
prodotto finito, con il risultato di accrescere la spinta inflattiva.
I prezzi all’origine scontano un forte calo, mentre sui mercati a termine prevalgono gli
orientamenti dei “trader”. Oscillazioni di così ampia portata non sono sostenibili per le
imprese. Rendono impossibile una corretta visione sulle prospettive dell’annata
agraria.
Il settore agroalimentare ha bisogno di una strategia a lungo termine. Non
possiamo più farne a meno, perché – come ho cercato di indicare – il contesto
economico diventerà più sfidante.
Abbiamo un governo forte di un’ampia maggioranza politica e le risorse
finanziarie per recuperare il tempo perso.
Rispondendo a una nostra richiesta, il governo ha deciso di costituire un
Tavolo Agroindustriale. Da parte nostra, abbiamo già presentato un
documento di proposte.
Rafforzamento della logistica e delle infrastrutture per facilitare
l’esportazione dei nostri prodotti. Nel trascorso decennio, sono quasi
raddoppiate. E’ nelle nostre possibilità salire da 60 a 100 miliardi di euro
l’anno.
Con la crescita delle esportazioni possiamo far salire anche il tasso di
autoapprovvigionamento fermo al 75%, producendo così nuova ricchezza e buoni posti
di lavoro.
Un altro punto per noi sensibile è quello del rafforzamento delle filiere.
Scontiamo la mancanza di un confronto strutturato con le altre parti del
sistema agroalimentare.
Alla grande distribuzione italiana, in particolare, chiediamo di studiare
un’iniziativa per contrastare la caduta dei consumi dei prodotti destinati
all’alimentazione.
Manca meno di un anno al voto per il rinnovo del Parlamento europeo a cui, nel mese
di ottobre, farà seguito la nomina della nuova Commissione.
Con il COPA, siamo impegnati al massimo per la tutela delle nostre imprese
di fronte alle proposte avanzate dalla Commissione nel quadro del “Green
Deal”. Grazie alle decisioni assunte dal nostro governo in seno al Consiglio
della UE e alle iniziative degli amici europarlamentari sono stati già ottenuti
sensibili miglioramenti rispetto ai progetti della Commissione.
Dalla riduzione
dei fitofarmaci, al recupero della natura, fino all’ulteriore estensione agli allevamenti
della direttiva sulle emissioni industriali.
Sono troppe le proposte e gli orientamenti della Commissione che vanno nella
direzione sbagliata. Penso al “Nutriscore” contro il quale, da soli, abbiamo intrapreso e
vinto una battaglia di fronte all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Penso all’etichetta irlandese sugli alcolici ingiustamente penalizzante per il consumo
moderato e consapevole dei vini. Con gli amici di Confindustria, abbiamo presentato
un esposto alla Commissione per ottenere un cambio di rotta.
Penso alle proposte sugli imballaggi che penalizzano l’Italia che, sulla pratica del
riciclo, ha conquistato posizioni all’avanguardia in Europa.
Una buona notizia è però arrivata nei giorni scorsi da Bruxelles, con la
presentazione della proposta di regolamento sulle tecniche di evoluzione
assistita. Forse, è finita l’epoca dell’ostracismo nei confronti della ricerca
scientifica e delle innovazioni.
Vogliamo essere messi nella condizione di produrre di più, con una minore pressione
sulle risorse naturali e una crescente partecipazione del nostro settore alla
“decarbonizzazione” dell’economia.
Su queste basi, a nostro avviso, dovrà essere rivista la PAC dopo il 2027. Quella in
vigore dall’inizio di quest’anno è chiaramente inadeguata.
Con un bilancio adeguato, la PAC deve tornare ad essere uno strumento di politica
economica per continuare a garantire ai consumatori produzioni adeguate in termini di
qualità e quantità. E a costi accessibili, insieme a un giusto reddito per gli agricoltori.
Agli aspetti produttivi, va poi aggiunto il presidio e la cura del territorio che
l’agricoltura assicura alla collettività. Senza il nostro lavoro, il dissesto idrogeologico
sarebbe più grave. La vitalità socio-economica delle aree extraurbane dipende dai
risultati delle nostre imprese.
Le attuali risorse finanziarie assegnate alla PAC sono insufficienti. Meno
dello 0,5% del PIL europeo.
L’ITALIA, AGRICOLTURA PUNTO DI FORZA 
 Marco Fortis,  economista e vicepresidente della Fondazione Edison
L’agroalimentare è il primo settore dell’economia reale italiana. Infatti, tra i settori
dell’economia produttori di beni, l’agroalimentare (inteso come aggregato di settore
primario e industria degli alimentari, bevande e tabacco) è il più importante in Italia
per numero di occupati (1 milione e 380mila nel 2022), valore della produzione (201
miliardi di euro nel 2020) e valore aggiunto (64 miliardi di euro nel 2022). In tutti i tre i
casi, l’agroalimentare precede la metallurgia e i prodotti in metallo, che si collocano al
secondo posto, e le macchine e gli apparecchi meccanici, al terzo posto. Inoltre, il
settore agroalimentare italiano è anche il primo per investimenti fissi lordi nel
complesso e per investimenti in impianti e macchinari.
L’export del settore agroalimentare ha superato la soglia dei 60 miliardi (60,7 miliardi
di euro nel 2022) e sta mantenendo un buon trend di crescita nell’anno in corso.
Inoltre, l’Italia è il primo Paese dell’Unione Europea per la produzione di ortofrutta,
vino e olio (28,4 miliardi di euro nel 2022) ed è il secondo Paese al mondo per miglior
bilancia commerciale al mondo nei formaggi (circa 2 miliardi di dollari nel 2022), dopo
i Paesi Bassi.
L’Italia è il paese dell’Eurozona con il maggior numero di occupati in agricoltura
(839mila nel 2020) ed anche nel settore primario nel suo complesso (913mila nel
2021). In termini di valore aggiunto, l’agricoltura italiana ha generato 37,2 miliardi di
euro, un valore secondo solo alla Francia, con cui si è però contesa la leadership
dell’Unione Europea durante l’ultimo decennio.
Dal rapporto “
Italy’s strengths in agriculture: a leading producer of vegetable products
in Europe and the world
” (edizione 2023) – elaborato da Fondazione Edison e
Confagricoltura – emergono chiaramente i primati del nostro Paese nelle produzioni
vegetali “Made in Italy” legate alla dieta mediterranea ed italiana. Si tratta di verdure,
ortaggi, frutta e cereali, che rivestono un ruolo di grande rilievo non solo nel settore
agricolo nazionale ma anche europeo e talvolta perfino mondiale, come nel caso dei
carciofi o dei finocchi.
Dall’analisi realizzata sui principali prodotti agricoli vegetali emerge che l’Italia si pone
in ben 42 casi tra i 3 principali produttori dell’Unione Europea, nel quadro di una
accesa competizione soprattutto con Spagna e Francia (dati Eurostat riferiti all’anno
2022). Nel dettaglio: l’Italia è il primo produttore UE in 18 produzioni agricole vegetali,
il secondo in 19 e il terzo in altre 5. L’Italia è il primo produttore UE, ad esempio, di
pomodori, finocchi, carciofi, melanzane, cime di rapa, indivie, ma anche mele e pere
fresche, pesche, nettarine, albicocche, uve da tavola e da vino, meloni, kiwi, nocciole e

bergamotto. Il nostro Paese è inoltre il primo produttore UE di grano duro e riso.

CREDITO E FINANZA PER L’AGRICOLTURA
Remo TARICANI Deputy Head of Italy UniCredit
Maria Chiara ZAGANELLI Direttore Ismea
Salvatore CARFI’ Agea
Stefano TRENTINO Cassiopea Partners
Vittorio VIORA Consigliere Reale Mutua
Il contesto economico – finanziario attuale è stato fortemente condizionato
dall’emergenza sanitaria, originata dal diffondersi del Coronavirus e dagli effetti
prolungati della stessa pandemia, che ha assestato un colpo durissimo
all’economia di tutti i settori produttivi.
In questo scenario si è inserita l’invasione russa dell’Ucraina, innescando la crisi
energetica globale e riportando in Europa il vecchio fenomeno dell’inflazione.
Su questo sfondo si sono sommate le conseguenze dei cambiamenti climatici e
della persistenza di fenomeni metereologici estremi, la siccità e le alluvioni, che
costituiscono i fattori determinanti per l’innalzamento dei prezzi alimentari in
generale.
Tali eventi, seppure non abbiano determinato per l’attività primaria un arresto
totale delle sue funzioni, hanno tuttavia fatto sì che la stessa sperimentasse
difficoltà e crisi, che in molti casi hanno condotto ad un rallentamento del lavoro
e conseguentemente della crescita economica.
A tutti i livelli di Governo (europeo, nazionale, regionale) sono state messe in
campo misure volte a sostenere la filiera agricola e/o agroalimentare e a
supportare il suo importante ruolo sociale mediante interventi a garanzia della
“liquidità” delle imprese. Tra le misure adottate in sede europea, a sostegno
dell’economia UE e dei diversi Stati membri, c’è stata la scelta di accogliere una
maggiore flessibilità in materia di “Aiuti di Stato”, annunciata più volte dalla
Commissione UE con il
“Temporary Framework”
, al fine di autorizzare il
sostegno pubblico a tutte le Piccole e Medie imprese.
Nel settore agricolo e/o agroalimentare ciò si è tradotto in un ampliamento delle
risorse finanziarie per favorire, anche in un contesto di crisi, e da ultimo in uno
stato di emergenza climatica, l’accesso al credito e la sostenibilità del comparto
primario.
Il ricorso alla “
mano pubblica
” in un momento così complesso si è rivelato,
pertanto, indispensabile per ridurre i tempi ed i costi tradizionali della
burocrazia e fornire un ristoro immediato e diretto alle imprese in difficoltà.
Particolarmente apprezzati, quindi, anche i prestiti cambiari, introdotti
dall’ISMEA, per la semplicità della procedura e le tempistiche che hanno
consentito di poter erogare gli aiuti in tempi veloci. Un antico strumento,
istituito in tempi storici ormai lontani viene, dunque, riadattato alle nuove
esigenze. Ciò dimostra l’opportunità di non abbandonare senza cautela i modelli
tradizionali, per esperienza adatti a conformarsi ad una realtà sempre mutevole
e nel caso di quella contemporanea addirittura emergenziale.
Il credito agrario ad oggi mantiene una dimensione complessa e mentre nel
tempo la sua specificità si coglieva in quanto agrario, perché destinato a singole
operazioni
finanziabili, oggi si coglie attraverso l’esigenza che esso ci sia
ancora, perché la specializzazione del finanziamento in agricoltura è insita nelle
caratteristiche del contesto in cui si inserisce.
Se in passato l’intervento pubblico era mosso dall’intento di riequilibrare le
distorsioni del sistema, oggi è diventato una presenza strutturale nell’ambito
del credito agrario, essenziale sia per garantire gli investimenti nel settore in
situazioni di normalità sia in presenza di crisi e situazioni patologiche, come è
accaduto a causa della emergenza sanitaria ed energetica. Il privato, dal canto
suo, concorre con il pubblico in forme nuove che, tuttavia, si collocano sempre
nel solco della tradizione, tendendo a rinnovarsi.
L’escalation
dei tassi nel nostro Paese, il peso di un’inflazione che galoppa, il
debito bancario accumulato a causa della crisi del 2020, le conseguenze degli
eventi climatici avversi, hanno accentuato la crisi dei mercati dei prodotti
alimentari.
È indubbio che tale condizione ha appesantito notevolmente la
situazione finanziaria del settore primario, rischiando di compromettere, tra
l’altro, la capacità di investimento.
In questo
scenario, importantissimo è il ruolo
delle Istituzioni e del mondo finanziario per l’individuazione di strumenti e
soluzioni che tengano viva la fiducia post-pandemica.
Sono necessarie misure di sostegno che possano rendere
più gestibile l’attuale
condizione economico – finanziaria delle imprese agricole e/o agroalimentari,
dirette a mitigare le conseguenze dell’aumento dei tassi di interesse e ad
attenuare le tensioni finanziarie delle imprese stesse: sia che esse si trovino in
stato di normale funzionamento, sia che si trovino in una situazione di “stress”
aziendale. Si richiamano al riguardo gli strumenti di garanzia pubblica e di
finanza agevolata, da rafforzare; ma
è altrettanto importante l’intervento di
strumenti per la previsione della liquidità aziendale futura, al fine di evitare il
sovraindebitamento delle imprese, conseguenza del rallentamento della
crescita economica che riflette la perdita di potere d’acquisto dei redditi.
L’economia mondiale continua ad attraversare una fase di profonda incertezza
legata all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, all’evoluzione delle
tensioni geopolitiche e all’impatto dell’orientamento restrittivo delle politiche
monetarie. Occorre che le imprese diano continuità agli investimenti, puntando
soprattutto sulla innovazione; un aiuto in questa direzione dovrà arrivare dalla
piena attuazione del PNRR, che rappresenta per il nostro Paese l’occasione per
ridare slancio alla crescita dell’economia e aggredire le debolezze che ancora la
ostacolano.
In considerazione del contesto e delle criticità finora descritte, è necessario consentire
alle imprese la sostenibilità del debito in essere ed evitare che possa essere
compromessa, tra l’altro, la capacità di investimento. A tale scopo, si potrebbe
rendere più gestibile il peso del debito bancario per le imprese agricole, favorendo la
ridefinizione del periodo di rimborso su scadenze più lunghe. L’aumento dei tassi a cui
stiamo assistendo è talmente intenso ed accelerato che le imprese potrebbero trovare
difficoltà nel sostenerlo. Soprattutto in tempo di crisi.
LA RICERCA, L’INNOVAZIONE, L’AZIONE
Margherita MASTROMAURO Presidente Pastai Union Food
Luigi MAZZONI Vicepresidente Fruitimprese
Paolo ZANETTI Presidente Assolatte
Paola GURRIERI La Mediterranea
Valentino MERCATI Fondatore Aboca
Anna Maria BERNINI Ministro dell’Università e della Ricerca
La crescita esponenziale della popolazione mondiale e la conseguente riduzione
della quantità di suolo disponibile (circa 2 mila metri quadri di suolo agricolo,
ma negli anni ’70 era più del doppio), dovuta anche ai processi di
urbanizzazione, ci pongono davanti nuove sfide. Come evidenziato
recentemente dall’OECD,nel prossimo decenniodovremo aumentare la
produzione agricola media globale del 28% più del triplo dell’aumento registrato
nell’ultimo decennio.
La necessità di produrre cibo sufficiente per tutti senza
incidere negativamente sull’ecosistema e sulla biodiversità sono e saranno
sempre di più il nuovo paradigma del settore agroalimentare.
Nel contempo, stiamo attraversando un periodo particolarmente difficile a causa
delle conseguenze della pandemia, del conflitto russo-ucraino ed anche in
considerazione dei severi, e sempre meno “eccezionali”, danni da avversità
varie comprese quelle connesse al cambiamento climatico. Lo scorso anno si
discuteva della grave perdurante e diffusa siccità ma il 2023 presenta già un
quadro molto preoccupante a partire dagli effetti delle gelate e della disastrosa
alluvione che ha colpito la Romagna e alcuni territori delimitati. Alcuni comparti
produttivi ne hanno risentito e ne risentiranno moltissimo.
È necessario un piano d’azione per far fronte a queste sfide e a queste
emergenze
e non ci sono alternative all’incremento della produzione e della
produttività in agricoltura se non ricorrere alla ricerca ed alla innovazione visto
che è impossibile aumentare le produzioni in materia sostenibile aumentando le
superfici coltivate o i capi allevati.
Il ruolo dell’innovazione è, quindi, fondamentale per perseguire gli obiettivi di
sicurezza alimentare e per intraprendere i percorsi delle transizioni
digitale, ecologica ed energetica secondo un nuovo paradigma che combina
la tecnologia del digitale, della robotica, dell’intelligenza artificiale con lo
sviluppo delle colture idroponiche, delle biotecnologie e un sempre maggior
utilizzo delle energie rinnovabili e delle pratiche di economia circolare.
Particolare attenzione alle
Nuove Tecniche Genomiche
(NGT): a livello nazionale abbiamo autorizzato le sperimentazioni in campo e il 5 luglio la
Commissione europea ha pubblicato la proposta che mira a chiarire la
differenza tra le nuove tecniche genomiche (NGT) e gli organismi
geneticamente modificati (OGM). Dissipando, finalmente, quelle ambiguità che
hanno costretto al palo l’intero settore della ricerca europea.
Noi ne abbiamo già dimostrazione. Secondo i risultati della terza edizione di
Agricoltura 100, indagine promossa da Confagricoltura e Reale mutua nelle
aziende agricole del paese presentata recentemente, emerge
, il link diretto tra innovazione, sostenibilità e competitività le imprese più innovative
sono, infatti, quelle più attente al proprio impatto ambientale e sociale
e sono quelle che, al contempo, crescono più della media e ottengono
migliori risultati in termini di produttività e competitività.
L’ obiettivo è chiaro: sviluppare un’agricoltura che utilizza le risorse naturali in
maniera razionale, garantisce la tutela dell’ambiente e della biodiversità e
limita l’impiego di fitofarmaci e fertilizzanti
Dobbiamo accompagnare le imprese in questa delicata ed epocale transizione dei sistemi produttivi
attraverso opportuni strumenti incentivanti, fondi per investimenti strategici e
politiche capaci (anche attraverso la definizione di giuste e congrue
tempistiche) di declinare le misure necessarie senza che queste compromettano
la tenuta del sistema sociale ed occupazionale, rispettando tutte e tre le
dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica e sociale.
I NUMERI DELLA RICERCA NEL SETTORE AGROALIMENTARE
Ricerca privata nel settore dell’industria alimentare
: 148 miliardi di euro di fatturato nel 2020 con 2,7 miliardi di euro annui. investe in innovazioni circa 10,4
miliardi di euro annui. (dati Federalimentare ed il Cluster Agrifood ClAN)
Ricerca privata nel settore dell’agricoltura italiana
: 52 miliardi di euro di fatturato nel 2020 con circa 0,47 miliardi di euro annui. investe in innovazioni circa 2,1
miliardi di euro annui, secondo i dati elaborati (dati Crea e da Eurostat).
Ricerca pubblica agro-alimentare in Italia: ha raggiunto nel 2020 circa 3,1
miliardi di euro annui, (dati Mur/Mipaaf).
Quindi,complessivamente (ricerca pubblica e privata, formale e informale,
incrementale e radicale, food e non food, di processo, di prodotto, di marketing, di
organizzazione):circa 6,27 miliardi di euro annui, a fronte del valore dei consumi
alimentari, e non, derivanti dal settore agroalimentare di poco superiore ai 330
miliardi di euro sempre nel 2020.
L’Italia rimane ancora distante dalle performance di altri Paesi facendo registrare una
intensità delle spese in R&S rispetto al PIL (nel 2018 pari all’1,4%) decisamente più bassa
della media OCSE (2,4%), tanto nel settore pubblico, quanto nel privato
(0,9% contro una media OCSE dell’1,7%).
Il minor numero di ricercatori in Italia rispetto ai principali paesi avanzati (pari solo
a 5,5 ogni mille lavoratori, contro i quasi 9 dell’OCSE) e il numero di brevetti
,normalizzato in base alle dimensioni del PIL, rispecchia tali carenze, attestandosi a
meno della metà rispetto alla media dei paesi OCSE.
L’AGRICOLTURA ITALIANA VERSO IL FUTURO
Natalia BOBBA Presidente Donne & Riso
Ernesto FOLLI AD Società Agricola Palazzetto
Caterina LUPPA Fondatrice BugsLife
Maria Grazia MINISCI Vicepresidente Consorzio Olio Extra Vergine di Qualità
Gianmarco CENTINAIO Vicepresidente Senato,
Mirco CARLONI Presidente Commissione Agricoltura Camera
Adolfo URSO Ministro delle Imprese e del Made in Italy.
L’agricoltura del futuro
avrà le radici ben piantate nella terra portando come
dote l’esperienza evolutiva dell’agricoltura degli ultimi decenni. I rami e le foglie
rivolti verso la scienza verso le innovazioni. Un’agricoltura 5.0 che saprà
cogliere da una parte le opportunità derivanti dalla
digitalizzazione
, ed in
particolare dall’agricoltura di precisione, e dal miglioramento genetico e
dall’altro capace di percorrere le nuove frontiere dell’agro-ecologia, a partire
dall’agricoltura conservativa. Produrre di più, utilizzando meno risorse,
contribuendo ad un sistema alimentare inclusivo, efficiente, sostenibile,
nutriente e sano, a partire dalla produzione in campo fino alla distribuzione ed
al consumatore finale.
Un sistema che si baserà sempre più sulla
dieta mediterranea
che raccoglie
in sé la sintesi perfetta tra alimentazione, salute umana e sostenibilità
ambientale. Per questo motivo, contestiamo il
Nutriscore
, in quanto fortemente
penalizzante in riferimento ai principi appena descritti e ai consumatori stessi.
In questo contesto, la
qualità delle produzioni agricole e agroalimentari
nazionali gode di un riconoscimento a livello mondiale posizionando il
Made in
Italy
tra i protagonisti del mercato internazionale. Guardiamo alle nostre
imprese come parte centrale del tessuto produttivo ed economico del Paese,
salvaguardando al contempo il simbolo della qualità e dell’eccellenza legato al
Made in Italy
. Emerge, quindi, la necessità di impostare una visione comune che
valorizzi l’agricoltura come settore strategico per l’economia all’insegna
dell’innovazione e sostenibilità.
Infatti, l’impresa agricola sarà anche indispensabile per raggiungere gli
obiettivi di decarbonizzazione
posti dall’Unione europea non solo attraverso
lo sviluppo delle energie rinnovabili, ma anche attraverso il carbon farming e la
bioeconomia circolare e sostenibile, contribuendo alla sostituzione dei derivati
fossili in diversi campi: bioplastiche, biocarburanti, biolubrificanti, fertilizzanti,
prodotti fitosanitari, ecc. Non un solo modello di agricoltura, ma un mosaico di
agricolture, di esperienze, di paesaggi, di cibo, di eccellenze.
Dallo sviluppo del
vertical farm e dell’idroponica, agli allevamenti basati su tecnologie di
avanguardia, ad un’agricoltura che sarà chiamata sempre più a preservare il
territorio e ridare vitalità alle aree interne del nostro Paese.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube