Capoferro-Musashi “universi paralleli della spada medievale”

Sport & Motori

Di

di Vincenzo Timeo

INDICE 

INTRODUZIONE………………………………………Pag. 3

LA TECNICA SCHERMISTICA…………………………“   6

La guardia………………………………………………   “   6

L’uso delle gambe…………………………………….… “   7

La misura…………………………………………………   “   8

La velocità………………………………………………    “   9

Il tempo………………………………………………….… “ 10

ALCUNE STRATEGIE E TATTICHE DEL COMBATTI MENTO…    “ 11

 GLOSSARIO………………………………………………….     “ 16

 BIOGRAFIE………………………………………………….     “ 17

 BIBLIOGRAFIA……………………………………………..     “ 18

INTRODUZIONE 

E’ con l’umiltà dell’allievo che mi accingo a tentare di tracciare un percorso parallelo tra due grandi maestri dell’arte della spada.

Considerando che Capoferro ha scritto il Gran Simulacro dell’Arte e dell’Uso della Scherma nei primi anni del 1600 e Musashi Il libro dei cinque anelli intorno al 1640, almeno la vicinanza temporale rende possibile il parallelo tra queste due opere.

Sarà difficile mantenere una forma sintetica nella descrizione di tecniche e strategie, perché in particolare nel caso del maestro Musashi sono numerosi i paragoni con usi e arti del Giappone feudale, mentre più stringato e tecnico è il trattato del maestro Capoferro, le cui uniche reiterate raccomandazioni sono dedicate a coloro che hanno funzioni di controllo sui militari non impegnati in guerre e battaglie. Un profondo senso etico – estetico traspare continuamente da queste opere. Infatti, sebbene la religione venga soltanto sfiorata, “rendendosi conto gli autori che si tratta comunque di trattati dedicati a guerrieri – soldati e che la finalità della spada è di ferire senza essere feriti”, persino durante le descrizioni di carattere tecnico i due autori si lasciano andare a considerazioni di carattere etico – morale sulla necessità da parte di che esercita l’arte della spada di avere una profonda moralità, evitare le futilità, quindi di essere degni prima come uomini che come praticanti la scherma. Un’altra impressionante similitudine fra i due maestri si ha quando, in maniera decisa, essi invitano a non lasciarsi abbagliare dal comportamento di alcuni maestri che pretendono di insegnare la scherma praticando artifici atti a sbalordire gli allievi. Entrambi inoltre affermano, quasi con le stesse parole, che la conoscenza superficiale di una materia spesso è più nociva dell’ignoranza assoluta. Lo testimoniano ancora con l’aver scritto i trattati in età avanzata come a voler lasciare traccia sicura e profonda delle loro scuole.

Musashi come Capoferro spinge l’allievo a confronti continui, anche se i termini di paragone sono diversi. Egli, infatti, invita ad osservare e recepire gli insegnamenti che possono derivare da tecniche diverse o da altre scuole, mentre l’invito di Capoferro è più incentrato sull’esercizio e sulla pratica continua.

E’ opportuno a questo punto fare una considerazione di carattere storico per chiarire meglio la diversità tra le due posizioni. Mentre nel Giappone feudale il confronto tra le scuole era possibile e nasceva anche durante un semplice allenamento, considerato che erano parecchi i samurai al servizio di uno shogun, i maestri in Europa erano in competizione tra loro ed era perciò difficile che in un trattato il maestro facesse similitudini con altre scuole. Ad esempio, è nota la rivalità tra la Scuola Spagnola e quella Francese e molti sono stati i casi di scontri veri e propri tra maestri, basti pensare a quello tra il maestro filosofo – matematico Pacheco de Nervaez ed il suo antagonista Quevedo in Spagna.

I cenni storici da parte di Capoferro nel suo trattato tracciano una linea di provenienza della scherma dal regno Assiro, attraverso Macedonia, Grecia e Impero Romano fino al medioevo, mentre Musashi parla più di confronti con altre scuole del suo stesso paese, anche se il termine samurai, di provenienza cinese, lascia trasparire le commistioni tecniche dell’epoca e le precedenti derivazioni.

Per concludere, ritengo necessario affermare che ciò che mi ha spinto a scegliere questi due grandi maestri per delinearne un parallelo, è stato il fatto che, ambedue puristi delle forme ed essenziali nelle tecniche, descrivono e supportano con disegni (Musashi era anche un grande pittore) l’uso delle due spade: spada e pugnale per Capoferro, Tachi e Wakizashi per Musashi. Ma mentre il trattato di Capoferro, in tutta la sua lunghezza, parla poco o niente dell’uso del pugnale, della cappa o della rotella, nel caso di Musashi, la Nitò o due spade ha ispirato addirittura il nome della sua scuola che si chiamava “Niten” (Due Cieli).

Ritengo che uno dei motivi per cui Capoferro ha trattato l’uso di una sola spada, come sola evoluzione possibile, sia dovuta anche ad una sua considerazione sull’ormai frequente utilizzo di armi da fuoco in battaglie che poco spazio lasciavano ormai a cavalieri e soldati. Ciononostante, disegni e descrizioni trattano esaustivamente l’uso di spada e pugnale, come per Musashi quello delle due spade, proprio per l’efficacia della combinazione.

Cercherò quindi, per quanto possibile, di tracciare alcune similitudini, quelle più evidenti, essendo d’accordo con coloro che affermano che i grandi maestri vanno tradotti e interpretati da grandi maestri, e non da semplici traduttori, che sicuramente snaturano e interpretano da profani alcuni concetti che solo profondi conoscitori sanno leggere, evitando le ripetitività, che, nel caso di Musashi, significano sicuramente altre cose.

L’assurdo più efficace e romantico sarebbe che Capoferro traducesse Musashi per noi, e viceversa, ma purtroppo ciò non è possibile. Così dicendo mi sono reso più facile il compito di chiedere scusa a questi due grandi maestri per questo mio, seppur modesto, gesto di presunzione.

LA TECNICA SCHERMISTICA 

Ho incontrato difficoltà oggettive nell’individuare azioni o movimenti schermistici che si possano definire uguali, sebbene tante azioni finiscano sugli stessi bersagli. Per evitare ardui e poco verosimili paralleli, descriverò le componenti fondamentali della scherma con qualche digressione sulle posizioni di guardia, dalle quali partono i colpi, per sottolineare la differenza tra le posizioni della scherma occidentale ed orientale.

La guardia

Il maestro Musashi specifica subito che le posizioni di guardia non devono essere fisse o rigide secondo il primario concetto nella spada della posizione “non posizione”, cosicché queste possano mutare in base alle esigenze del momento secondo un preciso “ordine di battaglia” che vede tutti i movimenti atti a colpire l’avversario. La prima posizione è centrale, con la punta verso la faccia dell’avversario. E’ seguita, per indicazione del maestro, da una parata sulla stessa linea spingendo la lama a destra e deviando la punta dell’avversario verso il basso.

La seconda posizione prevede la possibilità di colpire l’avversario con un fendente dall’alto verso il basso mentre questi attacca. Evidentemente la punta della spada è rivolta in alto e le possibilità di varianti sono molteplici, secondo il maestro Musashi per concezioni e tempi.

La terza posizione vede la spada reclinata verso il basso in modo da colpire la mano dell’avversario anticipandolo, e, se questi dovesse legare o spingere la spada verso il basso, colpirlo di traverso al braccio.

La quarta posizione permette, tenendo la spada di lato verso sinistra, di colpire dal basso alla mano, e, quando l’avversario cerca di abbassare la nostra spada, seguire il movimento e colpire diagonalmente in direzione delle proprie spalle.

Quest’ultima posizione vede la spada lateralmente sulla parte destra per poi poter rispondere all’attacco dell’avversario, sollevando la spada di traverso per colpire dall’alto verso il basso.

Dal maestro Capoferro vengono invece indicate quattro guardie principali in base alla posizione che assume l’elsa della spada. Esse sono: sopra le spalle, per la prima; alla medesima altezza per la seconda; abbassandola, fuori del ginocchio della propria gamba destra, per la terza; per la quarta indica l’elsa che si accomoda dentro alla coscia. Per ogni guardia è definita la relativa posizione del pugno.

Nel libro vengono descritte e illustrate altre due guardie necessarie per l’uso del pugnale. Capoferro distingue per le guardie diversità tecniche rispetto ad altri maestri, in quanto a posizione delle gambe, dei passi e della linea della spada, par alcuni alta, per altri bassa, e diversità di definizione che queste acquistano in base ai capricci dei maestri! Infine, sebbene indichi la terza e la quarta come contro guardie, dichiara che tutte possono esserlo in base alla diversità della linea della spada.

E’ evidente come, trattando della guardia, io non sia riuscito a descrivere solo le posizioni, ma, nel caso di Musashi, anche le finalità perché è impossibile, secondo le indicazioni del maestro stesso, assumere una qualsiasi posizione non finalizzata a ferire.

L’uso delle gambe

Il maestro Musashi suggerisce di muovere contemporaneamente sia il destro che il sinistro, detto piede yin – yang, alla ricerca del bilanciamento in particolare nelle parate, o indietreggiando, alla evidente ricerca della misura. Non ha nessuna simpatia per incedere diversi, passi saltellanti o fissi.

Anche il maestro Capoferro indica pareri diversi dal suo, senza però indicarli. Egli afferma che sia dalla destra che dalla sinistra dell’avversario è bene muovere sempre il sinistro accompagnato dal destro, muoversi in linea retta ed un piede deve spingere l’altro sia avanzando che indietreggiando – la punta della spalla destra sempre avanti e la punta del piede sinistro rivolta verso le proprie parti sinistre.

La misura 

In quanto a definizione tecnica, la misura viene esaurita dal maestro Capoferro con poche parole e cioè: “stretta o larga”. Larga, quando per toccare l’avversario è necessario scendere in affondo (passo straordinario); stretta quando si può colpirlo distendendo il braccio in passo giusto a piede fermo, “offesa nella quale in detta guardia si cerca la misura stretta per ferire”. Fa alcuni riferimenti alla necessità di colpire l’avversario dalla strettissima misura con il pugnale.

In realtà tutta la scherma di Capoferro è tesa alla ricerca della giusta misura dalla quale colpire l’avversario, ed in quasi tutte le spiegazioni tecniche della scherma di spada sono indicati rispettivamente la posizione da assumere con il ferro e il tempo da utilizzare. Fa un riferimento alla misura per ogni caso: un tempo e mezzo per la più larga, un tempo, e mezzo tempo per le misure che richiedono anche maggiore velocità di esecuzione. Questo rende facile considerare che ora come allora la ricerca della giusta misura sia fondamentale per la vittoria in combattimento.

Nell’epilogo del libro Mizu (L’acqua), Musashi indica tra i principi fondamentali della scherma con la spada lunga, l’essere sciolto nei movimenti e muovere quindi il busto e le gambe con estrema precisione.

Ciò era evidentemente necessario perché la misura dalla quale i samurai facevano partire i colpi di spada era alquanto stretta per poter così legare in parata, con l’una o l’altra spada. Il maestro dà dettagliate istruzioni, ad esempio, sul come restare attaccati all’avversario senza lasciare spazio tra i due corpi (“colpo di lacca e colla”). E’ previsto che si possa cozzare contro l’avversario con il corpo fino a farlo morire per questo, penetrando nello spazio lasciato da lui indifeso. Anche nel ben descritto “colpo della scimmia” con le braccia corte si può leggere una sotto misura, infatti questo colpo prevede di toccare l’avversario avanzando rapidamente senza distendere i gomiti; in alternativa a questi colpi ravvicinati, e se proprio l’altezza dell’avversario dovesse sovrastarci, il maestro Musashi consiglia di allungare il collo, le gambe ed il busto per essere sempre faccia a faccia con lui.

La velocità 

In quanto alla velocità, come definizione, i due maestri sono molto sintetici. Capoferro, a parte qualche riferimento durante la descrizione del tempo e della misura stretta, nella quale asserisce che “il tempo di questa misura richiede prestanza (velocità) nel ferire o nel partirsi (sciogliere le misure)”, non si dilunga ulteriormente. Indica solo alcune cause della “tardezza”…: la mancanza di esercizio o l’eccessivo peso o magrezza della persona. Tratta invece esaurientemente l’argomento velocità, senza peraltro citarla, nel lungo capitolo dedicato al tempo.

Musashi tratta questo punto nel capitolo intitolato “la velocità nelle altre scuole”, ma non la nomina, se non citandola come “fretta”. Dà più importanza strategica la ritmo da seguire, qualsiasi cosa si faccia, facendo riferimenti all’uso del ritmo nella arte come nella guerra. Anche nel caso del maestro Musashi è possibile rendersi conto di quanto invece sia importante la velocità nell’esecuzione dei tempi. Per tale motivo ritengo che, in questo capitolo, il maestro giapponese si riferisca solo alla fretta nella esecuzione dei colpi da parte di altre scuole, fuori del controllo della Hejò (strategia del combattimento), che è primaria invece nella sua scherma.

Il tempo

 Musashi considera negativo valutare un combattimento dalla sua velocità o dalla lentezza, ma strategico lo studio dell’avversario e delle sue tecniche per carpirne così il ritmo, come si evince dal libro Hi (Il fuoco). In un passo di questo libro il maestro dichiara che, anche se non è detto si debba assumere sempre l’iniziativa del combattimento, in linea di massima, così facendo, si pone l’avversario in condizione di svantaggio. Consiglia con ciò uno studio dei tre assalti iniziali: Ken no sen (primo assalto), Tai no sen (assalto di attesa), Taitai no sen (assalto corpo a corpo). Ogni posizione della scherma di Musashi è finalizzata a colpire (basta leggere i riferimenti riguardanti le posizioni di guardia) e quindi alla ricerca del tempo e della misura adeguati. Tuttavia è l’indicazione a scegliere il tempo per prendere l’iniziativa, contenuta in questo capitolo, che me lo ha fatto scegliere come esempio.

Il metodo del primo assalto è quello di anticipare in assoluto l’avversario, sferrare l’attacco con movimenti fulminei delle gambe vibrando il colpo con decisione violenta. Si otterrà così di soffocare l’antagonista con la propria energia e, restando sereni, cioè svuotando la mente da ogni dettaglio, ci si potrà assicurare la vittoria.

Per quanto riguarda l’assalto di attesa, vi sono due metodi. Uno è quello di non mostrare interesse all’attacco dell’altro e, fingendosi in difficoltà, ritrarsi sfuggendolo, ma quando questi sicuro si scoprirà, colpirlo con decisione. L’altro modo è quello di contrastare l’attacco dell’avversario con un contrattacco di maggiore impeto, imponendo il proprio ritmo e quindi il tempo. Così facendo si può rendere incerto il suo attacco conseguendo facilmente la vittoria.

Nell’assalto corpo a corpo si colpisce l’avversario che avanza rapidamente, quando è alla portata della propria spada con freddezza e calma. Un altro metodo si ha quando, su una avanzata alquanto lenta dell’avversario, e dopo aver studiato i suoi movimenti , lo si colpisce vibrando un fendente dall’alto. Il maestro Musashi ammette, in questo caso, come in altri, che vi sono difficoltà descrittive a causa della tradizione orale nel tramandare le vie dell’arte della spada senza servirsi, come in questi esempi, delle illustrazioni.

Capoferro, nelle descrizioni di massima, indica quattro tempi principali: il primo tempo, i due tempi, il mezzo tempo ed il contro tempo. Specifica che nel primo tempo a misura stretta o larga deve bastare un solo movimento per colpire l’avversario. Per i due tempi almeno due movimenti. Il mezzo tempo si usa per colpire dalla misura larga al bersaglio avanzato, sia il braccio armato di spada che quello armato di pugnale, sempre mezzo quando si colpisce l’avversario dalla stretta misura mentre questi avanza. Sono questi i tempi di anticipo, ed indicano più il tempo della misura che altro. Anche per il contro tempo il maestro specifica che bisogna colpire l’avversario che tira la stoccata da una misura a ferire incontrandolo e rubandogli tempo e misura.

E’ più reale la descrizione del tempo quando specifica che per ferire bisogna anticipare l’avversario sia che questi parta da una misura per finire in un’altra, sia d’anticipo quando solleva la spada per colpire. E’ “tempo” colpire dopo aver parato ed infine quando, avendo la stoccata dell’avversario superato il proprio bersaglio, si fa seguire la risposta.

Il tempo nella scherma viene trattato esaurientemente in un intero capitolo dal maestro Capoferro. La descrizione del tempo inteso come velocità di esecuzione della scherma, fa sempre riferimento alla misura dalla quale si eseguono i movimenti: più saremo vicini, minore sarà il tempo, e quindi avremo mezzo tempo, tempo intero ed infine un tempo e mezzo. Più volte, proprio per sottolinearne l’importanza si indica che il tempo è la misura della quiete e del moto riferita alla misura dell’avversario o alla punta della propria spada e viceversa, necessario per evitare anche, ad esempio, di usare lo stesso tempo dell’avversario e finire con il ferirsi a vicenda. Un’ultima raccomandazione la fa invitando a curare la posizione del corpo e del braccio armato rispetto al tempo da eseguire, valutare con cautela (“vadino con il calzar del piombo”) ed evitare di perdere tempo con movimenti non finalizzati all’azione da eseguire. Come sempre chiude, quasi come Musashi, con l’invito all’esercizio ed alla pratica.

ALCUNE STRATEGIE E TATTICHE DEL COMBATTIMENTO 

Per concludere questo mio elaborato, cercherò di tracciare alcune similitudini tra le tattiche di combattimento dei due Maestri.

Dovrei limitarmi alle fasi di assalto puro, ma ciò è molto difficile. Infatti ho dovuto ben capire le differenze di predisposizione al combattimento che i due maestri hanno, per poterle, a mio modo, interpretare.

Molto simile una descrizione dell’atteggiamento che lo schermidore – samurai deve avere nella vita come nel combattimento, sia nella tecnica che nella forma mentale.

Per il resto, anche se le finalità del combattimento sono le stesse, per Capoferro la scherma e la sua applicazione hanno funzione difensiva al punto di dichiarare che “l’offesa è una difesa nella quale si cerca la misura per ferire l’avversario”. Egli insiste ancora affermando che l’offesa è l’ultimo rimedio della difesa perché a quel punto non si è più obbligati al rispetto della vita di un avversario. A rinforzo di questa tesi, una descrizione etimologica delle parola “scherma” la fa derivare appunto da “schermo”, difesa. Su questo punto, Musashi esordisce sì parlando di un ferire senza essere feriti, ma nello stesso periodo sostiene “vittoria sempre, senza tregua, lasciando trasparire efficacemente l’atteggiamento che il bushi deve assumere nei confronti dell’avversario”. Lo stesso maestro diventa molto conciliante quando parla dell’Hejò – strategia, affermando che appunto l’unico verso scopo della strategia è quello di combattere per vincere il nemico, ma quanto al come, afferma anche che si deve schiantare lo spirito di combattimento dell’avversario, distruggere fino in fondo. Fa pure riferimenti alla necessità, a volte, di suscitare nell’avversario fastidio, remissività, imprudenza.

 

Capoferro avverte chi dovesse prepararsi all’assalto che è solo in virtù della ragione della natura dell’arte e del continuo esercizio che si addurrà alla vittoria. La cadenza, il senso del ritmo e le scelte della misura e del tempo, strettamente collegato ad essa, sono altrettanto importanti e quindi consiglia – ordina di “mai parare se non si risponde per ferire, né di andare a ferire se non si è sicuri di parare la risposta”. Diffida dal parare di contro, parare “per parata”… ed infine imparare a guadagnare i gradi del ferro avversario.

Musashi risponde, in questo ipotetico dialogo, dichiarandosi d’accordo sull’utilizzo della cadenza e del ritmo da imprimere all’assalto, (assalto?) aggiungendo che un sicuro successo si avrà quando ci si sarà appropriati del ritmo dell’avversario, magari inseguendolo. Afferma comunque, e qui si sente la sua anima zen, che come fa un carpentiere con i suoi attrezzi, in vista di una costruzione, così il bushi deve curare e scegliere le sue armi in vista di un combattimento. L’atteggiamento in combattimento deve essere: di una energica fissità, le braccia e il busto immobili, lo sguardo fisso sull’avversario; si devono impostare tattiche di combattimento che non devono mai essere ripetute più di due volte – ripetere una terza volta sarebbe assolutamente deprecabile, oltre che mortale, a suo dire.

Entrambi i maestri, ciascuno a suo modo, invitano, attraverso atteggiamenti fisici o col ferro, a conoscere le tecniche del proprio antagonista.

Capoferro va avanti dichiarando che, anche se può essere utile l’uso delle finte, ricordando che queste presuppongono il colpire al bersaglio opposto, meglio sarebbe anticipare le stesse. Usare sempre i gradi giusti del ferro forte para e debole ferisce, (punta). Grande importanza viene data all’affondo nel cui disegno geometrico è chiaro lo sviluppo in avanti della misura, o , come dice Capoferro, “accrescimento atto a ferire”.

 

Per finire, che dovrebbe in realtà essere un iniziare a parlare di Capoferro e Musashi, e dopo un’ultima raccomandazione molto sensata di Musashi sulla necessità di gestire, sapendoli distinguere, i propri momenti di incertezza durante il combattimento, vorrei segnalare due atteggiamenti simpatici e che comunque nella nostra scherma sono codificati. Musashi invita a sorprendere l’avversario con cambi di velocità e di tecnica, attacchi estemporanei e urla improvvise senza dar tregua, mentre Capoferro invita a muovere la testa in avanti o indietro rispettivamente per ferire o difendersi, indicando infine il traccheggio con il meno bellicoso atteggiamento del “passeggiar da banda”.

La mia ultima considerazione è che se ora noi insegniamo ai nostri allievi che la scherma è “uno sport (precedentemente arte o scienza) che ci insegna a vincere i combattimenti con le armi bianche”, le distanze che separano Ridolfo Capoferro da Cagli e Miyamoto Musashi si sono, almeno secondo questa breve analisi, ridotte, il beneficio di ciò per gli allievi dipenderà da noi.

GLOSSARIO  

Bushi: guerriero Chi: la terra Hejò: la strategia Hi: il fuoco Kaze. il vento Ku: il vuoto Mizu: l’acqua

Niten ichi ryù: una scuola – due cieli

Nitò: due spade

Samurai: guerriero

Shogun: generalissimo; il governatore di fatto del Giappone feudale

Tachi: la spada lunga del samurai Wakizashi: la spada corta del samurai Zen: una setta buddista

BIOGRAFIE 

Ridolfo Capoferro da Cagli

Nonostante sia tra i più bravi maestri di scherma del passato e sia considerato uno dei maggiori trattatisti dell’epoca sull’argomento, si conosce poco o nulla sulla vita di Ridolfo Capoferro. Non si è certi neanche che questo non sia altro che un soprannome. E’ documentato solo che, arrivato a Siena, diventò maestro della scuola tedesca insediatasi a Siena già dal XIV° secolo. Anche la datazione della sua opera Gran simulacro dell’arte e dell’uso della scherma non è certa. Alcuni editori, che vantavano il possesso di riedizioni manoscritte, la fanno risalire intorno al 1600. E’ comunque considerato il trattato di maggiori vedute dal Seicento ad oggi. In esso Capoferro riesce quasi a colmare la differenza tra l’arte e l’uso della spada, sottolineando per un verso che la causa efficiente di questa disciplina sono la ragione, la natura, l’arte e l’esercizio, dall’altro, in modo efficace e moderno, descrive in tredici capitoli i fondamenti tecnici della scherma, tutt’oggi molto validi, con una esemplare descrizione dell’affondo.

Miyamoto Musashi (Shinmen)

E’ stato il più grande maestro dell’arte della spada vissuto nel Giappone feudale. Nato ad Harima nel 1584, fu in seguito adottato dalla famiglia Miyamoto, profondo conoscitore della dottrina Zen che utilizzava nell’insegnamento della spada. Fondò la scuola di scherma Niten Ichi Ryù (Scuola dei due cieli) nella quale Musashi insegnava la tecnica di colpire con due spade. Intorno al 1640, verso i sessant’anni, si ritirò in una grotta e in meditazione ed estrema povertà scrisse il suo testamento spirituale dedicandolo al suo allievo prediletto e successore. Nasce così Il libro dei cinque anelli (Chi – la terra, Mizu – l’acqua, Hi – il fuoco, Kaze – il vento e Ku– il vuoto). Fu anche raffinato pittore, famose le sue opere monocromatiche nello stile Genpitsutai, firmava le sue opere con lo pseudonimo “Niten”.

BIBLIOGRAFIA  

Ridolfo Capoferro da Cagli,  Gran Simulacro dell’Arte e dell’Uso della Scherma, Protagon Editori Toscani, Siena,1997

Miyamoto Musashi, Il libro dei cinque anelli, Edizioni Mediterranéé, Roma, 1993.

foto da sx dott. Antonio Peragine, nostro direttore e VincenzoTimeo

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