Caso Orlandi. Giusto tacere per il bene della Chiesa?

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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“Atlantide – Il caso Orlandi: 40 anni senza verità”, questo il titolo della trasmissione di Andrea Purgatori dedicata alla sparizione di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di 15 anni, avvenuta il 22 giugno 1983, mentre la ragazza rientrava a casa dopo le lezioni di musica. “Il fatto divenne uno dei più celebri casi irrisolti della storia italiana e vaticana, con implicazioni e sospetti che coinvolsero e chiamarono in causa lo stesso Stato Vaticano, lo Stato Italiano, il terrorismo internazionale, i servizi segreti di diversi Stati, la Banda della Magliana, nonché un complotto interno al Vaticano per coprire un presunto scandalo sessuale legato alla pedofilia” (Wikipedia).

Non possiamo sapere se la Chiesa sia a conoscenza della verità, se Papa Francesco conosca la verità e se la conoscessero i suoi due predecessori, ma se avessero saputo tutto sulla scomparsa e sulla sorte della sventurata ragazza, per quale motivo non avrebbero rivelato la verità al mondo intero? Il papa non ha il dovere di dire sempre la verità? In realtà, il papa potrebbe anche ritenere che sia suo dovere fare sempre il bene della Chiesa. Ora, se la verità dovesse essere un’immane, tremenda vergogna per la Chiesa, e dovesse avere l’effetto di allontanare da essa moltissimi fedeli, fargli perdere la fede, allontanarli persino da Dio, se la verità dovesse fare il male della Chiesa, quale dei due doveri dovrebbe seguire, il papa, quello di dire sempre la verità, o quello di tacere per il bene della Chiesa? La risposta ai lettori.

Renato Pierri

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