Quando la diversità è normalità, il caso Triplett

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La storia del primo caso scoperto di persona autistica raccontata dal Washington Post. L’uomo è morto a 89 anni

© Alessandro Serranò / AGF – Performance di ragazzi autistici al Maxxi di Roma

AGI – Il signor Donald Triplett, conosciuto come DT o solo Don, aveva 89 anni quando è morto di cancro lo scorso 15 giugno nella sua casa di Forest, piccola cittadina del Mississippi, dove ha vissuto tutta la sua vita. Tripplet è un unicum, nel senso che è entrato nella storia della medicina come il “primo caso” scoperto di persona autistica.

Da ragazzo era “stranamente distante, senza alcun apparente interesse, anche affettivo, per i genitori o chi cercasse anche solo di entrare in contatto per conversare con lui”, come lo descrive il Washington Post, “ossessionato dalla rotazione degli oggetti”, ripetitivo nei termini, con un insolito modo di parlare, sempre in prima persona, e ripetendo parole come “affari”, “crisantemo”. Però in quanto persona con ritardi cognitivi aveva una sua assoluta brillantezza, conosceva le note ed eseguiva calcoli mentali anche complicati con estrema facilità.

La sua educazione e il suo comportamento sono stati descritti a suo tempo in un lungo articolo scientifico nel 1943 dallo psichiatra austroamericano Leo Kanner, dal titolo “Disturbi autistici del contatto affettivo”, che descriveva la sua disabilità nello sviluppo, ora conosciuta anche come “Disturbo dello spettro autistico”, il cui acronimo inglese è Asd.

Alcuni casi simili sono stati studiati dopo aver rinchiuso i bambini in strutture totalizzanti mentre Donald Triplett è rimasto libero nella sua comunità, accettato e apprezzato. Tanto che, come racconta il Post, col sostegno della sua famiglia, che ha potuto permettersi di mandarlo dal dr. Kanner per le sedute.

Triplett si è poi laureato al college, ha trovato lavoro come cassiere di banca nel 1958 e ha continuato a lavorare lì per quasi 65 anni. anni, vivendo con i suoi genitori e rimanendo nella loro casa anche dopo la loro morte negli anni ’80. Ha giocato a golf, ha cantato in un coro della sua città, ha viaggiato per il mondo, visitando almeno tre dozzine di Paesi e fermandosi alle Hawaii per 17 volte. Un fenomeno.

All’età di 2 anni, Donald recitava a memoria il 23esimo Salmo “Il Signore è il mio pastore”, ma in ogni caso “dimostrava scarso interesse per il cibo e raramente prestava attenzione alle persone intorno a lui”. Ma lui ha avuto una vita assolutamente normale, accudito dal fratello Oliver fino alla propria scomparsa nel 2020.

Donald Triplett non lascia parenti ma una vasta comunità di amici che ha saputo di lui e della sua disfunzione poco più di un decennio fa quando la sua storia è stata raccontata in un articolo per Atlantic da due giornalisti, John Donvan e Caren Zucker, che stavano facendo ricerche sull’autismo, e l’hanno intervistato per poi più tardi pubblicare un libro su di lui, “In a different key”, finalista al Premio Pulitzer, in seguito trasformato in un docu trasmesso dalla Pbs.

“Quando abbiamo incontrato Donald per la prima volta, i suoi coetanei e chi lo conosceva hanno sempre saputo che lui era diverso, ma non hanno mai pensato che questo fosse un problema”, hanno scritto Donvan e Zucker dopo la sua scomparsa. “Per gli amici era solo un bravo ragazzo”, tanto l’intera città di Forest ha appreso che gli era stato diagnosticato l’autismo solo nel 2007, quando i due giornalisti hanno pubblicato il primo articolo su di lui. In fondo, “Donald è sempre stato uno di noi”.

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