Qualche mio ricordo di Silvio Berlusconi

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“Silvio Berlusconi ha cambiato la storia”, é il ritornello ripetuto da molti alla notizia della sua morte, quasi come se cambiare la storia fosse in sé sicuramente un merito. Il giornalista Giueseppe Cruciani, invece: “Silvio era un vincente, un cambattente vero, uno che lottava”, quasi come se essere un cambattente fosse in sé sicuramente un merito.

Berlusconi è stato per me l’uomo politico che mi ha indotto a scrivere innumerevoli lettere ai giornali, e non so se questo sia un merito o un difetto. Per ricordarlo, trascrivo alcune righe di una lettera pubblicata su L’Unità il 10 febbraio del 2010. Il titolo era: “Il Cavaliere non chiede scusa”. Scrivevo, tra l’altro: “E’ trascorso un anno (era il 9 febbraio del 2009) da quando ad Eluana Englaro fu concessa la pace che le spettava.

Ci furono reazioni scomposte sguaiate e ridicole ad un tempo, da parte di uomini politici e, cosa triste, anche da parte di uomini della Chiesa. Un raffinato Cavaliere il 7 febbraio 2009 disse: “Se uno dei miei figli fosse lì, bell’aspetto, con il ciclo mestruale, non potrei staccare la spina”, e il giorno prima, sempre l’amatissimo Silvio: “E’ una persona viva che potrebbe anche in ipotesi generare un figlio”. E il giorno 10 febbraio: “Eluana è stata ammazzata”.
Luigi Cancrini mi rispose: “No. Il Cavaliere è un uomo tutto d’un pezzo. Non sbaglia e non si trova mai nella condizione di dover chiedere scusa…il premier che nessuno ci invidia è tornato ieri sull’argomento per parlarci del suo dolore. “Non sono riuscito ad evitare che venisse uccisa”, dice, e quasi non ci crede perché è veramente diffcile per lui credere che “cada foglia, in questo paese, che lui non voglia” e viene quasi da capirlo quando fa così anche se dimentica il dolore e la solitudine di chi ad Eluana voleva davvero bene, il risultato dell’autopsia ( il danno cerebrale era così esteso da rendere impossibile un sia pur minimo recupero) e le conclusioni della magistratura. Che per lui non esiste, del resto, perché il suo (Alfano ce lo ricorda ogni giorno) è un impero medioevale in cui i poteri sono tutti nelle mani di un uomo che in realtà è un Dio prestato incautamente, per nostra sfortuna alla terra”.

L’altra lettera, divertente, fu pubblicata il 4 ottobre dello stesso anno su Il Manifesto e su Il Fatto Quotidiano. Scrivevo: “Credo di essere una bestia rara, un tipo da prendere in giro, una mosca bianca, uno quasi da barzelletta. Nonostante abbia ad un di presso la sua età, non sono riuscito a fare il callo a certe volgarità e ridicolaggini, e così, cosa da non credere, ancora arrossisco (nel vero senso del termine), ogni volta che il presidente del Consiglio se n’esce con una delle sue. Corna in pubblico, battute sulle donne da far concorrenza ad uno scaricatore del porto, barzellette antiebraiche, ed ora anche una bestemmia.

Ed io che, pur essendo vissuto da piccolo in una città dove le imprecazioni si sprecavano, non ho mai bestemmiato in vita mia (i ragazzi a scuola non mi volevano credere), io che ho sempre ripreso gli alunni quando li sentivo bestemmiare, come posso non arrossire qualora l’autore dell’atto incivile sia un presidente del Consiglio? E adesso, poiché so con certezza che il lupo perde il pelo ma non il vizio, mi terrorizza il pensiero che un giorno il Cavaliere possa essere eletto Presidente della Repubblica. Che cosa potrà succedermi? Arderò? Creperò per autocombustione? Diventerò uno dei misteriosi casi di SHC (Spontaneous Human Combustion)? A ogni modo, è forse un peccato che perlomeno in Italia io sia una rarità”.

Renato Pierri

 

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