Secondo un’indagine dell’Ufficio Studi di Confcommercio il tasso di occupazione delle donne in Italia è pari al 43,6% contro una media europea del 54,1%. E su 100 donne che lavorano alle dipendenze a tempo indeterminato 75 sono occupate nei servizi
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Per terziario si considerano le società del commercio, alberghi, pubblici servizi, comunicazioni, credito, assicurazioni, consulenze, trasporti e servizi per l’impresa.
L’indagine mostra che il tasso di occupazione delle donne in Italia è pari al 43,6% contro una media europea del 54,1%; se il tasso di disoccupazione femminile in Italia (11,1%) venisse portato al valore europeo (7,2%), si avrebbero 433 mila donne occupate in più’; nel confronto tra le macro aree italiane, il tasso di occupazione delle donne al Sud è pari al 28,9% contro il 52% del Nord.
econdo l’analisi, la crescita economica, che poi alimenta anche i processi sociali di inclusione e una vita democratica ragionevolmente soddisfacente, dipende dal lavoro – anzi, proprio da quanti lavorano – e quanti lavorano dipende dalla demografia. L’indicazione è di puntare a migliorare i tassi di occupazione e i tassi di partecipazione, cioè accrescere la quota di quanti lavorano tra quelli che vogliono lavorare e accrescere la quota di quelli che vogliono lavorare tra quanti possono farlo. Se si equalizzasse al benchmark il nostro tasso di occupazione femminile- fa notare lo studio Confcommercio – otterremmo quasi 1,9 milioni di occupati, anzi, di occupate in più. È necessario quindi puntare ad accrescere il tasso di partecipazione femminile. Altro problema tutto italiano è la questione meridionale: nella partecipazione femminile il Sud si trova oltre 22 punti indietro rispetto al benchmark europeo.
Secondo la ricerca, per risolvere, o almeno per mitigare molto, la crisi demografica bisogna mettere le donne nella condizione di scegliere liberamente se lavorare o meno, perchè l’evidenza empirica internazionale dice senza ambiguità che più le donne partecipano al mercato del lavoro più fanno figli.
Spostare il tasso di partecipazione femminile dal nostro 49% al 60% della media europea o al 65% della Germania non garantirebbe di avere mediamente più figli per donna, ma aprirebbe una potenzialità, come suggerito dal comportamento degli altri Paesi: con questo tasso di partecipazione ci sarebbe la possibilità di raggiungere non solo l’Olanda e altre nazioni che si collocano solo poco sopra di noi, ma anche il tasso di fertilità dei tedeschi o dei danesi. “Non possiamo dire con certezza cosa succederebbe – spiega l’ufficio studi Confcommercio – ma di sicuro dobbiamo uscire dal confino dove ci siamo cacciati. Intanto, riconosciamo che nel complesso l’occupazione si crea nel terziario di mercato. In quasi trent’anni tutti i settori hanno perso occupati, che sono stati assorbiti e moltiplicati nel terziario di mercato che ha creato 2,7 milioni di posti di lavoro, crescendo di un quarto”. “Abbiamo voluto dedicare il nostro meeting annuale, il TDLAB 2023, ‘Economia e lavoro: progetti ed azioni per le imprese e la società’ a tutte quelle specifiche iniziative che possono creare un cambiamento culturale mirato a raggiungere una piu’ equa parità di genere, attivando i talenti femminili per stimolare la crescita economica e sociale del Paese”, dichiara Anna Lapini, presidente nazionale del Gruppo Terziario Donna.
Progetti ed iniziative che devono andare di pari passo con l’evoluzione contrattuale e legislativa: nel decreto lavoro – sottolinea Lapini – abbiamo apprezzato la riduzione del nucleo contributivo, che auspichiamo possa diventare strutturale, e l’incentivazione al welfare aziendale. Ulteriori interventi a favore delle imprese del terziario rappresenterebbero un importante volano di sviluppo e di crescita dell’occupazione femminile, un’ occupazione di qualità: già oggi i tre quarti delle lavoratrici che hanno un contratto a tempo indeterminato sono occupate nel terziario.”