Le carenze dei servizi sociali

Ambiente, Natura & Salute

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Le professioni che operano nel sociale hanno avuto in questi ultimi anni maggiore attenzione da parte dello Stato, divenuto più consapevole del ruolo centrale svolto dal settore negli enti locali in particolare nelle misure di implementazione del lavoro, di inclusione sociale e soprattutto nei servizi socio-sanitari  territoriali. Va ricordato che il principio costituzionale di eguaglianza sociale viene garantito grazie alle politiche sociali che attraverso gli operatori del settore danno ai cittadini prestazioni dello stato, tutelano e garantiscono i diritti sociali fondamentali alla base del welfare. Chi opera nel sociale svolge una professione di aiuto che può essere indirizzata al singolo, a una famiglia che vive delle situazioni di disagio e difficoltà, o anche ad una intera comunità per dare risposte a dei bisogni sociali collettivi. L’operare di tali professionisti segue naturalmente delle procedure ben precise tracciate sulla base delle metodologie proprie della disciplina ed applicate dagli assistenti sociali secondo i parametri della loro autonomia professionale. Questa professione è cambiata molto nel corso degli anni  dal momento che è cambiata la società e la sua funzione è quella di dare, per quanto è possibile, delle risposte alla crescente complessità della società e ai diversi ambiti che la compongono. In questi ultimi anni, in particolare con la pandemia, i servizi sociali dei comuni hanno affrontato delle situazioni non solo molto complesse, ma numericamente considerevoli; sono aumentate le situazioni di solitudine ed esclusione delle persone nella società, in particolare degli anziani e degli invalidi e tutto ciò ha reso evidente la necessità di potenziare i servizi sociali per rispondere efficacemente alle nuove fragilità della società. Negli ultimi decenni il welfare pubblico non ha risposto in modo adeguato ai bisogni delle persone e molte situazioni sono peggiorate. Le sfide oggi sono: l’invecchiamento della popolazione, la denatalità, la diseguaglianza di genere, la povertà educativa minorile, tutte questioni che purtroppo per molti anni sono state marginali nell’attività politica e non hanno avuto risposte sufficienti. I servizi sociali, già poco strutturati e frammentati, hanno subito le decisioni politiche del nostro Paese a partire dalla crisi del 2008 ed hanno avuto ulteriori tagli sui servizi. Le politiche sociali sono molto differenziate sul territorio nazionale a causa della riforma del Titolo V della Costituzione   (legge costituzionale 3/20019) che ha attribuito la potestà legislativa, in materia di assistenza sociale, esclusivamente alle Regioni; ma cosa ben più grave non sono stati approvati i livelli essenziali delle prestazioni sociali, che sono utili a garantire prestazioni ed interventi minimi su tutto il territorio. Mentre i primi anni del nuovo millennio videro un significativo investimento sui servizi sociali, poi diminuirono fino a toccare il minimo storico col governo Monti, che preferì foraggiare le banche estere a discapito delle reali esigenze sanitarie nazionali, fino ad arrivare al taglio definitivo di oltre trentamila posti letto, cosa che determinò negli anni successivi  tempi lunghissimi per una ripresa ancora non sufficientemente attuata. Solo di recente si è presa in considerazione la necessità di dover investire sul sociale, probabilmente perché in qualche coscienza politica si è ventilata la responsabilità di rispettare uno dei compiti fondamentali di un paese civile e democratico quale dover assicurare a tutti i suoi cittadini un vita dignitosa fatta di lavoro ed assistenza.

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