È febbre da Btp tra i risparmiatori italiani

Economia & Finanza

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Perché convengono a chi cerca un rendimento stabile e duraturo nel tempo, che dia pochi rischi di erosione del capitale investito, e possibilità di rientrare in possesso dei propri soldi nel modo più veloce e indolore possibile

© Fred Scheiber/SIPA/AGF –

AGI – È ‘febbre’ da Btp per i risparmiatori italiani, come dimostrano gli ultimi collocamenti effettuati dal Tesoro. Come spesso accade, quasi fosse un bene rifugio come l’oro, ci si rivolge ai ‘Buoni’ dello Stato nei periodi ‘difficili’ o di incertezze come quello l’attuale, caratterizzato da mercati azionari che non sembrano intraprendere una chiara tendenza rialzista, dall’inflazione che non riprende a calare con decisione, dagli spettri di recessione o quanto meno di una crescita debole dell’economia globale.

I Btp, nelle loro varie formule (‘Italia’, ‘Valore’, scadenze varie), forniscono in effetti garanzie a quel profilo di risparmiatore che cerca un rendimento stabile e duraturo nel tempo, che dia pochi rischi di erosione del capitale investito, e possibilità di rientrare in possesso dei propri soldi nel modo più veloce e indolore possibile.

Con il Btp Italia, per esempio, la minaccia inflazione è azzerata, alla luce del fatto che con l’incremento del costo della vita sale anche il rendimento garantito al sottoscrittore. Nello specifico, il Btp Italia corrisponde ogni 6 mesi interessi a un tasso fisso sul capitale rivalutato sulla base dell’inflazione del semestre di riferimento.

In caso di deflazione, ovvero di decrescita dei prezzi, il rendimento dell’obbligazione non viene ‘tagliato’, ma al risparmiatore è assicurato un tasso di interesse minimo che attualmente è pari al 2% circa.

Un ulteriore vantaggio risiede nel fatto che, al contrario di altri investimenti, come ad esempio in Fondi oppure bond emessi da aziende o istituzioni finanziarie, la sottoscrizione dei Btp avviene senza il pagamento di alcun costo di commissione.

Altro elemento non trascurabile, è la tassazione agevolata sui guadagni effettuati sul capitale investito. Infatti, per i titoli governativi si paga una tassa sulle plusvalenze pari al 12,5%, contro il 26% previsto per gli altri strumenti finanziari

L’investimento nei Buoni emessi dallo Stato italiano, poi, non vincola in alcun modo nel tempo il risparmiatore, che può in qualsiasi momento rivendere il proprio titolo sul mercato secondario prima della scadenza.

È vero anche però che in questo caso la cessione potrebbe avvenire a un prezzo più basso di quello pagato al momento dell’acquisto, cosa che di norma accade con l’aumento dello spread che Provoca come conseguenza il calo del valore dell’obbligazione.

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