Un qualunquismo che svilisce la verità

Emigrazione & Immigrazione

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Spesso sui media si dà voce a persone che parlano senza cognizione dei fatti ed esprimono giudizi poco attendibili e gravi perché condizionano l’opinione pubblica e distorcono la verità.

Torna alla mente il grande Umberto Eco che sottolineava come uno dei problemi più seri legati ai social  fosse il fatto che internet avesse dato voce a tutti, anche a chi non ha le conoscenze o le competenze giuste per formulare analisi e giudizi. In questi giorni la figlia di Bompiani, famosa casa editrice, ha definito gli scafisti, trafficanti di esseri umani, dei poveri cristi. Sentire questa affermazione, per chi conosce un po’ di fatti o ha vissuto sulla propria pelle la violenza di questi criminali, fa indignare. Abbiamo raccolto in questi giorni le testimonianze di alcuni giovani migranti ed in particolare ci ha colpito il racconto di Samba. che proviene dal Gambia e si trova in Italia da sette anni. Samba ha vissuto delle terribili esperienze ed ha assistito a molti episodi di violenza consumati ai danni di giovani migranti durante il temibile viaggio verso l’Italia. La prima fase del viaggio è stata la traversata del deserto durata diversi giorni su una gip sovraccarica di persone che non poteva fermarsi a causa della difficoltà a ripartire. I giovani erano aggrappati l’uno all’altro, durante la traversata del deserto qualcuno è caduto dalla gip ed è rimasto là, la gip non si è fermata a farlo risalire. Ma i momenti più brutti Samba racconta di averli vissuti all’arrivo in Libia; qui non c’è nessuna legge o controllo e la forze di polizia fanno quello che vogliono dei migranti. Samba ci racconta che un suo compagno di viaggio era partito con la sorella, una ragazza molto bella, un poliziotto libico se ne era invaghito e aveva detto al giovane che la sorella gli piaceva e la voleva per sé, ma il giovane aveva protestato e per tutta risposta il libico gli sparò in testa e si prese la ragazza. In Libia Samba è stato arrestato e tenuto dentro per alcuni mesi in una cella piena d’acqua, solo la sua testa ne usciva fuori, per liberarlo la famiglia avrebbe dovuto mandare ottocento euro, ma i suoi non avevano soldi. Quando lo liberarono era diventato bianco a causa della lunga permanenza in acqua, dice scherzando Samba, che nonostante le grandi violenze e  sofferenze subite è sempre allegro e ha tanta voglia di vivere e lavorare. Una volta liberato ha dovuto lavorare in Libia più di un anno per guadagnarsi i soldi del viaggio. Delle guardie costringevano migranti a lavorare gratis per loro, chi si opponeva finiva in carcere e veniva anche picchiato. Si paga prima dell’imbarco, lui ha pagato duemila euro. Samba ribadisce di essere stato fortunato, soprattutto durante la disperata  traversata del Mediterraneo. Si trovava stipato su un gommone, che poteva portare forse quaranta persone, mentre ce ne erano circa novanta; ad un certo punto il gommone iniziò ad imbarcare acqua, la gente urlava, qualcuno diceva che il gommone era bucato, lui era bagnato. Gli scafisti decisero di alleggerire il peso e buttarono a mare più di diciassette persone, la prima ad essere buttata era una donna molto grassa che aveva con sé i suoi figli piccoli. Finalmente, dopo molto tempo, qualcuno disse che gli scafisti avevano chiamato aiuto. Quando arrivò una grande nave ad imbarcarli gli scafisti dissero loro di buttare a mare tutti i documenti personali per non essere riconosciuti. Giunti in Italia le forze dell’ordine chiesero di indicare chi fossero gli scafisti, ma Samba racconta che nessuna delle persone salvate disse o indicò chi fossero. Se l’avessero fatto sarebbero stati uccisi dagli altri complici o avrebbero messo in pericolo le loro famiglie rimaste in  Africa. Ora Samba lavora presso una ditta edile ed è sereno e sempre pronto alla battuta e ad una risata liberatoria, abita con altri quattro migranti in una casetta messa a disposizione da un privato. Ricorda sua madre e si commuove, sono anni che non l’abbraccia, lavora e manda sessanta euro al mese alla sua famiglia che ci vive per più di un mese e qualche soldo avanza pure. Afferma che la rovina del suo paese sono gli uomini, che non lavorano e si accontentano di vivere alla giornata,  questo è il problema  di tutta l’Africa  perché consentono che gli stranieri rubino le loro risorse mentre loro vivono in miseria. Ricorda suo fratello maggiore ucciso perché non voleva cedere la terra lasciatagli dal padre, piange per lui e per la disperazione di sua madre, nel suo paese non c’è legge né giustizia. Ma lui vuole comunque ritornarvi presto per riabbracciare la madre e trovare una moglie e poi ripartire per l’ Italia, ma questa volta per via legale.

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