Il Bari espugna e fa suo il Sud Tirolo al 94′. Grande emozione per tutti

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Foto SSC Bari

Sono quelle vittorie belle come una canzone di Bob Dylan o come “Stairway to heaven” o, se preferite, belle come le canzoni di Lucio Battisti che si suonavano alla chitarra sulla spiaggia di notte davanti ad un falò struggente, in cerchio, con tante ragazze attorno da conquistare. Una vittoria buona come i canederli, come lo strudel alle mele. Insomma una vittoria dall’altro contenuto emotivo, una vittoria al 94′, non una vittoria qualunque come tante capitano in trasferta, no. Una vittoria dal sapore magico. E si perché per come si era messa la partita, e per come si presentava alla vigilia la stessa con due squadre appaiate lassù, sembrava che dovesse scorrer via sui binari dell’equilibrio e della mancanza di gioco, ed invece il Bari, pur senza far sfracelli, ha fatto la sua partita, intensa, ha imposto il suo gioco, arrivando sempre primo sui palloni grazie ad un Maita in gran spolvero ed al lavoro oscuro ma preziosissimo di Benedetti, e ha saputo contenere senza particolari patemi d’animo quelli precisini del Sudtirol per i quali ci chiediamo, dopo averli visti all’opera, come mai, vista l’assoluta pochezza di gioco offerta, siano lassù al quarto posto. Il calcio è davvero strano anche se imprevedibile. E proprio per questo il Bari aveva l’obbligo di crederci, di puntare l’avversario, di pungere come lo scorpione, ma nonostante il buon lavoro di raccordo tra centrocampo ed attacco con l’evergreen Antenucci ed il solito Cheddira, la squadra non è riuscita a colpire e a far male.

Due le occasioni che abbiamo annotato: la prima di Folorunsho con uno dei suoi tiri micidiali da lontano deviati dal portiere in corner, e l’altra capitata sui piedi di Cheddira che, non abbiamo ancora capito come, l’ha sbagliata clamorosamente. Poi, ad onor del vero, il nulla in termini di occasioni confezionate da una parte e dall’altra, ma il Bari ha dato l’impressione di esserci, di stare in piedi, di essere attento, pronto alla mossa definitiva che Mignani, verosimilmente, stava già pregustando.

Si è fatto male Maiello, purtroppo, e l’allenatore ha fatto entrare Benali che ha giocato nel ruolo di regista cavandosela molto bene dando dimostrazione che si può contare su di lui in questo finale di torneo. Naturalmente speriamo tutti che l’infortunio di Maiello sia una cosa da niente. Tra l’altro la sua uscita ha fatto tremare tutti perché è risaputo che senza di lui in campo il Bari non ha praticamente mai vinto, e si sa che i biancorossi da questo punto di vista sono pratici a mettersi nei guai da soli, ed invece stavolta le cose sono andate in modo diverso.

Dicevamo che Mignani ha subdorato quell’aria di vittoria, o quanto meno quella per la quale si doveva osare, e ha fatto entrare l’eterno enigmatico Ceter e Morachioli al posto di Cheddira e Antenucci, dando più profondità e sostanza in avanti naturalmente cambiando lo scacchiere passando al consueto 4-4-2 mai stato così determinante come negli ultimi tempi. Ed ha avuto ancora ragione lui. E si perché questa vittoria, al pari di altre, sono targate Michele Mignani da Genova, vittorie nate dall’elaborazione tecnica che gli passa nella mente in questi casi, spesso in condivisione con Vergassola, che son risultate sempre vincenti, cambi modulo incluso.

E così, quando tutti si aspettavano lo 0-0 ecco l’azione che non ti aspetti, quella che, magari, ti sei sognato per tutta a gara e che facevi fatica a realizzare. Siamo al 94′, il “pezzo” degli articoli dei giornalisti presenti sono ormai belli e pronti, il canovaccio è quello di un pareggio scialbo, Ceter e Morachioli dialogano, quest’ultimo dopo aver puntato e saltato l’avversario, suo marchio di fabbrica, con un abile destro infila il portiere tirolese segnando il gol vittoria per il Bari, un gol che vale il terzo posto consolidato a quattro lunghezze dal Genoa oggi inciampato a Como.

Una gara gagliarda, non spettacolare, ma decisamente di sostanza quella giocata dal Bari che ha saputo gestire bene gli avversari costringendoli a non produrre praticamente nulla se non fisiologiche opportunità (perché parliamo di sole opportunità non di occasioni vere e proprie da rete) e che ha fatto la partita dal primo minuto fino alla fine, meno che nei primi dieci minuti del secondo tempo quando il Sudtirol è sembrato aver messo il muso fuori, ma si è trattato di un fuoco di paglia perché gli uomini di Bisoli, poi, non hanno combinato praticamente nulla.

Un Bari, dunque, cinico, (ormai è una costante in questo torneo) capace di ottimizzare al massimo l’occasione gol capitatagli, per giunta al 94′.

E cosa si vuole di più dalla vita? E poi, volete mettere vincere qui, ai piedi delle Dolomiti, dove si parla tedesco, dove tutto – o quasi – rasenta la perfezione, la pulizia, l’ordine, il senso civico? E’ indubbiamente un sapore particolare.

E allora coraggio: forse c’è qualcosa di peggio dei sogni svaniti: perdere la voglia di sognare ancora (Freud).

Massimo Longo

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