Le cose non dette sul P.N.R.R.

Attualità & Cronaca

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Oggi tutti a storicizzare sulle cause del ritardo di attuazione del  PNRR , ma  fino a ieri urla di entusiasmo, per una narrazione  denunciato da pochi.

Era aprile del 2021 quando un onestissimo e autorevolissimo docente di politica economica alla Università di Roma Tre , Gustavo Piga insieme al Presidente dell’Osservatorio Recovery Plan Scogliamiglio  della Università Tor Vergata, denunciarono dalle colonne del Sole del 24 Ore , la grande patacca delle informazioni , relative agli investimenti del PNRR comunicati dal Governo a dicembre 2021.

Venivano identificati alcuni limiti “ strutturali” del Piano , che ancora oggi non vedo denunciati.

IL PNRR deve conseguire traguardi ( millestone) e obiettivi (targets) con  l’attenzione primaria,  ai fini del monitoraggio è su traguardi e obiettivi.

Focalizzazione sulle performance , notevoli con 51 traguardi e obiettivi raggiunti nel 2021 e  45 traguardi e obiettivi previsti per giugno 2022 , dei 51 previsti per dicembre 2022.

Sul raggiungimento di questi obiettivi polemica della Meloni con Draghi,  ha lasciato irrealizzati tre obiettivi del terzo trimestre .

È il quarto trimestre a gestione Meloni che aveva 51 scadenze delle quali solo 13 obiettivi sono stati completati , 15 sono a buon punto mentre 23 in rilevante ritardo di  completamento ( Fonte OpenPolis). Raggiunti 5 target dei 13 previsti entro marzo 2023.

Secondo OpenPolis nel corso del 2023 bisogna completare il 70% delle riforme del PNRR , ma siamo al 58%. 

IL punto nero sono gli investimenti attuati .

 Allarme che scoppia oggi dopo le esaltazioni e le urla sul PNRR risolutore e bla , bla , bla vari.

L’Italia deve conseguire 527 di questi traguardi e obiettivi entro il 2026, distribuiti su 10 semestri.

 Il conseguimento di quelli , per un semestre è propedeutico all’erogazione dei fondi per il semestre successivo.

 Eppure Piga e Scognamiglio 24 mesi fa lanciarono l’allarme sulla insufficiente capacità di spesa. Invano!

Capacità di spesa sulla quale il Paese inciampa sempre , se solo consideriamo i Fondi per lo Sviluppo e la Coesione con un tasso di pagamento pari al 9% , a marzo 2022.

Pur in presenza di questa evidenza della limitatezza della capacità di spesa sul piano del suo incremento è successo poco o nulla , e questo  proprio perché gli sforzi sono concentrati sul monitoraggio degli obiettivi.

Nella “ RELAZIONE SULLO STATO DI ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR) del marzo 2023 della Corte dei Conti si legge , che le risorse rese disponibili dalla UE sono pari a 28,4 miliardi ( fondo perduto) e 48,5 miliardi (prestiti) per complessivi 76,9 miliardi e di questi , a febbraio 2023 ne risultano spesi 8,2 miliardi. IL 10,66% delle risorse rese disponibili dalla UE e il 4,28% di tutte le risorse del PNRR.

Opportuno rilevare che le spese sostenute ad oggi sono per la maggior parte relative, a progetti già previsti da norme antecedenti il PNRR, ma in linea  con i suoi obiettivi

Si legge nella Relazione della Corte dei Conti :  In termini finanziari, i pagamenti in discorso sono riferibili, per il 31 per cento, alla Missione 1 – Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo, per il 18 per cento, alla Missione 3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile e, per il 16 per cento, alla Missione 4 – Istruzione e ricerca. I trasferimenti di risorse ai soggetti attuatori, invece, sono pari a 1,2 miliardi (15 per cento del totale); essi hanno interessato 14 investimenti, ricompresi quasi integralmente nella Missione 1 – Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo e nella Missione 5 – Coesione e inclusione .

Una situazione di criticità che potrebbe portare davvero al fallimento del PNRR se con coraggio e determinazione non si assumono decisioni, che si sarebbero dovute assumere tre anni fa .

La Corte “ spietatamente” rileva nella Relazione annuale: “ la generale inadeguatezza programmatoria”.

Seguono le critiche dei Comuni e alla piattaforma telematica  REGIS ,cuore del sistema PNRR ,realizzato e gestito dalla Ragioneria generale ,gestire ogni fase di ogni singolo progetto ma succede che i ministeri competenti non caricano o caricano in ritardo  i codici unici di progetto, che rappresenta l’informazione necessaria per ottenere gli anticipi per erogarli alle imprese e qui altro punto di crisi perché gli anticipi dal Mef agli attuatori, arrivano al 10% del valore dell’opera mentre le imprese in base al Codice appalti possono chiedere agli enti committenti fino al 30%.

Le cause e le responsabilità di questa situazione?

Lo  smantellamento della Pubblica Amministrazione , perseguito da tutte le forze politiche alternatesi nelle maggioranze del Parlamento negli ultimi 30 anni.

Una Pubblica Amministrazione estremamente sottodimensionata, che  tra il 2003 e il 2020 ha perso definitivamente circa 500.000 unità di personale, e che aveva   una media di dipendenti per abitanti inferiore a quella Ocse e comunque il numero assoluto era più basso di Paesi competitori come Germania, Francia e Gran Bretagna.

 Il numero dei dipendenti pubblici è sempre stato, nei suoi picchi di questo periodo, mai superiore a 3,6 milioni (oggi è attestato a poco più di 3 precari compresi  di molto inferiore  ai  4 milioni in Germania e oltre 4 in Francia e Gran Bretagna.

 Riduzioni conseguenti alla necessità di rispettare i parametri di Maastricht ,che dal 2010 sono ancor più in crescita  per colpa delle politiche europee di austerità in tempi di crisi.

La soluzione della politica è stata depauperare la Pubblica Amministrazione e la  capacità di fornire servizi al Paese . Risultato :  età media del personale pubblico più alta d’Europa e il minor numero di dipendenti pubblici , per numero di abitanti.

A tutto questo si aggiunge il terribile articolo 10 del Regolamento del PNRR , che obbliga a ridurre il rapporto deficit/PIL e quindi tra le altre cose ,a fare  assunzioni a tempo indeterminato nel settore pubblico.

Necessiterebbe una grande decisione politica di riqualificazione della spesa pubblica ,a iniziare dal cuore delle decisioni di spesa rappresentato dagli appalti pubblici dove si realizzano  massicci  sprechi dovuti ad incompetenza e  dove urge riqualificare , riorganizzare, pagare meglio il personale addetto alle gare , alla  progettazione quantomeno uguagliarlo al settore privato.

 Sempre la Corte nella Relazione rileva , che la :  “modalità di reclutamento del personale dedicato al PNRR con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficoltà, per le Amministrazioni, nel garantire la continuità operativa delle strutture che, al contrario, necessiterebbero di un quadro di risorse certo per tutto l’orizzonte temporale del Piano”.

Subito investire  in capitale umano , a tempo indeterminato finanziato con gli sprechi che cesserebbero per incompetenza.

Riqualificazione con costi che non devono essere computati nel deficit e con decentralizzazione degli appalti a livello di provincia , evitando la gestione di Stato centrale, Regione e Comune che presentano limiti macro e micro.

Solo così potremo evitare di perdere la metà delle risorse del PNRR e precipitare lungo la china discendente verso  un  reddito pro-capite degli italiani corretto , per la parità di acquisto  oggi due volte quello mondiale, ma  agli inizi del 21 esimo  secolo pari a  3,5 volte maggiore.

Negli ultimi 20 anni ,  siamo passati dal produrre quasi un quinto della ricchezza dell’area dell’euro a un ottavo.

Infine entro il prossimo anno il   mondo crescerà dell’8% e gli Stati Uniti del   5,8%, l’area euro del 3,1% e l’Italia del 2,1%.

Risultato assurdo se consideriamo le immense risorse del PNRR che hanno generato aspettative di ripresa e creato speranze di interruzione di questa tendenza a “ precipitare”

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