Carlo verso l’incoronazione, il Guardian fa i conti in tasca ai reali

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Si chiama ‘The Cost of the Crown’ ed è un poderoso dossier che, attraverso diversi approfondimenti, scandaglia vari aspetti, a cominciare dalle fonti di reddito e la ricchezza privata della famiglia, aspetti che il Palazzo tende a tenere accuratamente riservati

AGI – A ormai un mese dall’incoronazione di Carlo III, mentre i quotidiani britannici dedicano pagine e pagine all’evento che, a maggio, farà fermare per tre giorni il Paese, c’è anche una contro narrazione dell’evento. La fa il Guardian, quotidiano progressista sempre molto ben informato, che ha deciso di fare luce su aspetti che Buckingham Palace tende a nascondere in modo da fare un racconto meno agiografico della famiglia reale. Si chiama ‘The Cost of the Crown’ ed è un poderoso dossier che, attraverso diversi approfondimenti, scandaglia vari aspetti, a cominciare dalle fonti di reddito e la ricchezza privata della famiglia, aspetti che il Palazzo tende a tenere accuratamente riservati.

“Quanti soldi costerà l’incoronazione di re Carlo III al Regno Unito? Quale aliquota fiscale pagherà il nostro nuovo re sui suoi redditi privati? E a quanti impegni di lavoro hanno partecipato “working member’ della famiglia come i duchi di Gloucester e Kent (cugini del re,ndr) negli ultimi cinque anni? E quanto sono stati pagati? Quanto sborsano le principesse Beatrice ed Eugenia, le figlie del principe Andrea, che non lavorano nella Firm, per le loro residenze nei palazzi reali?”. Nelle ultime settimane, il Guardian ha posto tutte queste domande a Buckingham Palace. Le risposte sono state fredde: “‘Chiedi a qualcun altro’, ‘Risolvitelo da solo’ o semplicemente ‘Non hai il diritto di sapere'”.
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Beatrice ed Eugenia di York 

“Ci permettiamo di dissentire”, prosegue il quotidiano che poi insiste: “Quando la regina Elisabetta II è morta tutti hanno applaudito al modo calmo con cui ha gestito il regno, o alla sua presunta non interferenza nella politica britannica. Nessuno ha fatto cenno a un altro tratto distintivo del suo regno: il velo di segretezza oscurante, che ha dato origine a un modo di pensare per cui il popolo britannico è privato delle informazioni più elementari sulla monarchia”. Il Guardian finora ha già scoperto, tra l’altro, che Elisabetta II e Carlo III hanno incassato oltre 1,2 miliardi di sterline da due proprietà ereditarie, i ducati di Lancaster e Cornovaglia, su cui non pagano una sterlina di tasse. Il reddito dai ducati è cresciuto di sedici volte durante il regno di Elisabetta. E i due ducati operano sostanzialmente come imperi immobiliari, gestendo professionalmente sterminati terreni agricoli, ma anche hotel, castelli medievali, uffici, negozi e alcuni dei migliori immobili di lusso a Londra.

Ne 2022, Elisabetta II e Carlo hanno ricevuto 21 milioni di sterline ciascuno dai ducati di Lancaster e Cornovaglia rispettivamente, nonostante non sia affatto certo (sul tema c’è un dibattito secolare….) che i redditi delle due proprietà non spettino in realtà al Paese. Un impero che ha anche sostanziali portafogli di investimento, ma su cui Carlo non paga alcuna tassa.

Denaro che si aggiunge ovviamente ai milioni che il re e la famiglia ricevono annualmente come finanziamenti pubblico in cambio dei loro impegni ufficiali. Il monarca riceve infatti circa 86 milioni di sterline all’nno dalle casse dello Stato; e teoricamente potrebbe rivendicare un extra di 250 milioni di sterline, sempre denaro dei contribuenti, perchè così decise generosamente David Cameron quando era primo ministro nel 2011. Il re ha deciso che non vuole quei soldi in più.

Un altro tema caldo è quello dei legami della monarchia con la schiavitù. Di recente e per la prima volta, re Carlo III ha dato il ‘via libera’ a un’inchiesta sui legami nella Storia tra la monarchia britannica e la tratta degli schiavi. Un ‘via libera’ che in realtà arriva dopo che è emerso proprio sul Guardian un documento inedito che mostra il trasferimento, nel 1689, di mille sterline in azioni della Royal African Slave Trading Company, una società per la tratta, a uno dei suoi antenati, Guglielmo III, da parte di Edward Colston, commerciante di schiavi. Buckingham Palace non ha commentato il documento, ma ha fatto sapere di sostenere un progetto di ricerca sul tema, tra l’altro co-sponsorizzato dalla Historic Royal Palaces, la fondazione che gestisce diversi palazzi reali. La ricerca è frutto del dottorato di una storica, Camila de Koning, dell’Università di Manchester, che dovrebbe concludersi nel 2026, sul coinvolgimento della monarchia nella tratta degli schiavi. Il re aiuterà le ricerche dando l’accesso agli Archivi Reali.

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Kensington Palace 

E poi c’è la storia di Kensington Palace, dove hanno abitato anche vari monarchi. Nel palazzo nel cuore di Londra visse Diana con i due figli. Ma ora è la residenza in città, tra gli altri, del principe e della principessa del Galles: ebbene la sua storia è scomodamente intrecciata con il tema dei rapporti tra monarchia e schiavitù; perchè nel corso di quasi tre secoli, 12 monarchi britannici hanno sostenuto se non tratto profitto dal coinvolgimento della Gran Bretagna nella schiavitù.

Infine, il tema forse più pruriginoso, quello dei tesori inestimabili saccheggiati all’India e finiti nelle collezioni reali: neanche a dirlo c’è un leggendario rubino e una cintura d’oro intarsiata con 19 smeraldi, utilizzata dal marajah di Lahore: Ranjit Singh, era mezzo cieco e non indossava gemme, ma la utilizzava per bardare i suoi cavalli. “Semmai ci sarà permesso di saccheggiare questo regno andro’ direttamente alle sue stalle”, scrisse nel 1837 Fanny Eden che insieme a suo fratello, George, all’epoca governatore generale britannico, faceva un tour nel Punjab. E Singh, anzi il suo erede, Duleep, che fu costretto a cedere il Punjab ai britannici, fu anche privato del leggendario diamante Koh-i-noor, che adesso si trova sulla corona della regina Madre, esposta tra i tesori della Torre di Londra, e che è diventato un emblema del tormentato rapporto della Gran Bretagna con la sua storia imperiale. Così tormentato che probabilmente la corona non sarà indossata da Camilla alla cerimonia del 6 maggio.

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