In Italia ci sono 336mila minorenni che lavorano

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Si tratta di bambini e adolescenti impegnati nella ristorazione e la vendita al dettaglio, nelle attività in campagna, in cantiere, e nella cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti

di Sara Dellabella

© ZUMAPRESS.com / AGF

 

AGI – Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia nemmeno l’Italia, diffuso ma ancora in larga parte sommerso e invisibile. Si stima che nel nostro Paese 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, continuative, saltuarie o occasionali – il 6,8% della popolazione di quell’età, quasi 1 minore su 15. Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività lavorativa, un gruppo consistente (27,8%) ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure svolti in orari notturni o, ancora, perchè percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi.

Dalle stime effettuate si tratta di circa 58mila adolescenti. I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Sono i dati che emergono dalla nuova indagine sul lavoro minorile condotta da Save The Children, “Non è un gioco”, secondo la quale quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto, un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita (16 anni).

La ricerca, condotta a dieci anni di distanza dalla presentazione degli ultimi dati e delle ultime ricerche sul lavoro minorile in Italia da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro – ha l’obiettivo di definire i contorni del fenomeno, comprenderne le caratteristiche, l’evoluzione nel tempo e le connessioni con la dispersione scolastica, e vuole sopperire almeno parzialmente alla mancanza di una rilevazione sistemica di dati sul tema in Italia. Emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche.

Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno. I dati della ricerca verranno messi a disposizione sul nuovo datahub di Save the Children, un portale nato con l’intento di monitorare le disuguaglianze, mappare i territori a rischio, orientare le politiche e l’azione sociale, costruire una conoscenza condivisa del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.

Nello studio dell’Organizzazione è stata indagata anche la relazione tra lavoro e giustizia minorile, mettendo in luce un forte legame tra esperienze lavorative troppo precoci e coinvolgimento nel circuito penale. Quasi il 40% dei minori e giovani adulti presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile – più di uno su 3 – ha affermato di aver svolto attività lavorative prima dell’età legale consentita. Tra questi, più di un minore su 10 ha iniziato a lavorare all’età di 11 anni o prima e più del 60% ha svolto attività lavorative dannose per lo sviluppo e il benessere psicofisico.

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