Della stessa sostanza dei sogni:intervista all’attrice Assunta Maria Berruti

Arte, Cultura & Società

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Intervista a cura del Co-direttore Daniela Piesco 

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

La celebre frase fu scritta tra il 1610 e il 1611 dal drammaturgo inglese Shakespeare nel quarto atto della sua opera “La Tempesta”. Ma se abbiamo la stessa sostanza dei sogni, perché spesso non li proteggiamo pur se appaiono impalpabili, per definizione, incerti?

Assunta Maria Berruti ,47 anni,è un’ attrice dotata di un’annata sensibilità artistica, tanta determinazione e tenacia; personalità vulcanica e grintosa, capace di “indossare” ruoli sempre diversi con grande passione e convinzione, mostrando carattere e una grande dote interpretativa. In tv è impegnata nella fiction italiana” un posto al sole ” nel ruolo di Emilia , la tata .

Diventare un’ attrice di talento era il suo sogno e l’ intensità con la quale lo ha percepito è stata così totalizzante da assorbirla completamente, tale da divenire premonizione, indicazione da percorrere, rivelazione,riferimento reale:andare oltre la consapevolezza che non tutto è realizzabile e nonostante ciò provarci lo stesso.

Comincia gli studi presso la Solot Compagnia Stabile di Benevento, diplomandosi nel 1997.

Segue uno stage sulla commedia dell’arte con Antonio Fava, uno corso intensivo di recitazione con Pino Carbone e una Masterclass per la cura della persona con Gabriele Vacis.Nel 2003 segue il corso Acting for film – percorso formativo sull’arte del cinema”con la direzione artistica Pino Sondelli, avendo tra i docenti Luciano Nozzolillo ed Edoardo Tartaglia, classificandosi vincitrice di una borsa di studio presso la New York Film Academy.Dal 2000 al 2001 è  speaker radiofonica nel programma De-Javù – uno lo vivi e uno lo ricordi – sull’emittente radiofonica La Radio srl di Marco Minelli.
Da voce a diversi spot on-line: campagna abbonamenti del Benevento Calcio s.p.a e tra le ultime per “Enel Vivavoce” e “Generali” Video Making Off.
E’  protagonista del cortometraggio “Nel nome del padre” regia Valerio Vestoso e di un documentario per FANPAGE “Unguento, unguento…mandame alla noce deBenevento”, regia Enza Angela Massaro.
Nel 2008 si trasferisce a Roma studiando la tecnica del doppiaggio con Giorgio Lopez e lezioni private di recitazione con Antonio Sanna.Dal 2009 al 2013 affina la tecnica del doppiaggio con Giuppy Izzo prendendo parte a serie tv e film come doppiatrice.
Dal 2015 è attrice presso Solot Compagnia Stabile di Benevento prendendo parte a tutte le produzioni teatrali sia per adulti che per bambini con spettacoli diretti da Michelangelo Fetto e Antonio Intorcia e con la Solot ha recitato inoltre nella I, II e III edizione di “Racconti per ricominciare – percorsi di teatro dal vivo – prodotto da Ente Teatro Cronaca, con la direzione artistica di Giulio Baffi e Claudio Di Palma.Dal 2021 è anche narratrice di audiolibri per Audible dei seguenti libri:
“Una vita migliore” di Susan Allott;
“Filippo e Lucilla. La storia dei Normanni” di Francesca Cani;
“Cattiva” di Rossella Milone”;
“Donna delle pulizie” di Stephanie Land
e per Storytel con il libro “I 5 profumi del nostro amore” di Laure Margerand.
Da febbraio 2023 è nel cast della soap “Un posto al sole” con il ruolo di Emilia.

L’ intervista

Assunta domanda di routine: cosa ti ha portato a fare l’attrice?

E’ iniziato tutto al Liceo, I liceo. Ogni anno al Liceo Classico si organizzavano degli spettacoli a cura della compianta Prof.ssa Marisa De Luca.
Il mio primo spettacolo fu “Inferno” e mi piacque molto. Da lì ogni anno prendevo parte a tutti gli spettacoli. Eravamo tantissimi studenti e l’atmosfera che si creava in quei mesi di prove è impresso nella mia mente. Più crescevo e più mi attirava questo mondo.
Un giorno, alla domanda dei miei genitori: cosa vuoi fare dopo il liceo? La mia prima e unica risposta fu: “Voglio andare al Dams. Voglio fare l’attrice”.Non la presero affatto bene ovviamente e non mi mandarono, ma più crescevo e più questa mia curiosità per il mondo artistico faceva capolino, fino a quando un giorno, sempre con il Liceo, entrammo per la prima volta al Teatro San Nicola, sede allora della Solot Compagnia Stabile di Benevento, per fare le prove del prossimo spettacolo.
Lì decisi che mi sarei iscritta alla Solot. E lo feci. Contemporaneamente frequentavo controvoglia anche il primo anno di Giurisprudenza a Napoli, studio che trascuravo perché il teatro “mi distraeva”. Ho ricordi molto contrastanti di quel periodo, tristi perché detestavo Giurisprudenza, detestavo quell’università, ho dato pochissimi esami in tre anni, detestavo una scelta che non era la mia, detestavo il fatto che i miei non capissero che il mio non era un capriccio, io volevo studiare recitazione!Ma ho ricordi anche indelebili… quando entravo al Teatro San Nicola, cercavo di starci il più possibile, lasciavo fuori tutto il mio odio per quegli studi ed entravo nel mondo che sognavo… Durante il mio primo saggio, su quel palco terrorizzata, mi trovai la sala piena con gli occhi tutti puntanti su di me e pensai: io da qui sopra non ci scendo più… Ricordo che quando arrivava il periodo in cui si preparava il saggio di fine anno, io entravo a teatro alle 18 e tornavo a casa anche dopo la mezzanotte ma se fosse stato per me ci avrei dormito lì dentro.
“Il teatro è sofferenza” mi ripetevano a lezione i miei maestri e quanto ho sofferto per convincere i miei… Tre anni di pianti, di discussioni, di litigate. Sotto il libro di Diritto Costituzionale nascondevo gli appunti di teatro, fino a quando un bel giorno, al mio terzo anno di Giurisprudenza, presi il coraggio a due mani e dissi a tavola ai miei genitori che io avrei lasciato l’università per darmi alla recitazione. Non la presero bene…
Lasciai l’università e mi misi a lavorare, un lavoro che non mi piaceva, ma avevamo trovato un compromesso perché la sera potevo continuare a coltivare quel sogno che si impadroniva sempre più di me, sperimentando, spaziando dal teatro, la radio, fino a quando anni dopo mi traferii a Roma scoprendo il doppiaggio. Mi ha sempre affascinato tutto ciò che ruota attorno alla voce; la radio per esempio era un altro modo di comunicare che mi piacque tantissimo.
I miei ci hanno messo del tempo ad accettare questa mia decisione, accettata con grande sforzo come solo due genitori sanno fare, ma io oggi sono qui a dirti che nonostante la più grande battaglia che ho combattuto internamente, sono una privilegiata perché faccio un lavoro che amo. Io non lo considero un lavoro, nel senso dell’accezione della parola stessa, è qualcosa che va oltre la semplice definizione “lavoro”.Il mio vero lavoro inizia a casa, con un marito e un figlio. Il teatro, la recitazione, è la mia grandissima passione perché quando recito, inizia il divertimento, il mio appunto.

Fare l’attrice è una scelta professionale o è una scelta di vita?

E’ una scelta sicuramente professionale, un lavoro a tutti gli effetti, che forse andrebbe più considerato e rispettato in Italia. Non so se è anche una scelta di vita ma sicuramente questa è la scelta che ho fatto: vivere vite diverse e puoi farlo solo grazie a questo lavoro.

Quali sono state le figure che hanno influenzato la tua curiosità artistica?

Diverse figure. Sicuramente le due figure prime che mi hanno avviata e condotta sulla “cattiva strada” sono Michelangelo Fetto e Antonio Intorcia, i miei mentore della Solot Compagnia Stabile di Benevento. Scherzosamente, io dico che loro due hanno questa responsabilità perché in quei tre anni di corso hanno saputo trasmettere, a me come a tanti altri che oggi fanno questo lavoro, la loro conoscenza e la loro esperienza, l’amore, lo studio, la fatica e la dedizione per questo lavoro. E’ attraverso loro due e grazie a loro due che questo fuoco cresceva sempre più dentro me. Sono stati due maestri per nulla avari, hanno sempre cercato di inculcarci tutto ciò che sapevano con grande passione, senza risparmiarsi in nulla e spesso anche arrabbiandosi, e credo che oggi possano ritenersi soddisfatti; se tanti allievi usciti dalla Solot oggi sono attori professionisti, allora vuol dire che il loro trasmettere è stato ottimo.
E oggi che sono anche una delle attrici della Solot, essere considerata una loro collega fà sempre un certo effetto strano. Ieri, come oggi, cerco sempre un confronto, un consiglio e il conforto da loro.
Per quanto riguarda il doppiaggio invece ho avuto anche in questo campo la fortuna di avere una grande Maestra: Giuppy Izzo. Una grandissima professionista, una colonna portante del doppiaggio italiano, persona meravigliosa, di cuore, che ho avuto l’onore di seguire e di lavorarci. Tutti i suoi consigli, le sue indicazioni – ad esempio le famose “appoggiature” che si usano molto nel doppiaggio – le correzioni e quei consigli li porto anche all’interno del teatro o quando leggo un audiolibro, magari per creare un sottotesto e cercare di variare per non recitare o leggere in maniera piatta. Sono molto grata anche a lei.

Nonostante la tua giovane età, hai maturato esperienza sia in teatro che sui set televisivi, ricordiamo infatti che sei attualmente impegnata con le riprese di una nota fiction italiana “Un posto al sole” dove interpreti il ruolo di Emilia, la tata. Ti senti più a tuo agio sul set televisivo o sul palcoscenico?

Innanzitutto grazie per “la tua giovane età”…
Il palco è la mia casa, il mio habitat naturale, il posto dal quale non vorrei mai scendere, quindi si, mi sento molto a mio agio lì sopra, con tutte le difficoltà che spesso ci sono (non è sempre tutto un divertissement).Per quanto riguarda il set televisivo, questa è la mia prima esperienza in assoluto su un set e non ti nego che il primo giorno ero terrorizzata perché non sapevo cosa mi aspettava.Sapevo solo che sono due modi diversi di recitare: il teatro ha una recitazione e tempi molto più dilatati, la voce devi “portarla” per farti sentire fino all’ultima fila, rispetto al set i cui tempi sono molto più serrati e la recitazione più semplice, quotidiana.
E poi mi stavo andando a confrontare con grandi professionisti , con attori che sono lì dalla I stagione e il timore di sbagliare o peggio di non eseguire come diceva il regista mi faceva tremare.Mi è bastato però arrivare sul set per rendermi conto dopo cinque minuti che tutto l’ambiente, dal regista, ai tanti tecnici, ai colleghi attori, sono stati tutti molto accoglienti, cercando di farmi sentire a mio agio. Ed è un ambiente anche molto sereno, sorridente e rispettoso del lavoro altrui. Sto sperimentando cose nuove e mi sta piacendo molto.Sto imparando un nuovo modo di recitare, con modi e tempi diversi, perché c’è sempre da imparare in questo lavoro e io sono grata e felice per questa bellissima opportunità che spero di tutto cuore possa durare ancora un bel po’.

Ho letto da qualche parte che per far bene l’attore occorre imparare a disimparare ossia il modo migliore di recitare è quello di non recitare. Allora ti chiedo bisogna essere veri o bisogna essere credibili?

Essere un attore vuol dire spogliarsi completamente dei propri tabù, dei muri che ci siamo costruiti negli anni e che ci hanno formato il carattere, vuoi per educazione familiare, vuoi per il contesto sociale dal quale provieni.Spogliarsi non è semplice, mettere a nudo le proprie fragilità, le proprie emozioni davanti a un pubblico, un pubblico che quelle fragilità le osserva, le riceve e poi le commenta anche, e si ha sempre paura che le tue emozioni non arrivino o peggio non piacciano. E’ un continuo mettersi in discussione questo lavoro: come attore e come persona.
Quindi bisogna essere assolutamente veri e solo se sei vero, sei credibile.
Se menti, se fingi, il pubblico se ne accorge.

Cos’è l’emozione?

E’ il “chi è di scena”, (me lo sono anche tatuato) quegli attimi prima di entrare in scena.
E’ la prima battuta, quando sei a salivazione zero e la bocca impastata.Sono gli occhi degli spettatori su di te e il silenzio (se non interrotto dai cellulari) in sala.Sono gli applausi.
Sono gli occhi dei tuoi genitori in sala che oggi, a fine spettacolo, ti guardano e ti dicono “siamo fieri di te”.E’ il primo capitolo di ogni audiolibro.
E’ il sentirsi dire: provino superato.
E oggi aggiungo: silenzio, si gira! Motore, partito, azione!E’ mio figlio che mi guarda e mi dice: mamma, sei bella.

L’attore come fa a trovare l’ispirazione? O meglio come ci si impossessa dell’ispirazione?

L’ispirazione la cerco quando sono io a fare regie teatrali. Ed è un momento sempre molto critico per me perchè mi metto molto in discussione, pretendendo da me più del solito, partendo dalla scelta del copione e del tema (nel caso in cui facessi scrivere il copione agli attori).Osservo molto. Leggo copioni, ascolto tanta musica, mi vado a cercare quei temi trattati nel copione per comprendere meglio, per modificarli o trattarli più approfonditamente nello spettacolo.E devo scrivere tutto, sennò dimentico.

L’attore come fa a concentrasi prima di entrare in scena?

Ci sono diverse scuole di pensiero in merito a ciò che faccia concentrare meglio. Io semplicemente cerco di spegnere il cervello con il mondo esterno e di chiudermi un una bolla. Ripeto la parte a memoria fino all’ultimo istante, camminando avanti e indietro, ma devo avere sempre con me il copione.
Il copione diventa un mio arto separato, dal momento della prima lettura fino all’ultima replica, anche se so benissimo la parte a memoria.E’ una sorta di coperta di Linus, un paracadute che sta sempre lì in caso di un vuoto di memoria. Devo sapere che ho il copione sempre con me e quegli attimi prima di entrare in scena lo sfoglio ancora trovando la concentrazione giusta.

Il teatro è un’arte. E l’arte dell’attore non può prescindere dalla seduzione.Ecco Assunta, che cos’è la seduzione?

E’ il saper catturare la mia attenzione e tenermi incollata su quella poltrona senza staccargli/le gli occhi di dosso neanche per un secondo.
Ecco, quando mi trovo davanti un attore o un’attrice del genere trovo che sia molto seducente e riprendendo la domanda precedente sull’ispirazione, cerco di trarre da tanta bravura ispirazione per il prossimo personaggio che devo vivere. Guardare i migliori e cercare di carpire quanto più possibile.

Cos’è il personaggio? E tu come hai risolto il problema della creazione del personaggio?

Il personaggio è la prossima vita che un attore andrà a vivere creando da zero e cucendolo su di te.Quando mi viene affidato un personaggio, se si tratta di un persona che è esistita, come nel caso di Edith Frank, la mamma di Anna Frank, mi guardo film e/o documentari per conoscere meglio quel personaggio e il suo rapporto con i familiari. In questo caso Anna nel suo diario scriveva del rapporto conflittuale che aveva con la madre e io feci diverse ricerche per comprendere meglio questa donna.Nel caso in cui si tratta di un personaggio mai esistito, quindi da creare, cerco innanzitutto attraverso le prime letture del copione di immaginarla nella mia testa; poi ascolto l’idea che si è fatto il regista o l’autore del testo di quel personaggio e perché lo ha immaginato così, per poi passare alla vera costruzione sia fisica (come si muove, come cammina, se ha qualche tic, come parla) e poi quella emotiva e nella fase di costruzione di un personaggio attraverso fasi di crisi alternate a fasi di euforia. Sono molto severa e autocritica con me stessa. Fà tutto parte del pacchetto!
Ma devi sempre sentirti a tuo agio, mai scomoda, devi cucire, plasmare quel personaggio su di te e farlo vivere. Se lo vivi tu, lo vedono gli altri.I

Il lavoro dell’attore può diventare alienante?

Si, può. E devi essere bravo a non farlo accadere. Può succedere per svariati motivi e se non ti senti motivato, l’emozione non arriva. Personalmente e fortunatamente non mi è mai accaduto. Questo lavoro si fà perché ti spinge una forte passione. Sei sempre alla ricerca di nuovi personaggi, di nuove vite e di nuove emozioni. Io mi emoziono sempre come il primo giorno e ho notato che più vado avanti con l’età e più mi emoziono.
Il giorno in cui io non mi emozionerò più, cambierò lavoro.

Qual è l’esperienza più significativa della tua carriera?

Ne ho diverse e la più recente è avvenuta a Piombino, a teatro.Ero con la Solot in scena al Teatro Metropolitan. Un teatro di circa 800 posti e quella sera era quasi tutto pieno.
Fine spettacolo, buio, sipario e all’apertura un applauso lunghissimo e forte ci ha sommersi come un’onda gigantesca.
Lo ricordo benissimo ancora oggi e ho i brividi. Dio mio che meraviglia…. Non aggiungo altro.

Quali sono le principali difficoltà che si incontrano con il lavoro teatrale? E con le serie televisive?

In teatro le mie difficoltà sono durante la costruzione del personaggio perché non sempre attore e regista sono d’accordo e hanno la stessa visione e bisogna cercare sempre di accettare le idee reciproche, ma alla fine su quel palco ci sali tu e per quanto tu possa e debba rispettare le indicazioni del regista, vale sempre la regola che devi sentirti a tuo agio in quei panni, perché quel personaggio lo vivi solo tu.Per quanto riguarda le soap e serie tv te lo farò sapere alla prossima intervista ..per ora non ho incontrato particolari difficoltà sul set se non il modo di recitare diverso come spiegato su.

Molti giovani vogliono svolgere la tua professione perché attratti dalla facilità con cui si raggiunge il successo motivati più da glamour che da talento. Come si colloca un buon attore in questo trend?

Partiamo col dire che rispetto al cinema o alla tv, in teatro di glamour ce n’è poco e le mie basi sono nate lì. Il teatro è un’arte nobile e se vogliamo povera rispetto alla notorietà che ti dà lo schermo. Quando parlo con qualche ragazzo che sta iniziando ad approcciarsi alla recitazione, alla mia domanda: “perché vuoi fare l’attore?” non li sento mai dire “perché mi piace il teatro o il cinema” ma “perché voglio diventare famoso”, facendosi abbagliare, vista la giovane età, solo dal lato glamour. E’ cosi.
Lo schermo ha un impatto più immediato proprio perché arriva a tutti e subito.
Oggi ci sono tantissime serie tv belle e di grande successo. Fai la serie giusta, ascolti record e sei nell’olimpo, ma questi giovani non immaginano che dietro quel successo c’è tanto studio.Personalmente quando mi rispondono così provo tenerezza e sorrido ma sarei falsa se non ammettessi che è si un mondo affascinante.

Quali qualità deve avere un attore?

Pazienza, resistenza, perseveranza, costanza e determinazione. Il nostro, parlo soprattutto di attori non famosi al pubblico, è un lavoro che ti fà vivere in un limbo eterno. E’ un lavoro dove sei sempre in attesa di risposte: riposte circa l’esito di un provino, risposte circa il poter accedere a un provino o spesso di risposte che addirittura non arrivano.E’ un lavoro di tante e tante porte in faccia, alcune sbattute anche in malo modo e di tanti “grazie, le faremo sapere”.
Ma le soddisfazioni prima o poi arrivano, se sei determinata a non farti scoraggiare da niente e nessuno.E in ultimo, ma non per ultimo, un attore deve avere una dose massiccia di umiltà e non sentirsi mai arrivati. Una nuova esperienza, come gli audiolibri o Un posto al sole, non sono un punto di arrivo ma di partenza, una nuova esperienza che chissà dove mi porterà.
Resisti, insisti e sorridi. Il mio motto.

Qual è il tuo consiglio a giovani aspiranti attori?

Eh beh, sicuramente di studiare, di iscriversi a un corso di recitazione teatrale o cinematografica, curare bene la dizione, perché in giro si sentono spesso delle robe terribili, inascoltabili; trovarsi insomma dei buoni maestri. Un attore che non pronuncia correttamente e con la giusta dizione è brutto ai miei occhi. E ribadisco, essere umili. Poi, quando ci si sente pronti a buttarsi nella mischia, proporsi e non mollare al primo ostacolo o al primo no.La recitazione non si impara assolutamente sui social facendo i trend labiali.Quello non è recitare, non è fare doppiaggio, a dispetto di tanti giovani che invece pensano il contrario. “So fare i trend labiali, quindi posso recitare in una fiction”.
Non si diventa attori o doppiatori così. Il nostro è un lavoro come tanti altri, fatto di sacrifici e studio e merita più rispetto.
Oggi chiunque si alza al mattino e dice: sono un attore perché so fare i trend labiali o perche a scuola recitavo…
No, cari ragazzi, anche la recitazione si studia. Perciò, studiate.

Dove sarà Assunta Maria Berruti tra dieci anni?

Magari sul grande schermo, al fianco di attori straordinari e diretta da uno dei miei registi preferiti, e chissà… pure coprotagonista.
Perché se sognare non costa nulla, allora esageriamo, ma sempre con i piedi ben saldi a terra e lo sguardo oltre.

pH Vincenzo Fucci

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