Papa Francesco le studia tutte per favorire la pace in Ucraina

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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I suoi Rosari della pace della pace arrivano a Bruxelles, nel cuore della Ue

I Rosari della pace arrivano a Bruxelles, fin nel cuore delle istituzioni europee. Sono le corone di papa Francesco dietro cui si può ascoltare “il grido del popolo europeo che è un grido di pace”, ripete padre Enzo Fortunato. Il frate minore conventuale, vulcano di idee e di tenacia, si presenta con il saio davanti al palazzo di vetro e d’acciaio in Place du Luxembourg.

E ai vertici dell’Europarlamento dice di portare la “carezza di san Francesco” che richiama al dialogo e alla riconciliazione. È mezzogiorno di lunedì. E dalla capitale del Belgio parte la missione umanitaria che unisce i conventuali, la Comunità di Sant’Egidio, la cooperativa Auxilium e la Federazione italiana giuoco calcio. Destinazione: Ucraina. Dove fra oggi e mercoledì arriveranno tre camion di aiuti.

Un carico di speranza che guarda soprattutto ai “bambini ormai non più capaci di sorridere e di giocare a causa della guerra”, sospira padre Fortunato. Ventiduemila i capi di abbigliamento sportivo della Nazionale di calcio donati dalla Figc a cui si aggiungono generatori energetici, farmaci, prodotti per l’infanzia, vestiario per le famiglie. Un segno di attenzione che fa tappa a Bruxelles per dire che “la vicinanza alla resistenza ucraina è anche abbraccio agli inermi”. Ad accogliere la delegazione giunta da Roma la vice presidente dell’Europarlamento, Pina Picierno, e il capo della missione ucraina presso l’Unione Europea, Vsevolod Chentsov, fra le bandiere della Ue e quelle del Paese invaso.

“È una bugia ritenere che le istituzioni europee non facciamo abbastanza per la pace – spiega Picierno ad Avvenire -. E non si può affermare che deliberiamo solo l’invio delle armi. Il sostegno militare all’Ucraina è necessario, insieme con quello economico e umanitario che l’Unione sta garantendo fin dall’inizio del conflitto. Tra l’altro abbiamo ritirato fuori dal cassetto la direttiva sulla protezione dei rifugiati che era stata approvata ma mai applicata: l’abbiamo attuata per la prima volta proprio ai profughi in fuga dalle bombe”.

A lei viene consegnata una delle magliette azzurre che finiranno nelle mani dei ragazzi ucraini. “Certo che si può e si deve parlare di pace – aggiunge l’esponente Pd -, ricordando però che la guerra in corso nasce dall’aggressione di un criminale che è stato riconosciuto tale dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia e che si chiama Vladimir Putin. Un leader che finora ha rifiutato ogni tipo di trattativa e non si è mai voluto sedere a un tavolo negoziale. Una scelta che complica qualsiasi percorso. Inoltre la pace che va costruita deve essere giusta: e, per l’Ucraina, significa riconoscimento dell’integrità territoriale e ritiro delle truppe nemiche”. Sotto i missili il cibo e gli abiti restano un’emergenza, avverte Chentsov. “Ma la gente ha estremo bisogno anche di sostegno psicologico: siamo un popolo che soffre.

E il Paese rischia di avere una “generazione persa”. Perciò è opportuna una cooperazione fra politica, società civile e Chiese che abbia anche un respiro internazionale e supporti la nazione”. La missione italiana ne è un esempio. “Porto qui e in Ucraina la benedizione del Papa – afferma padre Fortunato -. Consapevole che il Pontefice prega ogni giorno per la pace e per la conversione di tutti gli uomini che preferiscono le armi alla diplomazia”.

Marcario  Giacomo

Editorialista del Corriere Nazionale

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