Le rilevazioni della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), classificano il 2022 tra il quarto e il sesto posto nella classifica degli anni più caldi. Le temperature del 2022 non hanno battuto comunque quelle del 2016 (primo in classifica).
Poca acqua, poca neve , fenomeni siccitosi vasti , stanno creando seri problemi al vivere quotidiano e ampie riflessioni al mondo scientifico affinché lo Stato possa assumere decisioni risolutive dei problemi o quantomeno ricondurli , in un ambito di sopportabilità.
L’acqua è stata la “ vittima” primaria di queste anomale temperature senz’altro riconducibili al riscaldamento globale e alle conseguenze , che da esso derivano.
Secondo il Rapporto dell’ONU “ The United Nations world water development report 2018: nature-based solutions for water” entro due anni , due miliardi di persone vivranno in Paesi o regioni colpite da scarsità d’acqua .
L’acqua è diventata il centro di fondamentale di varie questioni come la produzione di cibo , dell’energia, dall’inquinamento e, dalla diffusione delle epidemie , dello sfruttamento di quei servizi ecosistemici ,che non vengono misurati dagli indicatori economici.
IL fenomeno della siccità sta oggi colpendo , in particolare le regioni del Nord Italia.
Lo scorso anno abbiamo vissuto insieme alla siccità , che comunque è un fenomeno climatico naturale e consiste nell’alterazione del normale ritmo delle precipitazioni .in una determinata area territoriale.
Evento naturale la siccità , ma strettamente connesso alla crisi climatica.
La situazione diventa poi grave se alla siccità si aggiunge una scorretta gestione delle risorse idriche , che si verifica quando la quantità di acqua prelevata dalle falde e dai corsi d’acqua , per le esigenze dell’uomo supera la capacità di rigenerazione della risorsa da parte dei sistemi naturali.
A febbraio dello scorso anno è stato pubblicato il Rapporto di sintesi “ Cambiamenti climatici 2022 : impatti, adattamento e vulnerabilità” dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, che approfondisce e quantifica su scala regionale gli impatti del cambiamento climatico su uomini e sugli ecosistemi.
Da molti anni è noto che l’Italia, collocata al centro del bacino del Mediterraneo, sarà nei prossimi anni uno dei Paesi più esposti agli effetti negativi della crisi climatica.
A causa della sua conformazione geografica e per la sua estensione, che attraversa numerose latitudini, essa sarà particolarmente soggetta ad eventi climatici estremi ( ondate di calore, siccità, alluvioni), con frequenza ed intensità destinate ad aumentare.
Dovremmo conoscere le soluzioni poste in essere da California e Israele soggette da sempre , a forte siccità e scarsezza di acqua. Questi due stati hanno investito molto in ricerca e sviluppato tecnologie che ottimizzano l’uso dell’acqua. L’acqua in Israele è soggetta a una gestione pubblica centralizzata .
Pianificazione, regolamentazione e gestione sono funzioni svolte dallo Stato attraverso le istituzioni locali.
L’invenzione della irrigazione a goccia è avvenuta in Israele e fortemente diffusa ,in agricoltura insieme agli impianti di desalinizzazione , al recupero dell’acqua .
Quasi tutta l’acqua per uso domestico e industriale viene riutilizzata. IL 60% del consumo di acqua domestica proviene in Israele dalla desalinizzazione.
A livello mondiale se il riscaldamento globale conseguente all’aumento delle emissioni da fonti fossili continuerà ad aumentare con inevitabili ricadute sul clima , sarà necessario applicare le biotecnologie all’agricoltura per sviluppare delle varietà agricole, che utilizzano meno acqua.
I numeri dell’acqua , a livello globale sono i seguenti : l’’85% dell’acqua è usata per produrre cibo in agricoltura e secondo gli esperti il 40% dell’acqua destinata all’irrigazione è usata in modo non sostenibile.
Inoltre bisogna considerare che negli ultimi 50 anni , la popolazione mondiale è cresciuta di un miliardo ogni 14 anni e entro il 2030 saremo 8,5 miliardi.
Il Rapporto 2022 pubblicato nell’ambito della 15a Conferenza della Convenzione delle Nazioni Unite per Combattere la Desertificazione (UNCCD, United Nations Convention to Combat Desertification), si evidenzia che è crescente il rischio di siccità in tutto il mondo e che dipende direttamente dal riscaldamento , e di quanto la siccità sia una minaccia per il benessere umano.
Pianificazione, idonee misure , giusti investimenti e istituzioni dedicate consentono di gestire localmente il fenomeno della scarsità di acqua .
Analizzando i dati del National Oceanic and Atmospheric Administration relativamente all’Italia si parla di un aumento di temperatura di 1,3 gradi centigradi , rispetto agli ultimi 30 anni e di 2,2 gradi rispetto al periodo preindustriale.
IL riscaldamento globale inoltre è da considerare più preoccupante perché siamo ancora nella fase della “ Nina” ovvero del fenomeno associato , ad anomalie delle temperature medie globali più fresche.
La situazione veneta dal punto di vista di scarsità di acqua e siccità è emblematica : lo scorso anno la pioggia ha raggiunto i 771 mm in media contro un dato medio storico di otto anni prima pari a 1100 mm infine, a febbraio manca la metà della neve e quindi secondo le organizzazioni di settore un meno 53% di acqua proveniente dalla neve , delle Alpi.
Secondo la Coldiretti sull’Italia cadono 300 miliardi di metri cubi di pioggia ma ne recuperiamo solo l’11%.
Coldiretti e Anbi hanno progettato un “ Piano Laghetti” , per realizzare 10 mila invasi entro i prossimi 7 anni. Di questi 6 mila dovranno essere realizzati da imprenditori agricoli.
Giuridicamente le 528 Grandi Dighe sono di competenza statale e i circa 26 mila ( dato ISPRA) invasi piccoli di competenza regionale.
La metà delle grandi dighe usata , per fornire energia elettrica.
Una considerazione tecnica riguarda gli impianti di desalinizzazione. Secondo uno studio della FAO , occorrono 628 metri cubi l’anno di acqua pro capite , per produrre cibo (circa 70%), per ogni tipo di produzione industriale o manufatturiera (circa 20%), per tutte le attività domestiche, cittadine, sociali (circa 10%). Ben vengono tutte le tecnologie innovative idonee a risolvere il problema idrico ma sui dissalatori qualche distinguo va fatto.
A livello globale, gli impianti di desalinizzazione producono 95 milioni di metri cubi di acqua dolce ma anche 142 milioni di metri cubi di salamoia con elevata concentrazione di sale ogni giorno.al giorno.
Una ricerca ONU riscontra che una buona metà della salamoia mondiale è prodotta in soli quattro Paesi: Arabia Saudita (22%), Emirati Arabi Uniti (20,2%), Kwait (6,6%) e Qatar (5,8%).
I desalinizzatori possono essere, a tecnologia di dissalazione termica/evaporativa , che producono mediamente da due a quattro volte più salamoia, per metro cubo di acqua pulita rispetto agli impianti che utilizzano il metodo della distillazione a membrana per la desalinizzazione di acqua di fiume.
La melma ad alta concentrazione di sale è anche ricca di anti-incrostanti, metalli e cloruri vari, eclassificabile come scorie industriali pericolose e quindi destinata a impianti dedicati.
Quindi alti costi di smaltimento ad oggi pari a un terzo dei costi . Succede quindi che la maggior parte della salamoia finisce direttamente negli oceani, nei fiumi, nei laghi , negli impianti di smaltimento delle acque reflue attraverso le fognature o, più raramente, in pozzi profondi.
La salamoia smaltita in mare altera la salinità dell’acqua in prossimità delle coste (a partire cioè da dove vengono riversate) e compromette l’ambiente marino. Uno dei ricercatori ONU afferma : “l’elevata salinità produce una riduzione nel livello di ossigeno in acqua, e questo impatta notevolmente sugli habitat degli organismi marini che vivono sul fondo , con effetti ecologici osservabili lungo tutta la catena alimentare”.