Il crack SVB rischia di trascinare le banche regionali Usa

Economia & Finanza

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Dopo il lunedì nero dei listini europei e la chiusura mista di Wall Street con DJ in calo e Nasdaq in rialzo, Tokyo chiude a -2,19% e le borse europee dopo un’apertura in ordine sparso, virano tutte in positivo, a metà seduta

di Alessandro Galiani

Crollo Borsa, mercati finanziari (Afp)

 

AGI – L’onda d’urto del crollo della Silicon Valley Bank non si ferma, nonostante le misure d’emergenza prese dalle autorità Usa, e fa tremare le Borse asiatiche, provocando una svendita dei titoli delle principali banche giapponesi. Anche i titoli di molte banche regionali statunitensi crollano e più in generale la clientela americana sta cercando di spostare i propri depositi dalle banche più piccole a quelle più grandi, impaurita dal crack di Svb.

Le Borse europee partono in ordine sparso dopo il ‘lunedì nero’ che ha visto i listini perdere tra il 2 e il 4% trascinati al ribasso dai titoli bancari per i timori del contagi.

A metà seduta i principali listini continentali sono tutti positivi. Al momento l’indice Dax di Francoforte segna il risultato migliore con +0,93%, segue l’Ftse Mib di Milano con +0,67%, poi il Cac40 di Parigi con 0,70% e l’Ftse 100 di Londra con +0,13%.

L’attenzione è ora rivolta al dato di oggi sull‘inflazione negli States, per avere ulteriori indicazioni su come la Fed potrebbe potenzialmente procedere con la politica monetaria. I prezzi dei future sui Fed Fund mostrano che i mercati hanno abbandonato le scommesse su un rialzo di 50 punti base nella riunione della prossima settimana, con la maggioranza degli operatori che ora si posiziona per un aumento di 25 punti.

Forti vendite sui bancari a Tokyo

In Asia i listini sono tutti in rosso e in particolare la Borsa di Tokyo che va giù di oltre il 2%, mentre i titoli di grandi banche come Mizhuo, Mufg e Smfg scendono tra il 7% e l’8% perché i trader scommettono che il crollo di Svb potrebbe far deragliare i forti aumenti dei tassi della Fed, intaccando così la speranza degli investitori di maggiori profitti bancari.

“La probabilità di aumenti dei tassi della Fed è scesa, i rendimenti sul Jgb, il titolo di Stato nipponico a 10 anni, sono in calo e lo yen si è rafforzato. Si tratta di un enorme cambiamento di mercato ed è per questo che i titoli bancari sono in calo” spiega Masatoshi Kikuchi, chief equity strategist di Mizuho Securities. La Boj fa sapere di essere entrata sul mercato di Tokyo per la prima volta dal dicembre 2022 acquistando fondi negoziati in Borsa per un valore di 5,2 miliardi di dollari.

L’indice Topix Banks a Tokyo è sceso del 7,7%. E Softbak, una delle società più a rischio di contagio, essendo molto esposta nel settore tecnologico, perde a Tokyo oltre il 4%. Anche le altre Borse asiatiche sono in perdita, con Seul giù di oltre il 2%, Hong Kong di oltre l’1,5% e Shanghai che perde sopra mezzo punto percentuale. Da notare che in Cina, dove Svb era la principale banca estera di riferimento per la maggior parte delle start-up, anche imprenditori e fondi di rischio si stanno affrettando a cercare finanziamenti alternativi.

Al momento i future a Wall Street sono in rialzo, in attesa dei dati odierni sull’inflazione Usa e dopo che i tre indici newyorkesi hanno chiuso ieri in ordine sparso una sessione particolarmente volatile. I rendimenti dei Treasury sono crollati, con il Treasury a 2 anni che è sceso di oltre 60 punti base scivolando sotto il 4% ai minimi da sei settimane, e poi è risalito al 4,1%, mentre il 10 anni ha ceduto anch’esso, ma molto meno, attestandosi al 3,5%.

Cambiano le attese sulle mosse della Fed

A rendere molto turbolenti i mercati sono naturalmente le tensioni nel settore bancario, che potrebbero costringere la Fed a ripensare il suo percorso di rialzo dei tassi. Attualmente il 50% degli operatori prevedono che la Fed non aumenti i tassi il prossimo 21 marzo, e stima dei tagli dei tassi nella seconda metà dell’anno. All’inizio della scorsa settimana, la situazione era completamente diversa: il 30% dei trader prevedeva un aumento di 25 punti base e il 70% un rialzo di 50 punti base. Nomura è invece la prima banca a prevedere un taglio dei tassi a marzo da parte della Fed.

A seguito del crollo della Silicon Valley Bank e della Signature Bank, il governo degli Stati Uniti e la Federal Reserve sono intervenuti per salvare le banche in crisi, accettando di sostenere tutti i depositanti. La Fed ha anche lanciato un nuovo programma di finanziamento che offre prestiti con scadenze fino all’anno. Il sostegno dell’istituto centrale, tuttavia, non è riuscito ad arginare le perdite nel settore bancario.

Le principali banche statunitensi hanno perso nelle ultime tre sessioni di negoziazione quasi 190 miliardi di dollari, con la First Republic Bank che ieri è scivolata di oltre il 60%. Nonostante il suo status di banca regionale, First Republic è il 14esimo istituto finanziario più grande degli Stati Uniti e pesa più di 212 miliardi di dollari di asset. E non è stata l’unica nel mirino degli investitori.

Il sottoindice delle banche regionali S&P 500 a 13 membri, che esclude i grandi istituti di credito come JPMorgan Chase, Bank of America, Wells Fargo, Citigroup e US Bancorp, è sceso del 14,9% ieri, registrando il calo maggiore dal 16 marzo 2020. Altri istituti regionali hanno sofferto, in particolare Western Alliance (-47,06%), la banca di Cleveland KeyCorp (-24,36%) la texana Comerica Bank (-27,67%).

Secondo Patrick O’Hare, “c’è ancora il timore che queste banche regionali possano affrontare un crollo dei loro depositi perché i clienti sono stati presi dal panico per quanto è appena accaduto”. E continuano le fila agli sportelli (si fa per dire, visto che il grosso delle transazioni ormai sono via Internet) per passare dalle banche minori a quelle più grandi. Intanto sull’altra sponda dell’Atlantica i future sull’EuroStoxx sono positivi, ma la situazione non è per niente sotto controllo.

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