Gli ippopotami di Pablo Escobar mettono a rischio l’ecosistema colombiano

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Nel 1993, dopo la morte del signore della droga, un maschio e tre femmine fuggirono dalla sua tenuta. In trent’anni si è sviluppata una popolazione di 150 esemplari che rischia di soppiantare le specie originarie del fiume Magdalena, come il lamantino delle Antille. Ma gli ambientalisti sono contrari all’abbattimento

© Raul Arboleda/ AFP – Gli ippopotami di Pablo Escobar

AGI – Gli esemplari di ippopotami importati illegalmente da Pablo Escobar potrebbero presto rappresentare una grave minaccia per gli ecosistemi e la biodiversità della Colombia, ma il governo non ha ancora attuato né predisposto politiche di gestione degli animali. A questo argomento è dedicato un approfondimento pubblicato sulla rivista Nature, nel quale si ripercorrono gli step che hanno causato il problema degli “ippopotami della cocaina”.

Nel 1993, dopo la morte di Pablo Escobar, un maschio e tre femmine di ippopotami sono fuggiti dalla tenuta del leader del cartello della droga e si sono stabiliti nel fiume Magdalena in Colombia e in alcuni piccoli laghi vicini. Importati illegalmente da uno zoo statunitense, questi animali hanno prosperato liberamente, fino a raggiungere una popolazione di circa 150 individui. Secondo alcune modellazioni, inoltre, questo gruppo potrebbe contare 1.500 esemplari nei prossimi 16 anni. Gli ippopotami, scientificamente noti come Hippopotamus amphibius, rappresentano la specie invasiva più grande al mondo, e in Colombia non hanno predatori naturali. “Se non agiamo ora – afferma Nataly Castelblanco Martinez, biologa della conservazione colombiana presso l’Università autonoma di Quintana Roo a Chetumal, in Messico – nei prossimi due decenni il problema non avrà soluzione”.

Una diatriba che divide il Paese

I ricercatori hanno infatti richiesto un rigoroso piano di gestione della fauna invasiva attraverso l’abbattimento e la cattura di alcuni animali. La diatriba sulle sorti degli ippopotami ha polarizzato il paese, con alcuni che considerano il valore della specie come attrazione turistica e altri preoccupati della minaccia che essi rappresentano per l’ambiente e le comunità di pescatori locali. Diverse modellazioni hanno evidenziato il potenziale distruttivo della popolazione di ippopotami. Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che gli stagni e i laghi in cui questi animali si sono stabiliti sono ricchi di cianobatteri e fioriture algali potenzialmente tossiche, che compromettono la qualità dell’acqua. Altri scienziati hanno previsto che gli ippopotami potrebbero soppiantare le specie in via di estinzione originarie del fiume Magdalena, come il lamantino delle Antille (Trichechus manatus manatus).

I trafficanti di animali stanno già vendendo illegalmente cuccioli di ippopotamo, lanciando una tendenza che potrebbe intensificarsi nei prossimi anni. “Quando le autorità colombiane hanno riconosciuto per la prima volta la velocità con cui la popolazione di ippopotami stava crescendo – afferma Jorge Moreno Bernal, paleontologo dei vertebrati presso l’Università del Nord a Barranquilla, in Colombia – sono state attuate misure per ridurne il numero. Nel 2009, però, sono state divulgate foto dell’uccisione di Pepe, il maschio di Escobar, da parte dei soldati. Questo ha portato alle proteste degli attivisti per i diritti degli animali. Il Ministero dell’ambiente è quindi sprofondato in una sorta di paralisi istituzionale“.

“Gli ippopotami non sono endemici della Colombia – sottolinea Sebastian Restrepo Calle, ecologista dell’Università Javeriana di Bogotà – questa specie è originaria dell’Africa subsahariana”. Secondo la modellazione di diversi scenari, per azzerare la popolazione entro il 2033 sarebbe necessario rimuovere circa 30 esemplari ogni anno e strategie come sterilizzazione o castrazione non sarebbero sufficienti.

I sostenitori dei diritti degli animali, nel frattempo, evidenziano l’importanza di salvare gli ippopotami, mentre i ricercatori sottolineano che un’azione tempestiva e’ fondamentale per ridurre l’impatto delle misure sulla popolazione. “Abbiamo a cuore l’interesse di questi esemplari – spiega Castelblanco Martinez – più tempo aspettiamo, più sara’ necessario intervenire in un numero maggiore di animali che dovranno essere abbattuti, castrati o catturati. Le comunità rurali potrebbero poi decidere di intervenire in autonomia, provocando ancora più danni agli ippopotami”.

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