I parlamentari italiani: “Teheran grazi i condannati a morte”

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Alla Camera un’iniziativa di patrocinio politico per i condannati a morte in Iran. I parlamentari chiedono il rilascio dei detenuti e la sospensione delle condanne

ROMA – “In Iran migliaia di manifestanti sono stati arrestati e rinchiusi nelle carceri, e ce ne sono decine che hanno già avuto una condanna a morte e rischiano di essere giustiziati. Con la nostra iniziativa intendiamo tenere alta l’attenzione su questi casi, chiedendo il rilascio dei detenuti e la sospensione delle condanne. Non può esserci il rischio di morire perché si è manifestato per la libertà, le donne e la vita”. Così dichiara all’agenzia Dire Lia Quartapelle, deputata del Partito democratico, a margine della presentazione alla Camera di un’iniziativa di patrocinio politico per i condannati a morte in Iran.

A tale iniziativa hanno aderito 81 parlamentari italiani di diversi partiti, coordinati da Quartapelle, insieme a due membri del parlamento tedesco, Hakan Demir e Ye One Rhie. Dopo le proteste scoppiate in tutto il Paese in seguito alla morte a settembre scorso della 22enne Mahsa Amini, migliaia di giovani manifestanti sono stati arrestati. Di recente l’ayatollah Ali Khamenei ha annunciato la grazia a varie decine di migliaia di prigionieri finiti in carcere per le proteste degli ultimi mesi, tra cui il regista di fama internazionale Jafar Panahi.

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A poche ore dalla conferenza alla Camera, Quartapelle e altri parlamentari hanno incontrato l’ambasciatore iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri. “Abbiamo preso atto dell’atto di clemenza delle autorità iraniane” ha riferito la deputata. “Vuol dire che le pressioni internazionali stanno funzionando, ma abbiamo chiarito che per noi non è abbastanza. Ci è stato detto che l’Italia è target di fake news”. Ma dall’Iran “non arrivano notizie né sulle condizioni carcerarie per i detenuti né sullo stato dei processi, come i reati di cui sono accusati e quando potranno difendersi. A Teheran chiediamo chiarezza”.

Infine, sollecitata dalla Dire sul caso di Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano-svedese che lavorò anche per l’Università di Piemonte orientale e che attende di essere giustiziato, Quartapelle replica: “E’ un caso diverso perché precedente agli arresti tra i manifestanti, tuttavia il parlamento non ha mai smesso di occuparsene nelle varie legislature. Anche per lui chiediamo al regime la sospensione della condanna e la sua liberazione”.

In conferenza stampa la deputata del Pd Sara Ferrari ha aggiunto: “Dall’ambasciata iraniana sono giunte notizie anche di una ‘normalizzazione della situazione’ in Iran, dopo le proteste di questi mesi. Sembra un tentativo per far venire meno l’attenzione sul Paese e quindi sulle violazioni dei diritti”. Un punto su cui torna anche Benedetto Della Vedova, senatore di +Europa, che esorta a non lasciare indietro non solo chi rischia la vita nelle piazze o dietro le sbarre ma anche “gli attivisti al lavoro per promuovere la libertà nel Paese”.

Fabrizio Dacrema, socio dell’associazione Auser, tra le realtà che hanno aderito alla campagna dei parlamentari e ha lanciato l’iniziativa ‘Adotta un prigionieto politico’, dichiara: “In Iran è in lotta tutto il popolo: giovani e donne, ma anche accademici, attivisti, lavoratori. È inaccettabile che già due condanne siano state eseguite”.

In video collegamento il deputato tedesco Hakan Demir ha aggiunto: “Siamo 340 parlamentari non solo del Bundestag ma di tutta la Germania a sostenere tale patrocinio. Siamo convinti che la società civile può giocare un ruolo”.

fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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