Quota 41, 41 bis e sociatria

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In un paese in balia di quota 41 e 41 bis, come ermeneuticamente rifulge l’eccellenza della sociatria?

Settimana dopo settimana, scrutiamo con curiosità le rassegne stampa. E, imbattendoci nelle notizie di testate grandi o piccole, su carta od online, se dovessimo dire quale numero paia ora predominare, senza esitazione indicheremmo il 41. Proprio, quello a cui la Smorfia napoletana associa il coltello – ‘o curtiello, sia posata o arma da attacco o da difesa, avendone ben donde in un paese attualmente sospeso tra quota 41 e 41 bis, con tutti i relativi dubbi, timori e aspettative.
Ad ulteriore complicazione di un annoso dibattito, l’opinione pubblica si trova infatti di fronte al momento in cui sono forse venuti al pettine tutti i nodi di entrambe le questioni. Quindi, niente di meglio di un buon coltello a rasule, un rasoio particolarmente pericoloso per via della sua lama molto ben affilata, servirebbe per recidere alla base ogni impedimento ad una soluzione. Decidere dunque, non più procrastinare. Vediamo perché.

Quota 41. Tanti lavoratori attempati vi ripongono speranza. Quasi tre anni e mezzo di anticipo del pensionamento per i nati negli anni Settanta, quasi due anni e mezzo per le coetanee. Tra i casi simulati, ecco i benefici massimi qualora Quota 41 venisse varata a partire dal 1° gennaio 2024. In questa ipotesi di riforma, gli attuali requisiti di pensione anticipata della Legge Fornero – 41 anni e 10 mesi per le lavoratrici, un anno in più per i lavoratori – si ridurrebbero a soli 41 anni di contribuzione, reputati insostenibili per l’aumento dell’attesa di vita (che ogni biennio adegua l’età del pensionamento, vale a dire l’età per poter andare in pensione, alla speranza di vita calcolata dall’Istat). Per ovviare a tale criticità, si potrebbe però considerare di andare in pensione a 62 anni o a qualsiasi età, ma con 41 anni di contributi. Questa, in estrema sintesi, la proposta che i sindacati di Cgil, Cisl e Uil hanno portato al tavolo con la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, tenutosi lo scorso 19 gennaio. Ovviamente un nulla di fatto, mentre in Francia divampava la protesta di piazza nei confronti di una riforma previdenziale ritenuta altrettanto iniqua. Si è solo trattato pertanto di un primo confronto del governo con le parti sociali, nell’ambito di un percorso che, come dichiarato a livello ministeriale, dovrebbe condurre nel giro di sei mesi al massimo a una bozza di riforma del sistema pensionistico, dopo avere consultato tra gli altri il Tesoro e l’Inps… , ed aggiungiamo, sempre che vi siano ancora le palanche.

41 bis. Altra vexata quaestio. Il clima si è fatto incandescente al punto che l’aula non è stata più grigia e sorda all’intemerata di Giovanni Donzelli contro la delegazione dem andati in visita all’indomito anarchico Cospito, che da mesi fa lo sciopero della fame in segno di protesta contro il regime di carcere duro cui è costretto. L’esponente di Fratelli d’Italia, vicepresidente del Copasir, ha affermato che le sue rivelazioni non erano affatto inerenti circostanze da mantenere segrete, rigettando ogni richiesta di dimissioni. In suo soccorso, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha poi reso un’informativa urgente alla Camera, dove non è mancato il fuoco di fila contrario delle opposizioni. Sotto accusa da parte di quest’ultime tanto Donzelli quanto lo stesso Nordio, non ritenuto esaustivo. Si palesano tuttavia enormi ombre sui motivi che possono aver spinto parlamentari del Pd ad andare a trovare Cospito e sulla conversazione tra quest’ultimo e un esponente del clan dei Casalesi, che ne avrebbe incoraggiato la battaglia contro quel famigerato 41 bis, introdotto «in via temporanea» con la legge Gozzini nel 1986 e poi ampliato con la strage di Capaci del 1992.
Si tratta soltanto della battaglia personale di un sottoposto al «carcere duro»? Oppure di un tentativo organico, a fini occulti, di rimettere in discussione un provvedimento entrato a far parte dell’ordinamento penitenziario e, da oltre trent’anni, divenuto uno degli strumenti più utilizzati in materia di criminalità organizzata? Il movimento anarchico intanto rialza un pò ovunque la cresta. Non entriamo nel dettaglio dei termini attuativi, aventi lo scopo di interrompere i legami dei detenuti con il mondo esterno e interno al carcere, quindi con l’associazione «criminale, terroristica o eversiva», ma riscontriamo che gran parte dei condannati al «carcere duro» ha commesso un reato di tipo mafioso, di terrorismo interno e internazionale. Tra quest’ultimi c’è si Alfredo Cospito, come pure i Br condannati per gli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi: Nadia Desdemona Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi. Ovviamente, boss mafiosi: Matteo Messina Denaro (a L’Aquila), Leoluca Bagarella (a Sassari), e ancora Filippo Graviano, Carlo Greco, Sandro Lo Piccolo. Molti anche i camorristi da Francesco Chiavone detto ‘Sandokan’ a Paolo Di Lauro. E ’ndraghetisti come Pasquale Condello ’u supremu. Più o meno, questa la bella schiera di stinchi di santi quanto mai desiderosa di trascorrere più lietamente la propria permanenza in galera…

Sociatria. Ebbene, quota 41 e 41 bis sono insomma solo la punta dell’iceberg contingente di problemi irrisolti che si tramandano di anno in anno e di Governo in Governo. E pensare che nel belpaese ci sarebbe pure chi si professa punta d’eccellenza del sapere sociale e, quindi, dovrebbe elargire pareri esaustivi, se non soluzioni di pronto impiego, in simili casi. È questa l’urgenza per cui sarebbe auspicabile che valutassero quanto possibile i veri sociologi, non inclini alla mera e desueta speculazione filosofica su natura e destini umani, alla fiducia in miserabili statistiche o nell’intuito.
Ossia coloro che, per dieci lunghi lustri, hanno realmente e direttamente esperito l’umanità, le società umane, nell’oggettività di migliaia di casi, almeno metà dei quali comprovati, per finalmente giungere a padroneggiare verità recondite. Fatte fuori le comuni smancerie, su Quota 41 e 41 bis essi non dovrebbero essere tranchant, genuinamente ispirati al senso del 41 nella smorfia, arrivando al dunque, facendo i fatti?
E se piuttosto dando come al solito i numeri, anzi ancora il 41, avessero capito che non è poi tanto semplice, preferendo ispirarsi a tutt’altro significato, quello angelico del fatidico numero? Cioè, quello per cui il 41 ti induce a guardarti dentro e capire cosa ti spinga veramente. Ti aiuterà a scoprire e comprendere cose su di te che ti condurranno sul sentiero della felicità e della realizzazione. Sarà per questo che, secondo le ultime vaghe novelle, alla faccia dei silenzi significativi, per paura di sporcarsi le mani, naturale tendenza a scansare le rogne o chissà cos’altro, come nel dramma di Victor Hugo, poi musicato da Verdi per il Rigoletto, per restare fedele alle sue più profonde passioni, “Le roi s’amuse”? Poco gli importa se il 41 sia o meno tra i numeri fortunati da giocare al lotto… Tra brume lagunari serenissime, ammaliarsi al canto dell’arte di bionde muse? Nei salotti capitolini coltissimi, far gaffe cui pubblicamente rimediare con immane profluvio?

Qual miglior clinica potrà mai sancire 41 volte di più il primato ermeneutico della sociatria?

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