Tra l’essere e l’apparire : intervista allo scrittore Antonio Lera

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Intervista a cura del Co-direttore Daniela Piesco 

Preferisco essere odiato per ciò che sono, piuttosto che essere amato per ciò che non sono.”

kurt Cobain

Pare scontata la frase “sii te stesso” perché forse viene normale chiedersi “perché, io non sono me stesso?”. Forse no, non sempre. Impariamo a indossare maschere, a rispondere a molti ruoli, a compiacere gli altri. Impariamo che possiamo essere migliori, diversi, che dobbiamo rispondere sia alle nostre aspettative che a quelle degli altri. Ecco perché ci vuole coraggio per essere sé stessi, perché è necessario riconoscere quanto la vita ci ha in realtà allontanati da noi da chi siamo veramente.Il coraggio è considerato il contrario della paura e viene associato ad immagini eroiche, forti o a qualcosa che sia visibilmente potente. Invece il coraggio, nel suo vero significato è forza del cuore, una forza che non si vede, un’energia che ci muove verso l’autenticità, la verità. Il coraggio è quando abbiamo la forza di essere noi stessi nel profondo. .

E dunque apparire o scegliere di essere?

È la domanda che ho posto allo scrittore Antonio Lera la cui risposta ha dato vita ad un lungo dialogo capace di penetrare le superficialità e le difese di cui solitamente ci facciamo scudo. Ascoltarsi  e rispondersi  a vicenda con autenticità è la chiave che aiuta a forgiare legami fra le persone.

ANTONIO LERA, Medico, specializzato in Neurologia e Psichiatria, Psicologo, Psicoterapeuta e Sessuologo, con Incarichi di Docenza presso le Università degli Studi de L’Aquila e La Sapienza di Roma ed appartenenze a prestigiose Società Scientifiche Italiane è anche Scrittore e Critico d’arte e letterario, Candidato al Nobel per la Letteratura negli anni 2020, 2021 e 2023, Candidato Al Neustadt International Prize for Literature 2023. Fondatore e Presidente di AGAPE Accademia Caffè Letterari d’Italia e d’Europa, che hanno fatto tappa in alcuni dei più prestigiosi CAFFE’ E LOCALI STORICI d’Italia e d’Europa. Fondatore di un Rotary Club e PastPresident di 2 Rotary Club Distretto 2090 Italia, è una delle figure maggiormente distintesi nel campo della cultura e letteratura contemporanea; la sua attività letteraria risente particolarmente della sua formazione medico-psicologica. Nell’ambito del suo percorso artistico si è Diplomato in: RECITAZIONE presso il Laboratorio Minimo Teatro di Ascoli Piceno, SCENEGGIATURA E REGIA presso l’Istituto Multimediale Scrittura e Immagine di Pescara, DOPPIAGGIO presso L’Accademia Flaiano di Pescara. Regista e Sceneggiatore di cortometraggi sul tema della salute mentale ed handicap, tra cui quello sul tema della salute mentale dal titolo VOGLIA DI STUPIRSI. Risulta incluso nell’elenco nazionale degli autori e scrittori dal 1998. Pubblicazione di articoli su numerose Riviste, testate in rete o cartacee. Vanta Iscrizioni ed appartenenze a: As.Pe.I., Associazione Pedagogisti Italiani; AMSI (Associazione Medici Scrittori Italiani); I LUOGHI DELLA SCRITTURA (San Benedetto del Tronto); SLOWFOOD (Condotta Valdaso-San Benedetto del Tronto). Past President dell’Associazione Amici della Cultura e Direttore Artistico dei Premi Letterari: “Roseto Giovani”, “Poesia: Medicina dell’Anima” e del “Festival di Letteratura Cinema e Fotografia Anfiosso”. Articolista per la Rivista Mensile L’Eco di S. Gabriele, dal 1997 al 2001. Scrittore, Operatore culturale e critico artistico. Ha scritto due romanzi e tre sceneggiature. Coautore di un Cd musicale: “CAPACE D’AMORE”. Ha organizzato e Presieduto nel 2011 il 60° Congresso A.M.S.I. (Associazione Medici Scrittori Italiani). E’ inserito nell’Antologia poetica della Regione Lazio, Assessorato alla cultura, LA POESIA NEL CASSETTO, edizione del 1989.

L’intervista

Medico, specializzato in Neurologia e Psichiatria, Psicologo, Psicoterapeuta e Sessuologo, con Incarichi di Docenza presso le Università degli Studi de L’Aquila e La Sapienza di Roma, Scrittore e Critico d’arte e letterario: un professionista poliedrico Antonio. Contesti diversi richiedono modalità di lavoro diverse?

Richiedono molto impegno e dedicazione che passa attraverso uno studio quotidiano ed un approfondimento e revisione sistematici del proprio sapere, che purtroppo è sempre insufficiente rispetto alle necessità del quotidiano professionale. In realtà penso che la mia passione per la scrittura sia un’appendice della mia passione professionale e che attraverso la scrittura e l’amore per l’arte io voglia continuare ad esercitare una funzione terapeutica e di conforto a quanti soffrono di disagio psichico poiché non riesco a mio avviso d aiutare come vorrei tutti attraverso il mio lavoro ed allora confido nella poesia per completare in qualche modo la mia mission di essere utile su questo pianeta con la speranza di migliorare un pochino le cose attorno a me. La via della guarigione inizia dall’amore per se stessi e da una maggiore consapevolezza del proprio Se, per approdare all’amore del benessere comune nel rispetto di ogni diversità.

La tua opera letteraria si muove all’interno dell’asse tempo/bellezza e risente particolarmente della tua formazione medico-psicologica delineando una prospettiva narrativo esistenziale che fa intravedere chiaramente percorsi non solo poetici ma soprattutto terapeutici collocabili “Tra l’Essere e l’Apparire”…

Io credo fermamente che CRONOS (il tempo) alla fine riconsegnerà ad AFRODITE (la Bellezza) una dimensione complessiva etico-estetica, nell’oscillazione tra Assoluto e Relativo, a volte ciò che sembra essere in realtà è solo apparenza, mentre ciò che sembra apparire in realtà è essenza, la poesia e l’arte possono operare quella sintesi che conduce oltre la superficie dei fenomeni e far si che i 2 lati opposti della stessa medaglia si incontrino verso la migliore versione possibile del sé, in cui Essere con la E maiuscola intendendo la parola Essenza ed Apparire intendendo la parola manifestazione fanno parte dello stesso costrutto esistenziale, in un’epoca dove tutto orienta al consumismo ed all’immagine e siamo indotti a paure, dubbi, condizionamenti, irretimenti, che spesso sembrano impedire di essere noi stessi soffocando le nostre reali potenzialità, portandoci quasi a vivere la vita nella maniera in cui altri hanno deciso per noi.

Apparire, in questo tempo, ha una valenza maggiore dell’essere. L’immagine è la prima cosa che si “spende” nel contattare l’altro. L’essere è l’identità della persona, la sua intima natura, ciò che si è; l’apparire è il mettersi in vista, sembrare, ma anche mostrarsi. Viviamo in una società, in cui conta più l’apparire rispetto all’essere o è l’essere a coincidere con l’apparire?

Il “trucco” della partitura artistica del poeta è di consegnare il lettore al momento presente, consentendogli di vivere pienamente il QUI ED ORA, allontanandolo dal pensiero consumistico che abbrutisce nel “io sono = ciò che ho e ciò che consumo”, allontanandolo dunque dalla posizione definita “stadio estetico” da Kierkgaard in cui l’uomo “è immediatamente ciò che è”, in cui l’uomo , cerca l’attimo fuggente della propria realizzazione rifiutando ogni impegno continuato (ovvero sceglie di non scegliere) rinunciando ad una propria identità e senso esistenzale. Per cui l’Essere implica lo scegliere, conquistando quel traguardo che Kierkgaard chiama “stadio etico”, che sceglie per sé la ricerca della normalità e della semplicità e non già l’eccezionalità.

Apparire migliori rispetto agli altri ci fa sentire meno soli? O credendoci migliori, ci illudiamo e ci costruiamo una maschera, in cui crediamo veramente? Ma alla fine non credi Antonio che la vita presenta il conto mettendoci in condizioni di riflettere e capire come effettivamente andrebbe vissuta?

Ogni opera poetica riguarda l’interiorità, il riflettere su di sé al fine di accrescere la propria consapevolezza e rispetto a tutte le altre forme artistiche, lo strumento poetico può riuscire meglio a suscitare una vera e propria catarsi, agendo nella profondità dell’essere e contribuire cosi pienamente al benessere psicofisico ed accrescere la qualità della vita delle persone.

La necessità di mostrarsi agli altri per essere accettati, ammessi, legittimati al bisogno d’amore conduce al travestimento per la recita di copione. Da dove nasce questo bisogno quasi spasmodico?

Una delle sensazioni che viene descritta nelle mie poesie è quella di percepire una certa riattivazione o rinforzo del contatto col proprio sé e della comprensione empatica dell’altro. Infine arriva forte la sensazione di avvertire come un effetto balsamico della poesia su alcuni punti dolenti, difficoltà criticità attraverso un effetto rielaborativo che riporta al centro la persona, all’interno di uno spazio intimo poetico, ridonante coraggio, espressività e consapevolezza di sé. In ultima analisi, un pronto soccorso poetico in cui gli strumenti terapeutici sono all’interno della parola poetica a turno, il rispetto, l’autoironia, la naturalezza, la spontaneità, l’armonia, lo stupore ed infine l’autenticità. Si potrebbe dire che l’autenticità è testimonianza dell’essere, mentre il travestimento legato alle necessità di dover e voler mostrarsi in un certo modo cui tu fai cenno è testimonianza dell’apparire.

Potremmo definire tutto ciò una malattia sociale?

William Shakespeare diceva: “Tutto il mondo è un palcoscenico e gli uomini sono soltanto degli attori che hanno le loro uscite e le loro entrate. E ognuno, nel tempo che gli è dato recita molte parti”. Concetto quest’ultimo ribadito da Pirandello in UNO, NESSUNO, CENTOMILA.
Apparire significa mostrarsi agli altri per essere accettati, ammessi, legittimati al bisogno d’esistere e dunque di essere. Inizia col primo vagito il lungo e a tratti doloroso viaggio che comprenderà oltre al travestimento la recita di un copione non scritto interamente da noi, perché Inseriti in un determinato contesto, ci assegniamo una maschera, magari non sempre quella più appropriata, muovendoci quindi secondo schemi ben definiti accettati non solo per convenienza ma anche per la mancanza di coraggio nel rifiutarli e a volte anche quando contrastano fortemente con la nostra natura e sotto quella maschera il nostro sé soffre per non urtare contro etichette e pregiudizi sociali della società, o per il solo quieto vivere.
La società contemporanea propone immagini-idolo ed apparire ha maggiore valenza dell’essere all’interno di una cultura fatta di modelli ed icone. Il mondo della pubblicità è la prova che viviamo in un mondo “preconfezionato” fatto di regole e format che ti inquadrano in un target o in un altro, fino ad imporre persino l’innalzamento automatico ed improvviso del volume televisivo. Il mondo dello sport poi si è allontanato moltissimo dallo spirito DeCoubertiano per cui oggi l’importante non è partecipare (quella partecipazione tanto cara a quel genio televisivo e teatrale di Gaber) ma vincere a qualsiasi costo in un meccanismo competitivo che rappresenta la regola a tutti i livelli, persino nei giochi di squadra dove sarebbe di gran lunga preferibile la cooperazione, la condivisione. Io propongo la Poesia come Antitodo ai mali del vivere e soprattutto come Fiocina di opportunità del benessere e chiudendo in cerchio, garantendo il benessere si viaggia verso la pace, prima quella interiore poi quella comune. La scrittura poetica più che ogni altra forma di espressione letteraria ed artistica, consente di ripristinare la relazione con se stessi, cui spesso si rinuncia nel processo di maturazione verso l’età adulta, rinunciando a quel fanciullino che Pascoli ha riportato a galla nella sua poetica e a quell’entusiasmo tipico delle prime fasi esistenziali che D’Annunzio ci fa ritrovare nelle sue opere. La mia è una ricerca costante della semplicità e del valore umano perché tutti noi possiamo mantenere la giusta elasticità mentale, con una mente aperta, postura esistenziale da cui il corpo possa trarre enormi benefici ed alfine essere più che apparire e garantire empatia tra le persone e tempi e spazi esistenziali migliori di prima”.

In rete dilaga una forma, quasi patologica, di narcisismo e di cultura dell’apparenza. Un qualunque pensiero, dal più allegro al più triste, viene pubblicato. Ma perché lo facciamo? È diventato un luogo comune? Ormai lo fanno tutti? Perché lasciamo andare l’importanza che ha l’individualità? Speriamo, forse, che condividere un sorriso ci renda più felici, o che condividere un momento di tristezza ci renda meno soli? Qual’è la tua opinione in merito?

Una pace da sempre inseguita e mai veramente ottenuta si cela in ogni mio angolo poetico,
che non s’illude mai dell’esistenza di tempi di pace, guardando in faccia una realtà che pone gli uni contro gli altri per l’esistenza di molteplici dividendi sul piano relazionale ed esistenziale,come il possesso dei beni, il denaro, la ricerca del successo personale a tutti i costi che significa in pratica rinunciare ad essere se stessi, rinunciare a vivere la propria vita, rinunciare alla pace, rinunciare ad essere e scegliere di apparire, divenire comparse mascherate dal senso di protagonismo che illude cosi bene di essere. L’apparire è così importante in questa società perché è l’emblema di uno status sociale. Apparendo come o meglio di altri, ci costruiamo una maschera in cui crediamo veramente che è quella del più appaio e più valgo. Cosi, tutti a sgomitare per apparire attraverso ruoli assai lontani da se stessi e look spesso esagerati e/o aggressivi, per lo più inadeguati ed insostenibili nel tempo che stanno generando sempre più copiosamente le nuove patologie psichiatriche, ovvero i disturbi di personalità, laddove impera l’Apparire per apparire, per piacere agli altri e non più l’Apparire per Essere. In questa postura esistenziale, stabilita in assenza di verità, apparire è l’esaltazione della distorsione della propria personalità dove in pochi tirano le fila di questo orrendo teatrare. D’altro canto, l’opera poetica riguarda l’interiorità, il riflettere su di sé al fine di accrescere la propria consapevolezza e rispetto a tutte le altre forme artistiche, lo strumento poetico può riuscire meglio a suscitare una vera e propria catarsi, agendo nella profondità dell’essere e contribuire cosi pienamente al benessere psicofisico ed accrescere la qualità della vita delle persone.

Luigi Pirandello “nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti” o Cesare Pavese “conta ciò che si fa e non quello che si dice”?

Conta l’urgenza di recuperare il senso vero del vivere, in cui la dimensione dell’amore appare prevalente su tutto ed è in essa che affondano le radici di un tempo necessario ed improrogabile per la pace, perché si è sempre in tempo per realizzare spazi di buoni intenti e di traguardi comuni di pedagogia e di civiltà profumati di buone relazioni umane. Essere partigiani di pace, coltivare i sentimenti che portano gli uomini al rispetto del pianeta e di tutte le creature e le cose che vi abitano.

Il grande Gatsby è una porta, che si apre in un sottoscala, dove si celano risposte, verità, messe da parte per non inquinare l’immagine che Gatsby ha creato di sé. Leggendo il romanzo del ventunesimo secolo, sembra che il tempo per certi aspetti si sia fermato…Cosa ne pensi?

Il fine giustifica i mezzi, di Machiavellica memoria, sembra condannare l’uomo alla ricerca di ricchezza, potere, gloria, fastosità, autocelebrazioni, narcisismo infarcito di assoluta indifferenza al vivere altrui ed invece lo condanna all’infelicità, al progressivo oblio dopo pochi attimi fuggenti sotto i riflettori. E’ la storia di chi riesce ad avere tutto, ma non essendo poiché ha fatto la scelta alla lunga insensata di apparire, perderà inesorabilmente tutto ciò che ha. Mentre colui che ha scelto la via dell’Essere pur non avendo apparentemente niente, avrà il tesoro più importante, esercitando il vero potere dell’uomo che è tutto racchiuso nell’essere, laddove in subordine l’apparire ha pure ragion d’essere. Attingendo al pensiero Cartesiano: “Valgo perché sono, non perché appaio”. Il tentativo che l’uomo mette in atto nella speranza di rallentare o fermare il flusso inesorabile dello scorrere del tempo potrebbe sembrare vincente ad un’analisi frettolosa ma la ricerca spasmodica di teatrini dell’Io alla lunga non paga. Ed è l’unità essere-apparire il vero traguardo esistenziale che scongiura di rimanere intrappolati nel campo dell’avere/mostrare o “dell’apparire avendo” e che blinda il tempo esistenziale in relazione all’unità e non all’unicità della natura umana, nella dimensione del NOI.

Lo scorso dicembre , sempre con il tema “Tra L’Essere e L’Apparire – Il Tempo E La Bellezza”, a Padova al Caffè Pedrocchi si è aperto il tour 2023 del FESTIVAL AGAPE CAFFÈ LETTERARI D’ITALIA E D’EUROPA “UNITI PER LA PACE NEL RISPETTO DI OGNI DIVERSITÀ”, che avuto un enorme successo in tutti i precedenti incontri tenutisi nei più importanti caffè storici Italiani .
Puoi parlarcene?

Sono molto orgoglioso sempre per la ragion d’essere e non d’apparire, di aver fondato e di aver presieduto l’associazione AGAPE CAFFE LETTERARI D’ITALIA E D’EUROPA, fondata sulla scorta del movimento culturale ARTISTI E POETI BENEDETTI, con tappe prestigiose nei più bei caffe’ e locali storici: Caffè Florian di San Benedetto del Tronto, Meletti di Ascoli Piceno, Pedrocchi di Padova, Caffè Dante di Verona, Caffè degli Specchi di Trieste, Caffè San Marco di Trieste, Rivoire di Firenze, Gran Caffè Gambrinus di Napoli, Horafelix di Roma, Enoteca Letteraria di Roma, Sala Rossa Comune di Pesaro, L’Isola di Arturo (Vineria Letteraria) di Procida, La Locanda del Postino di Procida, Sea Bar di Procida,
GranCaffè Quadri di Venezia, Le Giubbe Rosse di Firenze, Arte della Seta di Firenze, Paszkowski di Firenze, Caffè Greco di Roma, Caffè Letterario Ostiense di Roma, Museo del Corallo di Napoli, Casina Pompeiana di Napoli, Il Tempo del Vino e Delle Rose di Napoli, Antica Legatoria Artigiana di Napoli, Lucaffè di Ferrara, Minotauro di Verona, Cibo per la Mente di Taranto, Dandy Letterario di Bologna, Notturno Sud di Bologna, Caffè Letterario a Palazzo Mauri di Spoleto, Palazzo Fibbioni de L’Aquila, Kursaal di Giulianova,
Loggiato Belvedere di Giulianova, Villa Comunale di Roseto degli Abruzzi, Villa Filiani di Pineto, Villa Flaiani di Alba Adriatica, Palazzo del Mare di Roseto degli Abruzzi, Pasticceria Piero Teramo, Empatia di Teramo, Harena di San Benedetto del Tronto. L’idea nata nel 2011, ha portato a raccogliersi dapprima solo presso i cenacoli Marchigiani ed Abruzzesi i fondatori del caffè letterario ed alcuni artisti e scrittori, fattisi portavoce delle istanze culturali e sociali e politiche per spaziare poi in tutta Italia ed in alcuni caffè storici d’Europa, testimoniando la nostra epoca e realizzando come si faceva un tempo, forme di cultura, vetrine sul mondo, spaccati di vite artistiche e letterarie, storia, arte e cultura delle varie città. Già da tempo immemore, quella dei caffè letterari non ha mai rappresentato e non rappresenta una moda, un rito né tantomeno un mito, poiché gli incontri radunano personaggi talentuosi, giornalisti, pensatori ed artisti. Un punto di incontro di scambio di idee dal quale passano importanti tendenze letterarie in una crescente diffusione nel nostro Paese di incontri culturali, affinché la tradizione letteraria Italiana ed Europea si accresca e non viva soltanto di ricordi. Le presentazioni letterarie ed artistiche collettive obbediscono ad un pensiero il mio per cui si approda alla Gioia solo collettivamente, ben sapendo che la felicità individuale è transitoria ed effimera, rifugiandoci nella consapevolezza della nostra dimensione umana “che quel che più conta è che non c’è potere ne gloria salvo che che in Dio”.

One Reply to “Tra l’essere e l’apparire : intervista allo scrittore Antonio Lera”

  1. Antonio Lera ha detto:

    Ringrazio il CoDirettore Daniela Piesco per la pregevole intervista sul Corriere Nazionale

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