Lavoro nel turismo, il duro colpo inferto dalla pandemia alla Spagna

Economia & Finanza

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Secondo El Pais lo scorso anno accademico gli iscritti alle facoltà legate al turismo e all’accoglienza sono stati 5.800 in meno rispetto al 2015 (da 26.500 a 20.700)
© INGOLF HATZ / CULTURA CREATIVE / CULTURA CREATIVE VIA AFP

 

AGI – “La pandemia, che ha colpito in modo particolarmente duro il settore del turismo, ha dato il tocco finale alle sue stesse professioni, compresa quella dell’ospitalità, il principale motore economico del Paese”. Lo afferma il Paìs che rivela come lo scorso anno accademico “gli iscritti in questa specializzazione sono stati 5.800 in meno rispetto al 2015” (da 26.500 a 20.700). La maggior parte di loro, 18.000 in tutto, studia Turismo, ma ci sono anche pochissime lauree in Hotel Management. Secondo il quotidiano, poi, il divario è destinato a crescere ancora.

Inoltre, secondo i dati del Ministero dell’Università, il tasso di occupazione ― cioè, il numero di posti occupati sul totale offerto nei quattro anni di laurea ― nelle lauree afferenti a questo settore era del 42,2% nell’anno accademico 2015 ma solo il 20% dei laureandi è stato ritenuto idoneo. Insomma, nel turismo e nell’ospitalità si registra “un calo di oltre 20 punti in questi ultimi cinque corsi, derivato da un calo di oltre il 25% degli iscritti rispetto al 2016-2017 mentre, invece, con un aumento dell’1% nei luoghi offerti”, spiega l’ultimo rapporto annuale della Knowledge and Development Foundation promosso dalle grandi aziende spagnole.

“L’offerta ha mostrato rigidità e scarsa adattabilità ai cambiamenti intervenuti nelle preferenze e nella domanda dei potenziali studenti universitari, visto che il calo di tale domanda è avvenuto più rapidamente in tempi di pandemia e l’offerta non ha saputo rispondere con sufficiente tempestività”, si legge nel documento. Dei 46 centri pubblici dove si può sostenere, solo 10 chiedono più del cinque, che è poi il voto minimo. Racconta il Paìs che “la prima business school è stata aperta nel 1957 a Madrid e fino al 1997 gli studi sul turismo non facevano parte del sistema universitario, ma dipendevano dal Ministero dell’Informazione e veniva concesso un titolo professionale. Quando in quell’anno è stato creato il diploma triennale, molti atenei hanno aggregato alla sua rete i centri privati, e nel 2010 è diventato un corso di laurea quadriennale”.

Antonio Guevara, decano del turismo presso l’Università di Malaga e anche presidente della Conferenza dei presidi, sostiene che “con la pandemia ci sono persone che hanno visto come è crollato il settore del turismo e hanno deciso di abbandonarlo nonostante l’offerta in eccedenza”. Infatti, nel 2021 il settore del turismo ha generato 97.126 milioni di euro (8% del Pil) e 2,27 milioni di posti di lavoro (11,4% del totale), la maggior parte dei quali, però, poco qualificati.

Il presidente dei rettori è favorevole invece ad una forte selezione nel numero delle lauree: “Se in un certo luogo non c’è richiesta per avere la laurea, il corso non va mantenuto, ma è una decisione molto pesante perché colpisce gli interessi di molti. Ma questa è una diretta conseguenza dell’aver sovradimensionato certi studi”.

Tanto più che molti albergatori, alla fin fine, “hanno studiato semplicemente Giurisprudenza o Economia”, annota il quotidiano.

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