La Grecia vuole estendere i confini marittimi e sfida (di nuovo) la Turchia

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La complessa partita si intreccia con un conflitto analogo e parallelo tra Egitto e Libia, con al centro lo sfruttamento delle ricche risorse di idrocarburi del Mediterraneo Orientale
© Mustafa Kamaci / Anadolu Agency via AFP – Il premier greco Mitsotakis e il suo omologo turco, Erdogan

 

AGI – Il governo greco avrebbe pianificato un’espansione delle proprie acque territoriali di 12 miglia nautiche a sud e ovest dell’isola di Creta. Una mossa che potrebbe mandare alle stelle la già altissima tensione nel Mediterraneo Orientale. A riportare la notizia media greci, secondo cui la decisione sarebbe già stata presa dal governo di Atene, deciso a guadagnare così consenso rispetto alle elezioni del prossimo anno con un provvedimento che tocca uno dei temi più sensibili presso l’opinione pubblica: la contesa con la Turchia nel Mediterraneo orientale.

Tuttavia, alla base della mossa di Atene, vi sarebbe anche la decisione unilaterale presa dall’Egitto lo scorso 11 dicembre di delimitare il confine marittimo occidentale con la Libia, oltre alle attività di ricerca di idrocarburi fatte partire dalla compagnia americana ExxonMobil al largo dell’isola.

Exxon sin dall’inizio dello scorso novembre ha portato avanti attività di ricerca in due diversi lotti al largo di Creta. Ricerche che non sono piaciute a Tripoli, dove il governo ha reagito accusando i greci di tenere “comportamenti irresponsabili”. Una situazione che è anche il risultato delle polemiche per l’accordo concluso quest’anno a settembre dal governo turco con il governo libico con sede a Tripoli che riguarda ricerca ed estrazione di petrolio e gas in Libia. Accordi definiti “illegali” dal governo di Atene, che ha annunciato contromosse presso le sedi opportune.

“Paesi terzi non hanno diritto a interferire”, aveva tuonato il ministro degli Esteri turco. Una cooperazione siglata a quasi tre anni dal primo protocollo d’intesa, ma ora viene riconosciuta alla Turchia la legittimazione ad estrarre e sfruttare gas e petrolio in territorio libico e affermare la propria presenza fino alle acque, non a caso, a sud di Creta.

I fronti aperti tra Atene e Ankara

Proprio la reazione della Turchia alla mossa di Atene costituisce il più grande punto interrogativo, considerando le continue polemiche tra i due Paesi. Nel mirino di Ankara sono finite le violazioni dello spazio aereo da parte degli aerei da guerra greci, le recenti esercitazioni militari greche nel Mediterraneo Orientale ad appena 84 chilometri dalla costa turca e gli armamenti, in gran parte forniti dagli Stati Uniti, che il governo di Atene ha deciso di schierare sulle isole violando i trattati in vigore.

Due mesi fa i droni turchi hanno fotografato l’esercito greco schierare mezzi militari ricevuti dagli Usa sulle isole di Samos e Lesbos, in prossimità della costa turca. Secondo Ankara inoltre negli ultimi due giorni circa 460 migranti sono stati salvati nell’Egeo dopo essere stati respinti dalla guardia costiera greca e secondo la denuncia della Turchia e di diverse organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, sarebbero circa 20 mila i migranti respinti illegalmente da Atene in Turchia nel 2022.

La Grecia ha insistito con gli Usa affinché non cedano ad Ankara i nuovi F16 e chiede il riconoscimento dei diritti di sfruttamento di risorse energetiche all’interno di una piattaforma continentale di dimensioni su cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non avrebbe mai ceduto, e considerando le elezioni del 2023 non cederà.

Erdogan ha polemizzato con la Casa Bianca per aver permesso al premier greco Kyriakos Mitsotakis di fare un discorso dinanzi il Congresso americano durante il quale il premier ha chiesto di negare gli aerei da guerra F16 che Ankara attende dagli Stati Uniti per un accordo Nato. Dopo l’intervento di Mitsotakis, Erdogan ha dichiarato che per lui il premier greco “non esiste piu” e dallo scorso maggio il dialogo si è bloccato e la tensione non ha fatto altro che salire.

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