“Fame e diritti sotto attacco, vi racconto l’Afghanistan al collasso”

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La testimonianza, di ritorno da una missione a Kabul, di Susanna Fioretti, presidente di Nove Onlus, una delle poche Ong italiane che operano ancora in Afghanistan sulla base di accordi raggiunti con i talebani, tornati al potere nell’agosto 2021

di Veronique Viriglio

Una donna a Herat, in Afghanistan

 

AGI – “In un Paese allo stremo delle forze per povertà e fame, mi sono trovata davanti a situazioni in evoluzione, a tratti paradossali. Da un lato spazi di libertà e diritti sempre più limitati, dall’altro alcune componenti del governo talebano mostrano segnali di apertura, a riprova di divisioni interne”. A parlare all’AGI di ritorno da una missione a Kabul è Susanna Fioretti, presidente di Nove Onlus, in attività dal 2012 e una delle poche Ong italiane che operano ancora in Afghanistan sulla base di accordi raggiunti con i talebani, tornati al potere nell’agosto 2021.

Una missione di terreno e di trattative con diversi ministri che si è svolta mentre dal Paese asiatico è giunta la notizia della prima esecuzione capitale.
Un atto dimostrativo che si è verificato in uno stadio affollato della provincia sud-orientale di Farah, in presenza di un folto pubblico, tra cui i principali ministri e leader talebani, attuata in piena applicazione della legge islamica, la Sharia, come del resto preannunciato lo scorso 14 novembre.

Crescono le restrizioni alla libertà delle donne

“Sparizioni forzate, niente diritti per i prigionieri, punizioni corporali, esecuzioni capitali sono la prova del pugno duro delle autorita'” sottolinea la cooperante italiana, confermando che rispetto alla sua ultima visita, lo scorso maggio, sono aumentate le restrizioni alle libertà femminili. “Prima per le afghane l’obbligo di coprirsi il volto era contenuto in un editto solo verbale, mentre ora, oltre a non poter andare a scuola, a ragazze e donne è vietato l’accesso ai parchi, fare sport, anche nei luoghi riservati solo a loro” riferisce Fioretti. Lei invece, da straniera, durante la sua permanenza a Kabul non ha mai dovuto coprirsi il volto né per strada né nei ministeri, e nella capitale le è sembrato che i checkpoint sono più fluidi, i controlli meno rigidi.

Nei ministeri Fioretti si è invece trovata di fronte a dinamiche contrastanti, emblematiche delle due, o forse più anime, all’interno del governo dominato dai talebani. “Ero seduta sul divano e ho sentito una voce alle mie spalle. Era quella del ministro che mi parlava e non mi ha mai guardato in faccia. Ho avuto l’impulso di voltarmi, ma poi non l’ho fatto poiché la posta in gioco è troppo alta” racconta la presidente di Nove Onlus.

Il ministro in questione è quello del Lavoro e Affari sociali, Mula Saranwal Abdul Wali, un talebano anziano e non sposato. Totalmente diverso l’atteggiamento del ministro del Commercio, Alhaj Noorudin Azizi, che ha guardato la cooperante italiana dritto negli occhi, riferendole che non c’è alcun tipo di limitazione nei lavori femminili, a patto che si rispettino le regole della Sharia, ovvero il volto coperto e che non ci sia un uomo nello stesso luogo.

I dissidi nel governo talebano

Al momento in Afghanistan manca proprio un quadro legale che regolamenti il lavoro delle donne, ovvero stabilisca le professioni consentite e quelle vietate in base alle nuove norme. Il vice ministro per la Gestione delle catastrofi, Molvi Sharafuddin Muslim, ha affermato che “le donne hanno lo stesso diritto di lavorare degli uomini”. Da quanto osservato da Fioretti, parte delle componenti del governo vorrebbero alleggerire le regole, aprire ad una visione forse meno fondamentalista, ma non vogliono o forse non possono farlo capire all’esterno.

Per lo stesso motivo non tutti gli accordi presi con Ong e altre realtà straniere si possono divulgare. Tuttavia sbandierano la loro trasparenza e la totale assenza di corruzione nelle istituzioni talebane. “Effettivamente, finora, in cambio della firma di accordi per portare avanti i nostri progetti a sostegno di ragazze, donne e bambini orfani, non abbiamo mai ricevuto richieste di favoritismi” riferisce la responsabile di Nove Onlus, operativa in Afghanistan con sole altre tre italiane, Emergency, Intersos e WeWorld.

Le operazioni di Nove Onlus

Grazie a un accordo ufficiale siglato col ministero del Lavoro e degli Affari sociali, Nove Onlus opera nell’orfanotrofio di Kapisa, un progetto interamente sostenuto da OTB Foundation (Only The Brave), davvero cruciale per garantire pasti, cure, istruzione e sport a ragazzi che altrimenti verrebbero sfruttati e maltrattati.

Sulla base di un accordo col ministero per la gestione dei disastri, stanno prendendo il via il progetto Dignity/Donne in emergenza – sostenuto da Trust nel nome della donna – e un’altra operazione piu’ ampia distribuzione di soldi in contanti, legna, cibo ed altri beni essenziali a famiglie estremamente povere. Nove Onlus svolge inoltre attività e progetti ‘sommersi’ nel settore dell’educazione e della formazione, in prima linea con bambine, ragazze, donne e famiglie in difficoltà. Un sostegno vitale quello dato alle afghane e agli afghani in un contesto di crisi spaventosa, e quando l’attenzione della comunità internazionale – che in buona parte ha rotto i ponti con le autorità talebane – è rivolta verso altri scenari.

Dalla sua ultima missione a Kabul, Fioretti riporta a Roma racconti e immagini davvero dolorose di madri che addormentano i propri figli per non far sentir loro la fame, di un incremento dello sposalizio di bambine anche di 10 anni proprio dettato dalla necessità vitale di dare da mangiare ad altri 5-6 fratelli o sorelle, di forte depressione, tristezza e angoscia negli adolescenti tra 12 e 18 anni – peggio se ragazze – che vivono in un isolamento totale, senza alcuna speranza per il futuro.

Se alcune ragazze continuano a studiare da sole in casa o aiutate da parenti, al momento non hanno diritto di sostenere le sessioni di esame, rimanendo quindi indietro, mentre c’è incertezza sulla riapertura delle scuole a marzo 2023, quando riprenderà il nuovo anno scolastico dopo il periodo di ferie, e addirittura girano voci sul rischio di chiusura delle università per loro.

Un Paese allo stremo

L’Afghanistan poi nell’ultimo anno e mezzo, in realtà già prima, ha perso i suoi cittadini più competenti, rifugiati all’estero, affossando ancora di più il Paese al collasso, in particolare nel settore sanitario, che registra un netto aumento della mortalità materna e infantile. Senza appello i bilanci ufficiali delle varie istituzioni Onu: nel 2022 fino al 97% della popolazione afghana è sotto la soglia di povertà, in 900 mila hanno perso il lavoro, i disoccupati sono il 70% e almeno in 19,7 milioni – il 50% – patiscono la fame acuta, totalmente dipendenti da aiuti internazionali.

Secondo l’ultimo rapporto di Save the Children, più di 13 milioni di bambini necessitano di assistenza umanitaria. “Non dimentichiamoci dell’Afghanistan, teatro di una catastrofe di pari o maggiore gravità rispetto ad altre in corso. Le afghane hanno protestato a sostegno delle donne iraniane, ma loro se la passano peggio”: in conclusione è questo l’accorato appello lanciato dalla presidente di Nove Onlus.

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