Utenti di Twitter in fuga verso Mastodon: la rete social “non in vendita”

Economia & Finanza

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Poco noto al grande pubblico fino alla fine di ottobre, il social sta vivendo un’impennata di popolarità tra gli internauti preoccupati per il futuro della piattaforma di microblogging di Elon Musk

di Alessio Nisi

Logo di Mastodon

AGI – Dopo l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk, alcuni utenti, insoddisfatti o preoccupati per le misure annunciate dal nuovo capo, hanno deciso di migrare verso altre piattaforme. Dall’indignazione per il massiccio piano di licenziamenti all’interno del gruppo al timore di un’ondata di estremismo, per non parlare dell’opposizione al modello di abbonamento a pagamento voluto da Musk, i motivi di recriminazione sono numerosi.

Secondo Carola Frediani, giornalista esperta di temi legati alla cybersicurezza, sono due in particolare le community che stanno migrando verso Mastodon, quella dei giornalisti (soprattutto internazionali o che seguono temi digitali) e quella della cybersicurezza internazionale. “L’istanza dedicata alla cyber dove mi trovo è passata da avere 180 account attivi un mese fa a 32mila”, scrive Frediani.

Creata nel 2016 dallo sviluppatore tedesco Eugen Rochko, la piattaforma si presenta, si legge sul profilo di  Richko, come un “social network decentralizzato gratuito e open source” senza alcuna pubblicità. In concreto, permette a ogni utente di unirsi alla comunità di sua scelta in base ai propri interessi, con la comunità che stabilisce le proprie regole.

Mastodon, che dichiara di essere “non in vendita”, di fatto è una rete di server indipendenti, chiamati anche istanze. I membri possono interagire a condizione che le regole di moderazione dei rispettivi server siano compatibili.

Diversi utenti, tentati dall’esperienza, dicono di essere scoraggiati dall’aspetto poco intuitivo della piattaforma, sottolineando in particolare la difficoltà di creare un account. Altri si rammaricano del fatto che la moderazione dei contenuti è lasciata alla sola discrezione degli amministratori del gruppo, evidenziando il rischio di decisioni arbitrarie.

“Le caratteristiche di Mastodon – ha scritto sempre Cosenza- lo rendono adatto ad un pubblico che dà molto valore all’assenza di pubblicità, di tracciamento e di un controllo centrale rispetto alla facilità di apprendimento e utilizzo. Si tratta di una nicchia, il cui nocciolo duro è costituito da ‘antagonisti del sistema’ e appassionati di tecnologia. Tutti gli altri vengono inevitabilmente frenati da una curva di apprendimento poco ripida”.

Le altre alternative

Mastodon non è l’unica alternativa però. Altre piattaforme potenzialmente interessanti per chi vuole lasciare il microblogging dell’uccellino sono in fase di sviluppo. È il caso di Bluesky, il nuovo progetto del cofondatore di Twitter Jack Dorsey, che a fine ottobre ha dichiarato di avere 30mila utenti in lista d’attesa, o di Cohost, che promette che i dati personali dei suoi utenti non saranno mai venduti.

Piattaforme più consolidate, come Tumblr o l’applicazione di chat audio Clubhouse, hanno registrato un picco positivo, una ripresa di popolarità nelle discussioni online.  Per il momento, non c’è alcuna indicazione che queste alternative a Twitter siano però in grado di competere, e tanto meno di superare, il network dell’uccellino blu, che alla fine di giugno contava quasi 238 milioni di utenti attivi giornalieri.

“Non credo – sostiene Vincenzo Cosenza – che Mastodon riuscirà ad attraversare il burrone, per dirla con Geoffrey Moore, ma forse stimolerà nuovi competitor (Tumblr ha annunciato che utilizzerà il protocollo ActivityPub) o forse lo stesso Twitter a fare meglio”.

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