Intervista a Cristina Mantisi: C’è Sociurgia nella Digital Art?

Arte, Cultura & SocietàLiguria

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Forse meditando sulla risposta a questa domanda, la savonese Cristina Mantisi ha aderito all’invito da parte del M° Ettore Gambaretto alla mostra “Sociurgia – dall’Opera d’Arte all’Opera Sociale”, di cui si svolgerà la cerimonia di chiusura domenica  20 novembre, presso la Confraternita dei Battuti a Bubbio, come annunciato dal recente articolo su questa testata. In una intervista esclusiva, l’artista ci espone il senso della propria ricerca in campi innovativi della creatività, non mancando di prendere posizione circa altrettanto innovative concezioni che, attraverso la loro declinazione artistica, stanno entrando prepotentemente nel dibattito sociale. Inoltre presentiamo una galleria d’immagini delle sue opere.

D: Qual è oggi a parere tuo la funzione sociale dell’artista? Può esprimere un valore in termini di “Sociurgia” (*)?

R: Credo che l’artista possa contribuire con le sue creazioni a svolgere un’opera sociale quando queste divulgano il proprio pensiero alla collettività. Interagire con gli altri è importante altrimenti ogni opera rimane confinata in una dimensione astratta e a-sociale.

Geometrie lunari in notturno

D: L’arte può rappresentare una cura dei mali di questo mondo corrotto?

R: Tutta l’arte, dalla musica, alla pittura, al teatro e via di seguito, possono essere il mezzo di comunicazione col mondo intero. L’arte unisce i popoli, di fronte ad essa non ci sono barriere di razza, di pensiero politico. Una constatazione mi sorge, però, spontanea: se l’arte unisce i popoli, l’arte non fa parte di quella parte di mondo che lo distrugge e ci rende nemici.

Farfalla

D: La vera arte prevede un codice d’onore per il quale il messaggio sotteso alla propria opera vale per l’artista con lo stesso senso sacro della parola data?

R: Il messaggio deve essere sincero, partire dal cuore e arrivare al cuore. Quindi, sì, equivale alla parola data.

Ordito d’attese

D: L’arte è una risposta concreta alle tante parole vuote di larga parte di intellettuali e politici?

R: Sì, l’arte è un messaggio concreto, reale, manifesta ciò che siamo e cosa vogliamo trasmettere. La maggior parte dei politici adoperano un linguaggio non sempre trasparente.

L’occhio

D: La vera arte, nel caso tuo pittura e scultura, ha prima di tutto un valore di rappresentazione o uno di catarsi?

R: Sento l’arte, come la scrittura (ho scritto poesie per anni), un momento di liberazione, qualcosa che esce dall’anima. Il più delle volte nasce da sola. Quindi sì, ha un valore catartico. Quando vuole essere soltanto una rappresentazione (qualcosa di non sentito, ma attuato per un tema proposto) il pezzo realizzato non ha anima e credo che questo si senta e si possa vedere.

D: Tornando alla seconda domanda, se introduciamo il concetto di sociatria (**), mi pare che anche tu ti ponga sul fronte della sua affermazione nell’arte e con l’arte. Questo nella misura in cui la sociatria, attraverso l’arte, può generare una via di verità, alimentando la mente, rieducare o, quantomeno, scongiurare la crescente e pericolosa carenza di pensiero, oltre che tendere ad avvicinare la persona alla virtù, sino a ritrovare in senso un più ampio un rispetto dell’umanità. Più in generale, c’è l’attenzione posta verso l’apertura ad una visione culturale ampia, dove possibili intersezioni fra gli ambiti morale, artistico, economico, educativo, giuridico, religioso…, se da una parte spronano l’individuo alla risoluzione del contrasto di turno, dall’altra schiudono un percorso di crescita. Che cosa ne pensi?

R: Vorrei che l’arte non fosse ristretta ad un solo campo visivo e cognitivo: la pittura per la pittura, la musica per la musica, le letteratura per la letteratura, ma interagissero contribuendo ad una visione di crescita più globale. Cito la relazione di Marco Pennone sulla Zattera di Medusa: è stato un ampliamento inserito in una mostra d’arte che ho trovato di grande interesse culturale. Indispensabile, quindi, una visione sulla storia dell’Arte attraverso i secoli inserita nel contesto della vita sociale dell’umanità in quel determinato periodo storico. Una storia che abbracci la Terra in un determinato momento.

Petali mossi dal vento di primavera

D: Viviamo un’era di repentine mutazioni, contraddittorie e talora devastanti, che si riflettono su espansione demografica, mercati finanziari ed economici allargati, nuove tecnologie e mezzi di comunicazione, ecc. che se da un lato uniscono, omologando, dall’altro dividono e annientano, non garantendo dalle molteplici forme del conflitto. C’è chi ha battezzato questa era “Globantropocene mediatizzato”(Globalizzazione+antropocene+mediatizzazione), ti pare un termine rispondente o una iper-aggettivazione senza costrutto?

R: Indubbiamente viviamo in un’era in cui i media elettronici hanno reso possibile ricevere e comunicare informazioni con luoghi della Terra lontanissimi, arrivando anche a condizionare scelte e decisioni di un luogo sperduto dalle esperienze di altri. Cito il «villaggio globale» così definito dallo studioso canadese Marshall McLuhan. L’idea di un mondo più vicino mi piace molto sebbene possa avere i suoi risvolti negativi quando l’informazione viene pilotata. La globalizzazione, invece, ha impoverito molte realtà ricche di tradizioni culturali secolari. Purtroppo l’uomo sta condizionando negativamente e con effetti catastrofici il nostro pianeta. Si dovrebbe raggiungere una forza umana rivolta a realizzare la salvaguardia del pianeta lasciando da parte i meschini interessi politici, capitalistici e guerrafondai di sopraffazione per diventare cittadini della Terra, collaborando tutti insieme. Così come per l’Arte, un impegno preso dall’umanità e rivolto all’intera umanità.

Edoné


L’ARTISTA SI RACCONTA COSI’

Il mio percorso inizia con la scrittura ottenendo ottimi riconoscimenti nei concorsi letterari. Successivamente frequento per anni un Circolo della ceramica ad Albisola e, contemporaneamente, mi dedico alla pittura prediligendo i colori acrilici. La Digital Art è un’espressione artistica a cui mi sono appassionata ormai da anni; nata dall’unione della pittura, della fotografia (di cui sono appassionata) e dalla tecnica computerizzata: poter guardare la realtà con occhi diversi, come quando si stendono sulla carta i segni di parole che diventano poesia, mi offre molteplici possibilità creative. Ho partecipato a molte mostre d’arte sie in Italia che all’estero. Alcuni miei lavori appaiono su riviste d’Arte, tra le ultime cito ExpoArt e Policromia (presentata ogni anno alla Fiera del libro di Francoforte) Nel mio bagaglio di esperienze posso citare un corso di volo aeronautico, danza indiana, danza africana, pianoforte… il premio Rustichelli per la realizzazione di un soggetto per un corto. Sono sempre stata affascinata dai segni, dalle culture di altri popoli, dai loro colori. In ogni segno traspaiono un’emozione, una vita.

Cristina Mantisi

NOTE:

(*) “Sociurgia” . In alcuni ambienti della società civile, culturali ed artistici si sta discutendo e portando avanti la concettualizzazione di un termine innovativo: «Sociurgia» (un nome composto ibrido, latino e greco, che da societas, ossia «società», + ἔργον, ossia «opera», letteralmente significa «opera sociale»). Si denota quindi una funzione sociale attiva, operante, in cui la promozione e la divulgazione costituiscono una dimensione che sul fronte di cultura, arte, tradizione… inferisce tutto il resto, la conoscenza, la curiosità, la relazione, i valori sociali. Quella interdipendenza naturale, necessaria, etica che non concepisce cultura, arte, ossia tutto ciò che attiene lo spazio dello spirito, appunto, come luogo a parte, elitario e autoreferenziale, ma come bene pubblico. Mezzo comune di progresso e civiltà. Forse nulla di sostanzialmente nuovo, ma una rinnovata dialettica tra contenuti e forme, utile a creare movimento per recuperare dal passato insegnamenti, dalla presente nuova linfa e tentare di oltrepassare contraddizioni sotto gli occhi di tutti.

(**) Sociatria deriva da due termini: sŏcius, che in latino significa “amico” o “alleato”, mentre iatreia deriva dal vocabolo greco che corrisponde a “terapia” o “guarire”. Nella lingua inglese. il termine “Sociatry” fu ideato da Jacob Levy Moreno, uno psichiatra rumeno, naturalizzato austriaco e statunitense, che, a metà del XX secolo, concepì innovative teorie e metodi basati su una nuova forma di ricerca attiva (action methods), oltre che su un nuovo approccio sistemico della psichiatria sociale. Fu, infatti, il creatore dello psicodramma, del sociodramma, della sociometria e di quella che egli chiamò la sociatria, la cura della società attraverso il gruppo.

 

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