Il Movimento 5 stelle si riorganizza in Parlamento ma molti della vecchia guardia di comunicazione e legislativo sembrano dover rimanere fuori
di Marvin Ceccato
– Giuseppe Conte
AGI – Ilaria Loquenzi dentro, Andrea Cottone fuori. Il Movimento 5 stelle si riorganizza in Parlamento ma molti della vecchia guardia di comunicazione e legislativo sembrano dover rimanere fuori. Nessuna ufficialità ma le voci restano insistenti.
Intanto, stamane ha parlato con l’Agi lo ‘storico’ Nik il nero: il Movimento 5 stelle “lo hanno stravolto e non è una questione di soldi. M5s mi scorre nelle vene ma non c’è più e non saprei nemmeno per chi votare la prossima volta alle politiche”, dice Nicola Virzì, all’indomani della rivoluzione – annunciata da settimane soprattutto alla Camera – per cui molti comunicatori pentastellati non vengono riconfermati. Sovrannumero? “Forse ma non è questo il modo”, dice a proposito del fatto che nessuno è stato avvisato del fatto di essere lasciato a piedi.
Sono cambiate tante cose, l’unica rimasta è il vincolo dei due mandati. Ora abbiamo una sede, una diversa organizzazione. Vogliamo rifare i vecchi partiti? Un grave errore“, nota l’attivista di sempre del Movimento e videomaker 5 stelle, ogni volta in prima fila e da sempre compagno di viaggio di Beppe Grillo.
Le ultime elezioni? “Non sono state una grande vittoria, ma una vera sconfitta del Pd. In ogni caso, noi eravamo sotto il 10% e la natura di M5s è comunque quella di viaggiare da soli“. Crimi e Taverna come consulenti? “E’ una scelta tecnica, ne avranno valutato le competenze. Per me non è una questione di denaro, ma di principio”. Grillo? “Non lo sento da settimane”. E Casalino? “Mi ha mandato un messaggio”. Agli albori del Movimento il rapporto comunicazione/eletti era rovesciato: erano gli addetti stampa dei gruppi a dettare la linea ai parlamentari e a decidere chi dovesse ‘metterci la faccia’ in tv.
Secondo quanto apprende l’AGI la strategia comunicativa del Movimento 5 stelle punterebbe sui ‘fedelissimi’ dell’ex premier, in qualche modo rendendo meno stringente il controllo del garante:’ è Conte che comanda e nessuno può decidere al suo posto’, è l’analisi che viene riferita alla luce dei nomi storici che non rientrerebbero nello staff.