Le truppe di Kiev riconquistano Kherson. Zelensky: “Un giorno storico”

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Mosca ritira 30 mila soldati sulla sponda orientale del Dnepr e assicura che la perdita della strategica città “non è un’umiliazione”. Alcuni tratti del ponte Antonovsky, che attraversa il fiume, sarebbero crollati, rendendolo del tutto inutilizzabile. Le forze russe concentrano ora i loro sforzi su Bakhmut, nella regione di Donetsk

di Francesco Russo

© Artur Widak / NurPhoto via AFP – Kherson, Ucraina

 

AGI – L’esercito ucraino è entrato a Kherson, capoluogo della strategica regione meridionale occupata dai russi nelle prime fase dell’offensiva. Le forze di Mosca si sono ritirate a Est, sulla riva sinistra del fiume Dnepr, in un’altra dura battuta d’arresto per la cosiddetta operazione speciale, a quasi nove mesi dal suo inizio.

“Kherson sta tornando al controllo ucraino, unità delle forze armate ucraine stanno entrando in città”, ha annunciato su Facebook il ministero della Difesa di Kiev, chiedendo ai soldati russi rimasti nell’area di “arrendersi immediatamente”.

“Oggi è una giornata storica. Stiamo tornando a Kherson. Per ora i nostri difensori si stanno avvicinando alla città ma le unità speciali sono già in citta'”, ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un messaggio video pubblicato sul suo canale Telegram, “anche se la città non è stata ancora completamente ripulita dalla presenza del nemico, gli stessi abitanti di Kherson stanno già rimuovendo i simboli russi dalle strade e dagli edifici”.

Il capo della diplomazia ucraina, Dmytro Kuleba, ha salutato “un’importante vittoria” e ha pubblicato sulle reti sociali un video che mostra, a sua detta, i residenti della località di Bilozerka, a pochi chilometri dal capoluogo, intenti a distruggere un gigantesco manifesto che proclama: “La Russia è qui per sempre”.

Il parlamento ucraino, la Verkhovna Rada, da parte sua, ha diffuso su Telegram foto di civili che sventolavano bandiere ucraine a Kherson, conquistata a metà marzo dai russi, per i quali era un obiettivo di importanza primaria alla luce della prossimità con la Crimea.

Il ritiro sulla sponda orientale

Secondo l’esercito russo, sono più di 30 mila i militari di Mosca che hanno ripiegato sulla sponda orientale del Dnepr. È la terza ritirata in ordine di grandezza dall’inizio dell’invasione, dopo la rinuncia alla conquista di Kiev in primavera e l’abbandono quasi totale dei territori conquistati nell’Oblast di Kharkiv lo scorso settembre.

Venerdì scorso il ministero della Difesa russo aveva annunciato di aver completato il “riposizionamento” delle sue unità dalla sponda occidentale del fiume, dove si trova Kherson, a quella orientale, assicurando di non aver subito alcuna perdita e di non aver lasciato dietro equipaggiamento.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che i territori abbandonati rimangono parte della Federazione, per via dei “referendum” svoltisi a fine settembre e ha negato che la perdita della città sia un’umiliazione per la Russia. Non c’è stata però la dura reazione che ci si poteva attendere da Mosca dopo la mobilitazione di circa 300 mila riservisti per consolidare le linee in difficoltà e le minacciose allusioni al possibile ricorso ad armi nucleari.

Anzi, gli alti comandi di Mosca sono stati espliciti nello spiegare che la marcia indietro ha avuto lo scopo di salvare i soldati sulla sponda occidentale, che rischiavano di restare intrappolati in una sacca alla mercè degli avversari.

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