Ben-Gvir, l’anima nera della destra israeliana

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Il quarantaseienne avvocato militante è un piromane che rischia di incendiare Israele con alle spalle negli anni giovanili oltre 50 incriminazioni per incitamento alla violenza e discorsi d’odio

© AFP 
– Ben Gvir

 

AGI – Ammiratore di Baruch Goldstein e del rabbino Meir Kahane, abitante di una colonia a Hebron con la moglie e i sei figli, Itamar Ben-Gvir è uno dei volti più noti dell’estrema destra in Israele. Dopo essere riuscito a entrare alla Knesset – dopo diversi tentativi – alle scorse elezioni nel marzo 2021, stavolta aspira a diventare ministro. E potrebbe farcela dopo la vittoria del fronte di Netanyahu. Il 46enne avvocato militante è, secondo la definizione di Haaretz, “l’uomo dal quale andare” per gli estremisti ebrei che finiscono sotto accusa per terrorismo e crimini d’odio. Un piromane che rischia di incendiare Israele, secondo i suoi detrattori, con alle spalle negli anni giovanili oltre 50 incriminazioni per incitamento alla violenza e discorsi d’odio.

Lui stesso si vanta di essersela cavata in 46 casi e di aver cominciato a studiare legge su suggerimento dei giudici per potersi difendere. L’attenzione di cui viene fatto oggetto, non la disdegna affatto e a modo suo la alimenta, fin da quando nel 1995 apparve in tv brandendo lo stemma strappato dalla Cadillac dell’allora premier Yitzhak Rabin: “Come siamo riusciti a raggiungere questo simbolo, possiamo raggiungere anche lui”. Alcune settimane dopo, il leader laburista veniva ucciso da un colono estremista, contrario al processo di pace di Oslo.

La sua partecipazione alla vita politica ha sempre suscitato molti dibattiti e polemiche in merito al suo essere o meno un kahanista, ideologicamente legato al movimento messo fuori legge negli anni ’90 sulla base delle leggi anti-terrorismo; un marchio infamante anche per molti elettori di destra del Likud. I sostenitori del rabbino Kahane sognavano di trasformare Israele in una teocrazia ebraica, sostenevano l’espulsione degli arabi e l’annessione forzata di tutti i Territori occupati.

Tra le sue fila, c’era quel Baruch Goldstein che nel 1994 aprì il fuoco nella moschea Ibrahimi a Hebron, uccidendo 29 palestinesi, e la cui immagine è stata a lungo appesa a casa di Ben-Gvir. Proprio quest’ultimo, pur respingendo tale affiliazione e prendendo politicamente le distanze dal movimento, non ha negato la sua ammirazione per il suo fondatore, il rabbino Kahane: “Un sant’uomo, un uomo giusto, che ha combattuto per il popolo ebraico ed è stato assassinato per la santificazione del nome di Dio. Il rabbino Kahane ha portato gli ebrei sovietici in Israele e ha agito con così tanto sacrificio contro i terroristi che ci attaccano”, ha commentato in un’intervista non molto tempo fa. “Differenze” ideologiche che non gli hanno impedito di riproporre di tanto in tanto l’idea di far emigrare “coloro che non ci vogliono qui”, un riferimento ai palestinesi che tirano pietre e molotov ai soldati israeliani.

Ma nel mirino di Ben-Gvir rientrano anche gli ebrei che non sono “leali a Israele”. Espressioni diverse rispetto a quelle di vent’anni fa ma dal contenuto simile, sebbene lui ci tenga a sottolineare di “essere cambiato”: “Non lo penso più, ma non intendo scusarmi”, ha puntualizzato in una recente intervista.

Il leader del Likud, Benjamin Netanyahu, deus ex machina dell’alleanza in chiave elettorale tra Smotrich e Ben-Gvir in Sionismo Religioso nell’ottica di evitare che voti dell’estrema destra vadano dispersi a beneficio degli sfidanti e di mettere a frutto i seggi dell’estrema destra per raggiungere la maggioranza di 61, ha promesso che darà a Ben-Gvir una posizione al governo, nonostante i timori che questo suscita.

Preoccupazioni non solo in patria, ma anche all’estero, come quelle espresse al leader dell’opposizione dal ministro degli Esteri emiratino, Sheikh Abdullah bin Zayed (AbZ), ma anche da parlamentari americani, come il deputato Dem Brad Sherman e il senatore Dem Robert Menendez.

Come disse pochi anni fa la leader dei laburisti Merav Michaeli, “la pistola che ha ucciso Rabin e la visione della pace nel 1995 è tornata per assassinare la democrazia israeliana”.

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