La nuova fusione negli Usa tra due grandi catene di supermercati

Economia & Finanza

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Kroger e Albertsons hanno annunciato venerdì l’intenzione di fondersi in un accordo che potrebbe modificare il panorama della vendita al dettaglio di prodotti alimentari

di Alberto Ferrigolo

©  Frederic J. BROWN / AFP – Supermercato negli Usa

AGI – Kroger e Albertsons, due delle più grandi catene di supermercati americane hanno annunciato venerdì l’intenzione di fondersi in un accordo che potrebbe alterare il panorama della vendita al dettaglio di prodotti alimentari. Ora la parola spetta alle autorità antitrust. A darne notizia è il New York Times.
Il giornale riferisce anche che Kroger ha annunciato che acquisirà Albertsons per 24,6 miliardi di dollari: “Le catene attualmente hanno un fatturato totale di oltre 209 miliardi di dollari e circa 5.000 negozi in tutto il paese sotto catene famose come Ralphs, Safeway e Vons”, sottolinea.

Secondo gli interessati, l’operazione s’è resa necessaria “per contrastare i rivenditori big-box come Walmart, Amazon e Costco, che possono utilizzare le loro dimensioni per vendere yogurt, cereali e pasta a prezzi inferiori dopo aver conquistato una quota sempre maggiore di consumatori”, tant’è che le società avrebbero “trasferito ai clienti fino a 500 milioni di dollari di risparmi derivanti dalla fusione”.

L’accordo, tuttavia, secondo il Times ha attirato rapidamente le critiche delle associazioni dei consumatori, delle catene alimentari indipendenti e dei politici che hanno affermato come limiterebbe le scelte degli acquirenti su dove acquistare generi alimentari, specie nelle aree rurali e a basso reddito, alterando la politica dei prezzi.

Come ha spiegato Stacy Mitchell, co-direttore esecutivo dell’Institute for Local Self-Reliance, un gruppo di difesa che sfida le concentrazioni, “non abbiamo bisogno di un’altra mega catena di negozi di alimentari”. Il punto è che se la fusione andasse a buon fine, la combinazione di Albertsons-Kroger e Walmart controllerebbe il 70% o più del mercato in 167 città degli Stati Uniti. E in alcuni casi, come Salina, Kan. o Durango, Colorado, la quota supererebbe il 90%.

La proposta di accordo ha suscitato forti reazioni politiche oltre a pressioni sull’amministrazione Biden per affrontare un rigido controllo normativo in un momento in cui l’inflazione elevata ha aggravato una crisi della sicurezza alimentare globale. I prezzi dei generi alimentari negli Stati Uniti sono infatti aumentati di oltre l’11% a settembre rispetto a un anno fa.

Tant’è che la senatrice Elizabeth Warren, democratica del Massachusetts, ha affermato che “la Ftc dovrebbe opporsi all’accordo” in quanto “le catene di generi alimentari come Kroger e Albertsons svalutano i prezzi e un ulteriore consolidamento aziendale comporterebbe poi prezzi più alti, licenziamenti dei dipendenti e catene di approvvigionamento più deboli”.

In quasi tre decenni di concentrazione il numero dei negozi al dettaglio è sensibilmente diminuito, passando dalla metà degli anni ’90 a quasi il 30%. E la quota di mercato combinata dei quattro maggiori rivenditori di generi alimentari è triplicata al 69% dal 23%, scrive in un rapporto il Food and Water Watch, gruppo di difesa dei consumatori.

Osserva il quotidiano americano: “Kroger e Albertsons sostengono che la loro maggiore dimensione e potere contrattuale li aiuterà a ridurre i prezzi e che i risparmi possono quindi essere trasferiti ai loro clienti. Ma i legislatori, le autorità di regolamentazione e i difensori dei consumatori spesso temono che le aziende semplicemente reindirizzeranno qualsiasi aumento dei profitti agli azionisti”.

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