Il giurista: “Inaccettabile il concorso colposo delle vittime”

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 Antonio de Notaristefani, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili, spiega all’AGI che nella sentenza sul crollo di una palazzina a L’Aquila “il giudice confonde la prevedibilità di altre scosse sismiche con la prevedibilità del crollo dell’edificio”

di Simona Olleni

AGI – Una sentenza “inaccettabile”, non solo per i familiari delle vittime ma anche dal punto di vista giurisprudenziale, ed “errata” nell’interpretare la norma – l’articolo 1227, primo comma, del codice civile – sul ‘concorso colposo del creditore’ che regola in questi casi la riduzione dei risarcimenti.

Così Antonio de Notaristefani, avvocato civilista e presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili, commenta con l’AGI la pronuncia del tribunale civile dell’Aquila che ha riconosciuto un concorso di colpa, pari al 30%, delle vittime del crollo del palazzo di via Campo di Fossa nel capoluogo abruzzese, dove, a seguito del sisma del 6 aprile 2009, morirono 24 persone.

Il giudice dell’Aquila, nella sua sentenza lunga 22 pagine (che le parti potranno impugnare in appello), ha messo in rilievo “una condotta incauta” da parte delle vittime, quale quella di “trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”.

“La norma in questione – spiega invece de Notaristefani – prevede che, per la riduzione del risarcimento, il comportamento del danneggiato deve essere stato colposo, quindi imprudente. In questa sentenza assistiamo a un salto logico: il giudice confonde la prevedibilità di altre scosse sismiche con la prevedibilità del crollo dell’edificio, cosa che quei ragazzi non potevano per l’appunto prevedere, anche perché, con le scosse che già si erano succedute, nulla era accaduto, così da far presumere il rischio di un crollo”.

E ancora: l’articolo 1227 del codice civile lega la riduzione del risarcimento del danno “al caso in cui il danneggiato non abbia adottato cautele che rientrino nella diligenza ordinaria. Cosa dovevano fare quei ragazzi? Trasferirsi in un’altra città, dove non c’erano scosse sismiche? – rileva l’avvocato civilista e presidente dell’Uncc – Non si trattava soltanto di dormire fuori qualche ora.

Quindi, ciò che in questa sentenza viene addebitato alle vittime va al di là della normale diligenza richiesta dalla norma. La giurisprudenza dice – conclude de Notaristefani – che non si può pretendere che si adottino cautele particolarmente gravose, ma parla di cautele ragionevoli, che certo non vuol dire trasferirsi altrove”.

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