Letta non vuole cambiare il simbolo del Pd

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Il segretario punta a una maggiore rappresentanza femminile nel partito

di Paolo Molinari

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Pierpaolo Scavuzzo / AGF – il segretario del Pd, Enrico Letta

AGI – Un congresso costituente da portare avanti parallelamente a un lavoro di opposizione parlamentare “duro e intransigente” e da concludere entro l’inverno. Enrico Letta riunisce la direzione del Pd e avvia con la sua relazione il percorso che dovrebbe portare, almeno nelle intenzioni, a un profondo cambiamento del Pd e del suo gruppo dirigente. Il segretario parte da una dichiarazione d’amore per il simbolo che, dice, non deve essere cambiato. Quello che va cambiato è anzitutto il gruppo dirigente: “Serve un nuovo gruppo dirigente formato da nuove generazioni, dice Letta: “è giusto mettere in campo una classe dirigente più giovane, che il Pd ha, in grado di contrastare un governo guidato da una donna giovane, sebbene con una lunga militanza alle spalle. Una nuova generazione legittimata dal congresso, che metta in pratica i nostri valori“, sottolinea ancora il segretario.

Letta è determinato a guidare questa fase, lasciando il posto al nuovo segretario che sarà scelto dalle primarie, strumento principe del Pd finito nel mirino di una parte della sinistra dem nelle ultime ore. “Non concorsi di bellezza”, avverte il leader dem, “ma un percorso che ci consenta di affrontare i nodi che abbiamo davanti in profondità. Il confronto fra candidature farà bene al partito“.

Per arrivare a questo, tuttavia, è necessario fare chiarezza all’interno del Pd che ha perso le elezioni. Letta non nasconde la sconfitta, se ne assume la responsabilità, ma non accetta la drammatizzazione di chi dice che è tutto da gettare a mare e di sciogliere il partito. “Io credo che sia stato un successo far nascere il Pd, è stato e sarà una storia positiva per il Paese”, premette il segretario.

“Siamo gli unici ad aver fatto elezioni in alternativa alla destra, tutti gli altri hanno fatto elezioni in alternativa a noi. Noi siamo gli unici ad aver costruito un progetto alternativo alla destra”. Una alternativa confermata da un risultato che, nella sconfitta, attribuisce al Pd il ruolo di “partito guida dell’opposizione”, in quanto secondo partito in Italia e primo fra quelli che non stanno in maggioranza. Un risultato figlio di un percorso non concluso, quello di ricostruzione e crescita del partito e di suo innervamento nella società, attraverso il lavoro delle Agorà.

Soprattutto figlio del 24 febbraio, questo passo falso seguito a una serie di successi alle amministrative e alle regionali: “Quando abbiamo eletto Mattarella eravamo in una condizione diversa da quella che poi si è verificata. La guerra, per le responsabilità di governo che ci siamo assunti, ci ha messo in una condizione nella quale la nostra capacità espansiva è stata interrotta. Non rinnego la nostra scelta, c’è bisogno di assumersi delle responsabilità”, spiega il segretario. La guerra, ma non solo. A pesare sulla sconfitta del Pd c’è stata anche l’implosione del ‘campo largo’, che ha reso impossibile il presentarsi all’appuntamento con il voto dentro a una alleanza larga.

Un campo ha vinto perchè è stato unito, il nostro campo invece non lo è stato nonostante il lavoro di mesi ed anni per costruire il campo largo, una larga unità, unica condizione con la quale si sarebbe potuto vincere”. Quello che il Pd deve fare ora, per Letta, è tornare ad essere quel “partito pugnace” che era all’origine e ricominciare a parlare con “quelle fasce di popolazione che non ce la fanno, non solo con quelli che ce la fanno”. Intanto organizzando l’opposizione i parlamento. Il primo nodo è quello dell’elezione dei o delle capigruppo. Letta chiede che siano, ancora, delle donne a guidare le fila parlamentari dem.

Perché il segretario ammette che la scarsa rappresentanza femminile alle Camere “è stata una sconfitta”, ma aggiunge anche che “il Pd non deve fare passi indietro” rispetto alla valorizzazione delle donne nel partito. Il percorso congressuale, dunque, dovrà marciare di pari passo con l’organizzazione di una “opposizione intransigente” contro “un governo che mostra già adesso le sue difficoltà. E non è ancora nato. Giudicheremo il governo per quello che farà, ma qualunque idea programmatica è venuta già meno rispetto alle tante promesse di campagna elettorale”.

Per questo Letta azzarda una previsione: “La luna di miele del governo con il paese sarà breve: la situazione sociale nel paese è fortemente deteriorata dalla guerra e dalla crisi economica”.

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