Non si placano le proteste in Iran per la morte di Amini

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Epicentro delle proteste, represse con forza, è il Kurdistan iraniano, la provincia natale di Amini, ma negli ultimi giorni raduni con slogan contro la Repubblica islamica e la Guida Suprema, Ali Khamenei, continuano a tenersi anche nelle università di Teheran, Tabriz e Yazd e in città come Isfahan,

di Nuccia Bianchini e Cecilia Scaldaferri

© AFP
– proteste a Teheran

 

AGI – Non si placano le proteste in Iran dopo la morte – mentre era sotto custodia – di Mahsa Amini, giovane 22enne arrestata dalla polizia morale a Teheran la settimana scorsa perché non portava correttamente il velo.

La rabbia popolare si è fatta sentire in tutta la Repubblica islamica e critiche contro gli agenti di ‘Gasht-e Ershad’ sono arrivate anche dal presidente del Parlamento, Mohammad Bagher Ghalibaf, che ha auspicato un’indagine sul loro operato.

Anche l’Organizzazione statale per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio si è fatta sentire, sostenendo che gli agenti di questa unità non dovrebbero poter “arrestare normali cittadini” che trasgrediscono le rigide regole su vestiario e comportamenti sociali.

Per il quarto giorno consecutivo si sono tenute manifestazioni: epicentro delle proteste, represse con forza, è il Kurdistan iraniano, la provincia natale di Amini, ma negli ultimi giorni raduni con slogan contro la Repubblica islamica e la Guida Suprema, Ali Khamenei, continuano a tenersi anche nelle università di Teheran, Tabriz e Yazd e in città come Isfahan.

E intanto, molte donne si sono filmate mentre bruciano il loro hijab o se lo levano dal capo, postando la loro foto sul web. Alle proteste si e’ unito anche un noto calciatore dell’Esteghlal di Teheran, Zobeir Niknafs, che ha pubblicato sui social un video in cui per solidarietà si rasa i capelli, come stanno facendo da giorni in rete numerose donne, che bruciano anche il velo.

Le autorità hanno reagito con il pugno di ferro. Il governatore di Teheran Mohsen Mansouri ha sostenuto che le mobilitazioni sono state “pienamente organizzate con l’obiettivo di creare disordini”.

L’Onu si è detto preoccupato per la repressione delle proteste e ha confermato che “tra le due e le cinque persono sono state uccise” durante le dimostrazioni, dove la polizia ha usato “proiettili veri” e gas lacrimogeni.

Secondo Hengaw, un gruppo a tutela dei diritti umani dei curdi, due manifestanti sono morti nella città curda di Saqez, dove è nata Amini, altri due nella città di Divandarreh e una quinta a Dehgolan, sempre nella regione curda. L’hashtag #MahsaAmini continua ad essere uno dei più visualizzati sui social network come Twitter e Instagram.

La polizia ha respinto ogni responsabilità per la morte della 22enne, sostenendo che la giovane aveva “problemi medici” e si è sentita male una volta portata in commissariato, ma attivisti e associazioni per i diritti umani hanno lanciato accuse di violenze e abusi da parte degli agenti.

Prima di partire per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha chiamato i genitori di Mahsa Amini, ha espresso le sue condoglianze, ordinato un’indagine sul caso, e ha sottolineato che Mahsa “era come una delle nostre stesse figlie”.

Parole che sono state ripetute anche dal ministro degli Esteri, Hossein Amirabdollahian.

In questo contesto si è inserito l’ad di SpaceX, Elon Musk, che ha annunciato l’intenzione di chiedere all’amministrazione Usa un’esenzione dalle sanzioni contro l’Iran per offrire, tramite la sua costellazioni di satelliti Starlink, i servizi di connessione Internet al Paese. Qui, come in altre nazioni, sulla Rete corrono le notizie scomode e si organizzano le proteste.

È il caso di Amini, tanto che attivisti hanno già cominciato a denunciare la stretta delle autorita’ sull’accesso a Internet, per esempio, nella città di Sanandaj, epicentro delle manifestazioni.

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