La politica è diventata un gioco bipolare di colori: o rosso o nero

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In questo modo il pluralismo politico e democratico va a farsi benedire.

La campagna elettorale è partita con un preciso diktat di Letta, Segretario del P.D. Il primo concetto espresso nel diktat (che non possiamo certamente considerare di alto profilo democratico, politico e costituzionale) è stato quello di indicare  agli elettori che il 25 settembre va fatta una scelta ben precisa, antidemocratica quanto si vuole ma finalizzata a ridurre la campagna elettorale ad una sorta di referendum/scontro senza esclusione di colpo con la rivale espressione della destra: la  Meloni, diventata ormai  sua acerrima nemica da quando i sondaggi danno Fratelli d’Italia il primo partito dello schieramento politico e da quando la Meloni candidandosi al premierato potrebbe diventare  il primo presidente donna a salire a Palazzo Chigi.

Il che non è impossibile e che forse, vista la determinazione della Meloni ed il suo progetto politico, non sarebbe proprio male. La scelta di Letta è chiara: O di qua o di là. Rosso o nero, letteralmente. Da una parte le parole d’ordine della destra. Dall’altra quelle del Pd e il sorriso di Enrico Letta.

A un mese esatto dal voto parte la campagna di affissioni che il segretario del Pd ha voluto in linea con il messaggio lanciato già pochi giorni dopo la caduta di Mario Draghi: o noi o Giorgia Meloni. Sono sei i manifesti voluti da Letta  tutti basati su una contrapposizione di concetti: “Con Putin/Con l’Europa”, “Discriminazioni / diritti”, “Combustibili fossili / Energie rinnovabili”, “Lavoro sottopagato / Salario minimo”, “Più condoni per gli evasori / Meno tasse sul lavoro”, “No Vax / Scienza e vaccini”. Ecco la sfida. Tutta in una parola, quasi un aut-aut: «Scegli».  Se lo dice Letta a nome del Partito democratico non è un diktat di ispirazione fascista!. E così il sogno di Silvio Berlusconi, quello di un bipolarismo sempre più bipartitico, diventa anche  il sogno di Enrico Letta.

O di qua o di là perché – spiega il leader Dem a Repubblica – «è il momento della polarizzazione. Delle parole nette e di una comunicazione anche brutale della posta in gioco».. C’è da meditare e da essere preoccupati per la tenuta democratica e pluralistica del nostro Paese.  Uno schema che punta dritto a “colpire” Giorgia Meloni, ma che non dispiace nemmeno alla stessa leader di Fratelli d’Italia.. Che dal tentativo di ridurre i giocatori (in verità  abbastanza contenuto) in campo ha da guadagnare anche rispetto alla sua stessa coalizione. E più Letta evidenzia il “nero”, più lei si distingue dagli alleati Salvini e Berlusconi: i conti pubblici, dice Meloni alla Reuters, con lei «non corrono alcun rischio». Idem l’Ue: «Difenderemo l’interesse nazionale ma nessuno vuole fare cose pazze, distruggere o lasciare l’Europa».  La sfida di Letta è fin troppo chiara: non c’è spazio per terzi o quarti poli.

E le parole che riserva all’ex alleato Giuseppe Conte e al “suo” Movimento 5stelle sono un “canto funebre”: «Incredibile quello che ha combinato, aprendo alla destra la via delle elezioni in un momento così delicato». Conte ha chiara la strategia di Letta. Sa cosa vuole dire “o di qua o di là”. E tornando sul possibile confronto tv Letta-Meloni grida il suo “non ci stiamo”: «Lo avevamo detto, il confronto a lume di candela in Rai su cui si sono accordati Letta e Meloni non rispetta il diritto dei cittadini a essere correttamente informati. Non sono loro le uniche due alternative per l’Italia. La democrazia e il pluralismo sono una cosa seria», scrive Conte commentando la delibera Agcom che si era espressa con nettezza: un solo confronto a due viola la par condicio. Letta però va dritto. Boccia con una parola la linea dell’Agcom: «Decisione bizantina, decideremo che cosa fare».

E lancia il suo “Scegli” che contrappone al “Pronti”, il motto che accompagna il viso sorridente sui cartelloni blu della leader di Fratelli d’Italia. Letta vuole polarizzare la sfida di fine settembre e il Terzo polo non ci sta. La reazione di Carlo Calenda è furiosa: «La scomparsa definitiva della politica ridotta a roulette. Che orrore», sbotta su Twitter il leader di Azione. Ma Carlo Calenda per la esiguità dei consensi che potrebbe mettere insieme sia pure con Renzi non sembra essere determinante nei giochi della politica: lui non è né rosso né nero.

Marcario Giacomo

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