Intervista al giornalista e scrittore della “Resistenza” Daniele La Corte

Arte, Cultura & Società

Di

La letteratura della Resistenza è un genere particolare, come sicuramente è stata un momento storico eccezionale, destinato a segnare i futuri destini del nostro Paese, la Resistenza. Si scrivono migliaia di libri su di essa, mostrandola da ogni punto di vista, a partire dell’irrompere di una “guerra totale”, con il crollo dei confini fra guerra e vita quotidiana, che si intreccia alla crisi del fascismo e condiziona anche l’Italia divisa dopo l’8 settembre ’43. Le differenti forme di Resistenza suggeriscono poi il nesso fra la “scelta di campo” e l’idea di nazione. Nella seguente intervista, conosciamo meglio un noto autore che a più riprese ha trattato il tema. È Daniele La Corte, la cui ultima fatica letteraria è Il ritorno di Pricò”- Un’altra Resistenza, uscito nel 2020 per i tipi diFusta Editore”. Nel volume, La Corte scava nel passato e da cacciatore di storie libera dall’oblio personaggi che hanno dato la vita in nome della Resistenza ai nazifascisti. Interroga ancora il processo resistenziale, e lo fa a partire dalla retrospettiva sugli anni Sessanta, cogliendo anche sfumature dei destini di due Paesi come l’Italia e l’Argentina.

Daniele La Corte

1) D: Daniele, quando, con quale finalità, a partire da quale contesto ha deciso di scrivere il volume?

R: Le motivazioni sono molte e altrettanto le finalità. In primis la caparbietà di far conoscere la Resistenza in modo diverso trasformando i racconti verbali dei protagonisti della lotta di Liberazione in romanzo. Sono giornalista e l’idea di scrivere dopo aver ascoltato e guardato mi è sempre dato forza propulsiva di scrivere storie rigorosamente vere pur utilizzando la fantasia per far muovere i personaggi in contesti diversi.

2) D: Quali sono i contenuti e i protagonisti in generale del volume?

R: Pricò è un giovane giornalista e la sua curiosità gli consente di arrivare a fatti ormai sepolti dal tempo, dall’oblio. Ma il protagonista è anche un migrante di ritorno perché dopo aver raggiunto, con la madre, l’Argentina, dopo aver terminato gli studi torna in Italia alla ricerca di chi ha ammazzato suo padre. È un intreccio di storie che il cronista scopre attimo dopo attimo per giungere alla verità. Pricò è nome di fantasia tratto dall’omonima opera di Giulio Viola, pubblicata nel 1924, lo scrittore che divenne collaboratore stretto di Vittorio De Sica. Protagonista del film “I bambini ci guardano”, tratto dal libro di Viola, ha come protagonista un bambino di nome Pricò. Alla ricerca degli assassini di suo padre il mio Pricò effettua un lungo percorso di ricerca per giungere poi alla verità. I protagonisti della storia sono preti, criminali nazisti e gente comune.

3) D: Quale metodo ha seguito per le necessarie ricerche e la stesura?

R: Come per tutti i miei lavori sulla Resistenza il metodo della ricerca sono i racconti fattimi da partigiani o dai loro discendenti. Sono direttore scientifico dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia e in molti casi mi è stato facile ricostruire anche attraverso documenti.

4) D: Chi ha eseguito la verifica delle fonti e della coerenza storiografica del volume?

R: La verifica delle fonti è stata fatta anche con la collaborazione di studiosi, di ricercatori. Ogni notizia verbale è stata controllata intrecciando e mettendo a confronto di racconti dei testimoni.

5) D: Quale è dal suo punto di vista il taglio che ha voluto dare all’opera? Valori e limiti della memoria?

R: Oggi più che mai occorre tenere alto il ricordo. Il passato è storia, ma anche presente. Scrivo di Resistenza nel modo più semplice possibile dando vita a romanzi che più facilmente possono raggiungere le nuove generazioni che poco o nulla sanno sulle dittature e le loro nefandezze. La storia è maestra di vita e tale deve essere per i giovani che, spero, leggendo i miei libri prendano coscienza delle realtà vissuta dai loro padri, dai loro nonni.

6) D: A distanza di quasi 80 anni dai fatti descritti, che cosa pensa del fatto che gli stessi fatti abbiano in generale ormai uno scarso appeal sulla gente, in particolare sui giovani?

R: Come già occorre sensibilizzare i giovani informandoli anche con testi non pesanti, scritti per raggiungere i ragazzi che ancora, e sono molti, chiedono di sapere. Sono passati tanti anni dall’epopea resistenziale, ma nonostante il tempo troppe situazioni sono rimaste uguali e pertanto, con qualsiasi metodo di scrittura o di oratoria, occorre non dimenticare. La nostra Democrazia è troppo giovane e questo particolare spesso viene dimenticato.  Amo paragonare la Democrazia italiana, nonostante siano passati 77 anni dalla Liberazione, a un bambino nella culla per il quale occorrono attenzioni particolari.  I 77 anni, per un essere umano, sono tanti. Per la Democrazia pochissimi.

7) D: Sempre a distanza di circa 80 anni, considerata tutta la storia successiva fino alle complicate attuali vicende nazionali ed internazionali, non crede che sia giunta l’ora di liberare la narrazione del periodo della II GM e della guerra civile ’43 – ’45 dal gravame delle sovrastrutture ideologiche, dalla logica perversa degli opposti “ismi”, per renderle alla luce della loro essenzialità (i caduti, giovani manipolabili o con i propri ideali poi spesso traditi, la sofferenza delle popolazioni, gli orrori della guerra, ecc.) al fine di una effettiva riconciliazione nazionale ma non solo?

R: La storia non è mai eccessiva. La storia è storia e basta.  Purtroppo, nelle nefandezze si ripropone con tutta la sua forza. In questo momento il nostro Paese è pericolosamente in bilico. La voglia di un uomo o una donna soli al comando non può che preoccupare. Non solo gli opposti estremismi, che credo siano superati, dovrebbero essere evitati in nome dell’unità, della voglia di progredire, di aiutare i più deboli. Non ci potrà mai essere un momento di oblio di fronte alle stragi nazi-fasciste. Le macchie di sangue dei Martiri della Libertà sono ancora fresche. Occorre proseguire nella narrazione per evitare ignoranza di fronte alle terribili realtà del Novecento, situazioni che ancora, in questi anni Duemila, si ripresentano con guerre fratricide. In Italia, è il mio giudizio, non c’è stata guerra civile, ma soltanto di Liberazione per cacciare l’invasore tedesco e il socio fascista.

8) D: Che cosa ci dice riguardo agli altri suoi libri in tema di resistenza o altri (se ce ne sono)? Programmi futuri?

R: Ho già scritto nove libri e a novembre uscirà, con “Fusta Editore” il decimo. Un’altra storia di Resistenza con protagonista una nobildonna torinese e un sanguinario ufficiale nazista diventato suo amante.


Daniele La Corte, giornalista professionista. Nato ad Alassio (Savona) nel 1949, ha lavorato per 35 anni al “Secolo XIX” di Genova diventandone capo servizio. Aveva iniziato al “Corriere Mercantile” quotidiano genovese del pomeriggio, dove aveva svolto attività di inviato su importanti casi di cronaca. Ha collaborato per anni per il “Corriere della Sera”, per l’agenzia di stampa “Ansa”, per “La Repubblica”, per la “Stampa” e per “Avvenire”. Ha scritto nove libri e a novembre uscirà, con “Fusta Editore” il decimo. Un’altra storia di Resistenza con protagonista una nobildonna torinese e un sanguinario ufficiale nazista diventato suo amante.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube