Fallita l’Agenda Green in Germania, riattivate le centrali a carbone

Economia & Finanza

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La Germania convinta sostenitrice dell’energia green, ha dovuto rivedere la sua Agenda ambientalista, appena Mosca ha chiuso i rubinetti del gas diretto verso l’Europa occidentale.

Si torna alle inquinanti centrali a carbone, per il rifiuto di pagare il gas russo nella divisa russa, il rublo.

L’incoscienza di alcuni paesi europei di non volersi adeguare ai pagamenti russi, sta provocando una gigantesca crisi energetica che nel medio periodo, avrà ampie ripercussioni sulla produzione industriale.

In Germania, motrice d’Europa, la BDI (Bundesverband der Deutschen Industrie) influente Confindustria tedesca, ha inviato il suo autorevole richiamo al governo, costringendolo ad abbandonare l’Agenda Green per un ritorno immediato al carbone.

Uno schiaffo tremendo al governo tedesco che intendeva accelerare sulla sua Agenda, abbandonare rapidamente i combustibili fossili in favore delle “energie rinnovabili”.

La dissennata legge voluta dagli ecologisti tedeschi, si sapeva che avrebbe strangolato il ricco settore industriale della Germania, come d’altronde da sempre sosteneva la BDI.

L’industria tedesca, in particolare la metalmeccanica, è fortemente energivora, un piano green richiede tempi lunghi per il passaggio dall’energia fossile alle energie rinnovabili, che l’industria tedesca non può permettersi.

La politica non può sostituirsi alla scienza, le economie non possono funzionare solo con la geotermia, le turbine eoliche e i parchi solari, ognuna presenta delle criticità, sono alternative inaffidabili e producono solo una frazione dell’energia necessaria per alimentare una società.
In Germania come in Olanda per produrre energia, sono state riattivate le centrali a carbone dismesse da molto tempo, il piano energetico tedesco prevedeva la chiusura totale di tutte le miniere di carbone entro il 2038, mentre entro fine anno saranno spente le tre ultime centrali nucleari ancora in funzione. L’Agenda Green della Germania per il carbon fossile, sicuramente sarà riconsiderata, pronosticava di ridurre la produzione di energia da 42,6 GW a 30 GW entro fine anno, per scendere a 17 GW entro il 2030 e azzerarsi totalmente nel 2038. Per raggiungere questi obiettivi il
Bundesregierung (Governo federale tedesco) ha riversato alle regioni 40 miliardi di euro in aiuti.

Senza la riapertura dei suoi giacimenti di lignite, la produzione industriale della Germania si sarebbe arrestata, trascinando nel baratro la sua economia.

L’ex presidente Trump, nel 2018, aveva preannunciato alla Merkel quello che sarebbe accaduto in caso di riduzione del gas dalla Russia, quelle sue parole furono profetiche.

Trump sottolineò alla Merkel che la Germania, locomotore dell’economia europea, dipendeva troppo dall’importazione di gas da Mosca.

Oggi alla luce degli scenari in corso, possiamo affermare senza ombra di dubbio che Trump aveva lo sguardo lungo. La Germania se non vuole precipitare in una economia di paese in via di sviluppo, deve accantonare l’Agenda Green e riavviare tutte le sue miniere di combustibili fossili.

In Germania le miniere attive sono concentrate in tre distretti, quello renano, il più importante, con i giacimenti di Garzweiler, Hambach e Inden.

È il più grande sito minerario di lignite d’Europa, ed è di proprietà del Gruppo energetico RWE.

Seguono quello del Lausitz con i giacimenti di Nochten, Reichwalde, Welzow-Süd e Jänschwalde di proprietà della LEAG. Infine il distretto della Germania centrale con i giacimenti di Profen e Vereinigtes Schleenhain, situati a sud di Lipsia di proprietà della MIBRAG. Queste sono quelle tutt’ora operanti che l’Agenda Green avrebbe dismesso entro il 2038, ma con la chiusura dei flussi di gas dalla Russia, l’Agenda è stata accantonata, anzi si pensa di riaprire quelle che con troppa facilità sono state chiuse, come quella di Messel in Assia. Senza le centrali di carbone, la Germania oltre a razionare il gas, non avrebbe potuto colmare la carenza del gas russo. Anche i verdi tenaci, dopo le dure proteste degli industriali e della popolazione, sono stati costretti a rivedere le loro nette chiusure, il ministro tedesco dei Verdi Robert Habeck, si è reso disponibile a riaprire le centrali elettriche a carbone – “dovranno essere utilizzate di più”, ha aggiunto – “È amaro, ma è semplicemente necessario in questa situazione per ridurre il consumo di gas”.

Caro ministro, non si angosci il clima sopravviverà a questa transizione forzata.

I verdi al momento non sono disponibili a ridiscutere il nucleare, l’unica energia pulita che può essere riavviata con facilità.

I verdi paladini dell’ambiente, dovrebbero sapere che l’unica energia pulita che emette pochissimo inquinamento, è quella nucleare, e la Germania se riattivasse le sue 27 centrali, non avrebbe nessun problema energetico.

Se i verdi tedeschi avessero preso posizioni critiche si, ma non radicali, la Germania avrebbe sofferto di meno la riduzione dei flussi di gas dalla Russia.

Il governo tedesco è plagiato dai Verdi, ossessionati dall’ambiente, prima della crisi energetica, quasi un presagio, si pensava di riattivare alcuni degli impianti spenti, proposta respinta dal ministro dell’ambiente Robert Habeck, lo stesso ministro che oggi ha assunto una posizione più morbida.

Quando l’agorà si riempie, le convinzioni pur radicali si indeboliscono. Doveva scoppiare la guerra in Europa, per convincere i Verdi che non si può sospendere l’energia da combustibili fossili e nucleare tout court, senza pensare alle conseguenze.
Sono convinto che il ministro
Habeck ripenserà all’errore della chiusura netta al nucleare, che peserà sulle tasche del contribuente tedesco. Una scelta scellerata che mi auspico correggerà presto.
La Germania potrebbe revocare le procedure sospese dell’estrazione del gas per fratturazione o fracking, un altro modo semplice per evitare un collasso energetico totale, ma che richiede un elevato consumo di acqua. In oltre l’uso di pericolose sostanze tossiche per estrarre le bolle di gas con il fracking, inquinano le falde acquifere. Una tecnica estremamente pericolosa, si innescano terremoti a causa della fratturazione della crosta terrestre, anche se – “gli studi scientifici asseriscono che il fracking non causerebbe alcun danno ambientale rilevante secondo i moderni standard di sicurezza”, è quanto ha dichiarato un membro dell’FDP “Freie Demokratische Partei”, uno dei partner di coalizione dei Verdi tedeschi.

Prima di pensare di ferire la crosta terrestre, bisogna essere sicuri che la produzione di gas scisto in Germania sia fattibile. Per ora i verdi sono contrari e speriamo che rimangano sulle posizioni.

Prima di pensare all’estrazione per fratturazione, basta indagare sui danni provocati ai fertili campi della Romania. Terreni una volta floridi, oggi avvelenati, ricche sorgenti di acqua sono inquinate dagli agenti chimici come l’arsenico.

L’unica alternativa credibile alla scarsità di gas, è solo il nucleare e la Germania abbonda di centrali, basta solo convincere la galassia degli ambientalisti massimalisti.

Maurizio Compagnone
Analista

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