La misteriosa scomparsa di un muratore ivoriano da un cantiere in Sicilia

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Daouda Diane lavorava in nero e spesso con la famiglia si lamentava delle scarse condizioni di sicurezza. Il suo passaporto e il biglietto che aveva fatto per tornare a casa sono stati trovati nel suo alloggio.

© AGI – Daouda Diane con la moglie Awa

 

AGI – “Poco prima di sparire mi aveva telefonato rassicurandomi dei soldi che mi stava inviando, poi non ho più saputo nulla di lui. Queste cose possono accadere da noi, in Costa D’Avorio, ma è impossibile sparire nel nulla in uno Stato civilizzato come l’Italia”. Lo dice ad AGI Awa parlando al telefono dal suo Paese, dove è rientrata per confortare la famiglia del marito, l’ivoriano Daouda Diane.

La moglie (in contatto con Michele Mililli della Federazione del Sociale dell’Usb che ha promosso le agitazioni di protesta) chiede che venga fatta luce: “Era euforico all’idea di rivedere me e suo figlio dopo cinque anni trascorsi a lavorare in Italia e per questo non ci spieghiamo come mai si possa pensare a un allontanamento volontario. Aveva anche già acquistato, per circa seicento euro, il biglietto aereo andata e ritorno per partire venerdì 22 luglio e trascorrere con noi l’estate. Consegnateci mio marito o il suo corpo su cui pregare”.

Awa suggerisce di continuare a cercare nei luoghi di lavoro del marito. “Molte volte – sottolinea Awa – si lamentava delle condizioni difficili in cui era costretto a lavorare. Diceva che non è vero quello che si sente in giro sullo stato dei lavoratori immigrati. In Italia si lavora in condizioni disumane e spesso si rischia anche la vita. Nonostante tutto non ci ha mai fatto mancare quei cento euro che ci hanno permesso in questi anni di andare avanti”.

Daouda faceva anche il mediatore linguistico, ingaggio che gli ha consentito di pagarsi l’affitto e sostenere la famiglia. Ha svolto anche lavoretti occasionali come quello nel cementificio dove si recava a chiamata. Awa vorrebbe a questo punto raggiungere Acate con il cognato e cercare personalmente Daouda, ma ritiene di non poterlo fare per via dell’alto costo del viaggio aereo. “Al contrario di mio marito – dice – non ho passaporto e sono quindi costretta a restare a casa e sperare“.

Il passaporto di Daouda invece è stato trovato in un cassetto della sua abitazione accanto al biglietto aereo. Come Awa, anche la famiglia di Daouda esclude che si possa essere allontanato volontariamente e chiede alla comunità acatese immigrata di collaborare alle ricerche.

“Dovete controllare qui”, gridava una donna africana durante la manifestazione di venerdì culminata con il tentativo di assalto al cementificio diventato il fulcro della protesta. In quel luogo ci sarebbero diversi pozzi, difficili però da controllare anche per gli inquirenti supportati dai cani molecolari e dai droni a infrarossi. Intanto La Federazione Usb Ragusa avvierà una raccolta fondi per aiutare economicamente la famiglia di Daouda in Costa D’Avorio.

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