Una talpa mette nei guai Uber: violazioni e lobby sui governi

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Le rivelazioni del Guardian. Coinvolti anche il presidente francese Emmanuel Macron e l’allora vicepresidente Usa Joe Biden

© JOHANNES EISELE / AFP  – Il cofondatore di Uber, Trevor Kalanick, al lancio dell’Ipo a Wall Street

 

AGI – Una gigantesca fuga di materiale riservato accusa Uber di aver violato le leggi, beffato la polizia, sfruttato le proteste e le violenze contro i suoi autisti e fatto pressione segretamente sui governi per espandersi globalmente.

Lo scoop è del Guardian che ha avuto accesso a oltre 124 mila documenti, di cui oltre 80 mila tra messaggi e mail tra i vertici: il materiale copre gli anni dal 2013 al 2017 quando il gigante americano era guidato dal co-fondatore Travis Kalanick.

Quest’ultimo, insieme ai dirigenti esecutivi della società, non ha lesinato sforzi per conquistare alla sua causa il sostegno di governi, presidenti e miliardari. Le migliaia di messaggi chiamano in causa direttamente anche il presidente francese Emmanuel Macron e riferiscono di un incontro con l’allora vice presidente americano Joe Biden dopo il quale sembra che ci sia stato un suo ammorbidimento dei toni nei confronti del gigante della Silicon Valley.

Dopo la fuga di notizie, Uber ha ammesso “errori e passi falsi”, ma sottolineato che l’azienda è cambiata rispetto a quel periodo, sotto la guida dell’attuale amministratore delegato Dara Khosrowshahi.

“Non abbiamo e non inventeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali”, ha fatto sapere. “Chiediamo invece al pubblico di giudicarci da ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e da ciò che faremo negli anni a venire”.

L’opposizione francese ha attaccato Macron: il materiale passato alla stampa chiama in causa direttamente il capo dell’Eliseo, all’epoca ministro dell’Economia, che aveva una collaborazione stretta con l’azienda americana mentre questa cercava di aggirare le regole per potersi imporre sul mercato francese.

Uber France ha confermato che le due parti erano in contatto e che gli incontri con Macron erano normale amministrazione dal momento che rientrava nella sua sfera di competenza.

Ma da Mathilde Panot del partito della sinistra radicale France insoumise al leader del partito Comunista Fabien Roussel sono partiti gli attacchi contro il “lobbista” Macron al servizio di “una multinazionale americano che voleva deregolamentare permanentemente il diritto del lavoro”. Il deputato comunista Pierre Dharreville ha lanciato la richiesta di un’inchiesta parlamentare sulla vicenda, ripresa anche da Le Monde.

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