Dario Mondini, autore di due biografie che portano a riflettere il lettore.

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Oggi sul Corriere Nazionale abbiamo Dario Mondini, autore di due libri o meglio dire biografie esilaranti e che portano a riflettere il lettore. Il suo stile maturo e scorrevole Dario Mondini riesce a tenere il lettore incollato alle pagine, facendolo partecipe della vita dell’autore.

Ciao Dario, raccontaci qualcosa di te:

Grazie al Quotidiano Nazionale per questa importante opportunità. Sono nato e vivo da sempre nel sud-est di Milano. Pur essendo arrivato alla soglia dei 45 anni, dentro, mi sento ancora un ragazzo. Dopo un diploma in Ragioneria e una laurea in Scienze Politiche, una multinazionale che si occupa di risorse umane mi ha assunto come addetto al rilevamento delle presenze: tuttora ricopro questo ruolo, tra gli inevitabili alti e bassi di un lungo percorso professionale. Mi definisco una persona socievole, curiosa e aperta sempre a nuove esperienze. Coltivo autentiche passioni, come la pratica del tennis tavolo e lo studio della storia contemporanea.

Con Diario di un perdente di successo e Nuove storie di un perdente di successo che cosa hai voluto raccontare?

Ho voluto tracciare il percorso di una persona che ha vissuto un’esistenza all’apparenza normale, costellata però di episodi meritevoli di essere descritti. Non è da tutti essere cresciuti all’interno di una famiglia da “Mulino Bianco”, oppure il poter essere accompagnati da amicizie da “Libro Cuore”. In entrambi gli scritti c’è un mix tra eventi positivi e negativi, conditi, laddove possibile, con un pizzico di autoironia. I Diari, oltre che per i lettori, sono rivolti a quanti hanno percorso una parte della loro esistenza con me; in alcuni casi, la citazione era doverosa, e se la sono proprio meritata. In fondo, come scriveva Ugo Foscolo “un uomo non muore mai, se c’è qualcuno che lo ricorda”.

 

Che segno vuole lasciare con questi libri nei lettori?

Il messaggio principale è di speranza, legato al personale convincimento che la vita valga comunque la pena di essere vissuta, nonostante i lutti e le delusioni che, purtroppo, spesso ci accompagnano. La mia testimonianza vuole essere di supporto per quanti faticano a riprendersi dai momenti bui, perché in fondo al tunnel c’è sempre la luce.

Che relazione c’è tra la scrittura e la società?

La scrittura è una componente fondamentale della nostra comunicazione ed è alla base della costituzione della società. In un’epoca contrassegnata dallo strapotere dei Social Networks, chiunque scrive, anche un semplice post, potrebbe diventare un opinion leader. Per questo motivo cerco sempre di essere attento ai contenuti, mostrando elementi del quotidiano che possano fare sorridere, come una padella sfondata o un’improbabile ricetta culinaria. Apprezzo chi ha il coraggio di schierarsi pubblicamente, solo però se lo fa con garbo, senza offendere quanti potrebbero pensarla diversamente. La scrittura deve diventare l’occasione per il confronto, non per lo scontro. Come Sandro Pertini ricordava ai proprio avversari: “io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi al prezzo della vita perché tu la tua idea la possa esprimere sempre, liberamente”.

Che cosa ti piace leggere?

Il mio genere preferito è il romanzo storico, in particolare se ambientato nelle guerre mondiali. Mi sembra di rivivere le vicende in prima persona, come se fossi catapultato indietro dalla macchina del tempo. Leggo poi romanzi polizieschi, autobiografie, narrativa introspettiva e chicklit. Di fatto, ho una preclusione di sorta solo per il fantasy, magari perché sotto sotto provo un po’ d’invidia per gli scrittori in grado di creare dal nulla scenari al di fuori della mia immaginazione.

Chi sono i tuoi scrittori di riferimento?

Ho avuto la fortuna di avere una mamma accanita lettrice. Già da piccolo, mi ha trasmesso la passione per i grandi classici francesi (Guy de Maupassant, Victor Hugo e Jules Verne, in particolare), russi (Tolstoj e Dostoevskij) e ovviamente, italiani. Quando torno nella casa natìa, rimango affascinato da “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, e non è raro che lo riapra nuovamente per leggerne qualche passo. Essendo entrato nel circuito degli autori emergenti, posso dire di aver trovato delle perle rare all’interno di esso, tanto dal punto di vista umano quanto della scrittura: non faccio nomi, loro lo sanno, basta vedere le foto da me postate in occasione del recente Salone del Libro di Torino.

Quali sono le difficoltà che hai incontrato durante il percorso di scrittura di questi due libri?

Potrà sembrare banale, ma lo scoglio più difficile è stato quello legato all’utilizzo dei tempi verbali. Nella stesura del secondo libro, memore degli errori trovati nel primo, mi sono avvalso della collaborazione di una editor professionista, Rosa Gargiulo, che non smetterò mai di ringraziare. Contrariamente a quanto taluni potrebbero pensare, grazie alla super memoria tramandatami da mia mamma, mi è risultato abbastanza naturale imprimere su carta accadimenti di un passato…non troppo recente.

 

Progetti futuri?

Nell’ultimo anno ho scritto solamente un capitolo per iniziare a completare la possibile trilogia dedicata a “Il perdente di successo”: un po’ troppo poco, direi. Ho iniziato invece a collaborare con un gruppo di giovani del mio comune, Mediglia, per dar vita a dei podcast su temi di attualità, quali ad esempio la gestione delle emozioni, oppure l’elaborazione del lutto per la perdita dell’animale domeso. Intervistiamo diversi addetti ai lavori, e lo scambio si sta rivelando davvero proficuo e interessante.

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