Dalla sorgente alla foce, quel che resta del fiume Tevere

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La siccità ha colpito anche il Tevere, il primo fiume dell’Italia centrale, il terzo fiume nazionale per lunghezza e trasporto che bagna quattro Regioni – Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio – 7 provincie e 82 comuni.

di Edoardo Izzo

© Alessandro Serranò / Agf
– La siccità e il fiume Tevere a Roma

AGI –  I turisti – ancora pochi – passeggiano lungo quello che all’apparenza sembrerebbe un ruscello di montagna.
Quel ruscelletto, in realtà, è “Il fiume sacro ai destini di Roma”, come si legge sulla colonna di travertino ornata da tre teste di lupo e sovrastata da un’aquila rivolta verso la Capitale, che segna il punto in cui la sorgente fuoriesce dai monti.

È il fiume Tevere tanto caro ai romani. Il primo fiume dell’Italia centrale, il terzo fiume nazionale per lunghezza e trasporto, bagna quattro Regioni – Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio – 7 provincie, 82 comuni.

E vede la luce proprio sul Monte Fumaiolo, in Romagna, quasi al confine con la Toscana. È fine giugno, ma la temperatura è fresca, quasi autunnale. “Questo fiume è la nostra fortuna. È l’unica cosa per la quale dobbiamo ringraziare Mussolini”, racconta all’AGI Geremia, 66 anni.

Ogni mattina si sveglia e passeggia in questo paradiso a 1,268 metri di altitudine sul mare. Il riferimento al Duce ci riporta negli anni 20’.

All’origine, infatti, la sorgente si trovava in Toscana: fu  Mussolini a voler spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo e la cosiddetta Romagna Toscana nella regione a est dell’Appennino, per assecondare il suo desiderio che l’inizio del Tevere ricadesse in territorio forlivese, sua provincia di origine.

E l’acqua che scorre dalla sorgente è vita per gli abitanti delle Balze, frazione di circa 300 anime del comune di Verghereto (in provincia di Forlì-Cesena).

“Siamo grati per l’acqua della sorgente: scorre nei nostri rubinetti, va nelle nostre case. Per questo sulla foce ne scorre poca, perché viene captata come deposito per l’acqua di Balze”, spiega all’AGI Franco, titolare, insieme alla sua famiglia, del “Fumaiolo Paradise hotel”, un albergo, con ristorante, che sorge proprio sopra al monte.

“In questo periodo l’acqua è più o meno come negli anni passati, forse ha perso qualcosina, ma siamo stati fortunati: a Pasqua abbiamo avuto una bella nevicata che ha rafforzato le sorgenti – racconta con il sorriso -. Ha fatto 60 centimetri di neve”. Poi si fa serio: “Purtroppo però le previsioni per il futuro non sono buone: verso fine luglio avremo qualche problema”.

E questo, nonostante nel monte ci sia ancora tanta acqua. “I geologi così ci hanno detto: c’è ancora tanta acqua – spiega -. Ma il problema è sempre lo stesso: da troppo tempo non sta piovendo. Anche i funghi stanno nascendo poco”.

Non solo: “Tra poco avremo difficoltà anche ad abbeverare gli animali da pascolo”, aggiunge ricorda mentre serve i piatti tipici locali ai tavoli. “Almeno, anche se lentamente il turismo si sta riprendendo: qualcuno a vedere la sorgente viene”, racconta prima di congedarci.

Proseguendo lungo il percorso del fiume e passando per l’Umbria non va meglio: siamo vicino Terni, al lago di Corbara. Sembrano lontani i tempi in cui il fiume Tevere alimentava il lago artificiale dell’Italia centrale, formatosi con la costruzione negli anni 60’ del bacino idroelettrico.

L’Umbria è tra le regioni dell’Italia centrale che più sta soffrendo l’emergenza siccità: il lago Trasimeno e il fiume Tevere continuano a scendere drammaticamente di livello da giuorni si ragiona su varie forme di razionamento. “Non piove mai e sta diventando un problema”, dice Romolo che abita a Perugia e che viene qui per rilassarsi.

“Ho 70 anni e vengo qui da quando ero un ragazzo: mi ci portava mio padre”, racconta andando indietro nel tempo. “Non ricordo un altro periodo uguale a questo: non piovendo l’invaso si alimenta poco e si crea la ‘secca’”.

Nulla a che vedere però con la situazione della Capitale, dove, almeno in alcuni punti, l’acqua del “biondo” Tevere arriva appena alle caviglie. “Il fiume sembra sempre più basso e ogni anno è peggio del precedente”, racconta Sasha, 20enne originario del Lago Maggiore. Siamo arrivati all’Isola Tiberina, in pieno centro, su una banchina popolata di runner e ciclisti.

La prestazione non è favorita dal clima: fanno oltre 35 gradi e il fresco della Romagna è un lontano ricordo. E i cambiamenti climatici, così come la mancanza della pioggia, sta effettivamente creando seri problemi.

“Io sto qui tutti i giorni: il livello del fiume è sceso tantissimo”, spiega Augusto, 55 anni, che guarda i fiume seduto su un sasso. Non va meglio dalla parte di Ponte Sublicio.

“Il livello del fiume si abbassa sempre in estate, ma mai come quest’anno”, dice all’AGI Alessandro, 31 anni, che da qualche anno si allena in bici sulle sponde del Tevere.

Una ricostruzione precisa arriva però da chi ogni mattina sul fiume di Roma ci lavora: Salvatore, 46 anni. Si occupa della sicurezza dell’ingresso. “Sono dipendente di una società di vigilanza e sto qui tutti i giorni – racconta -. Il fiume si è abbassato di 10 centimetri rispetto all’altro ieri”. Una sentenza. “Come lo sai?”, domandiamo.

“Vedete la ruota di quel motorino? Prima non si vedeva. Da domenica si è dunque abbassato”, risponde sicuro. Salvatore lavora qui dall’8 giugno e ha notato un progressivo abbassamento del livello dell’acqua: “Anche guardando i sassi si capisce che la situazione è seria: alcuni non si vedevano e ora stanno emergendo in superficie, l’altro giorno ho visto una nutria che stava salendo lì sopra e me ne sono accorto”.

Il viaggio sul Tevere continua. Siamo a Fiumicino, alla foce: qui il fiume incontra il mare. Tecnicamente dovrebbe essere la parte in minor sofferenza, ma anche qui, a causa della mancanza di pioggia, il fiume si è abbassato.

“Un po’ è sceso, se non piove è così”, conferma Romolo, 60 anni, che vive a pochi metri dal porto. “Lavoro a Roma, ma passeggio qui ogni mattina prima di muovermi ed effettivamente la foce è più bassa”.

“Qui non piove da troppo tempo, ci vuole la grandine”, spiega Gino, 92 anni, che percorre il lungomare in bicicletta e guarda sconsolato la foce del Tevere, o quello che ne resta. “In effetti si è abbassata, negli ultimi anni è sempre bassa e quest’anno è scesa ancora”, dice all’AGI Giorgio, 73 anni, mentre pesca sul molo.

“Si nota un calo, perché escono fuori le pianelle e si vedono. È come minimo mezzo metro più bassa e si nota: basta vedere anche il muschio”, spiega Sergio, 56 anni, un dipendente comunale che pulisce la banchina ogni mattina -. Qui, tra l’altro, c’è l’influsso del mare, ma se si va verso la Capitale lo si nota ancora di più”. Lo sappiamo bene. Passando dall’altra parte, nella zona di Ostia, la situazione è la stessa.

“Molto spesso vengono ad ‘dragare’, c’è una chiara erosione. Sia il livello del fiume sia quello del mare si sono abbassati vertiginosamente”, dice Luigi del ‘”Porticciolo del Faro”, su quella che è considerata la seconda Foce del Tevere.

Anche qui la paura è quella del “razionamento” che al momento però sembra scongiurato in attesa che il fiume torni all’aspetto e all’indole che lo hanno reso caro ai romani.

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