I percorsi di PCTO e la dispersione scolastica

Scuola, Formazione & Università

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Uno dei gravi problemi della scuola italiana oggi è la dispersione scolastica che è pari al 12,7%, tra le più alte d’Europa. E’ un grosso problema sociale che con i percorsi di PCTO, se correttamente intesi, può essere ridotto utilizzando questi come opportunità di apprendimento, ma anche per favorire la progettualità e prevenire fenomeni di disagio. Con i PCTO si può ridurre il profondo divario esistente tra una didattica ideale (quella delle buone prassi, della ricerca pedagogica e delle direttive europee, che proclama la centralità del soggetto che apprende) e la didattica attuale, a volte caratterizzata da un abbassamento di progettualità, e spesso costruita allo scopo di adattarsi a un cambiamento sempre più subito e meno agito in cui il docente continua ad essere il fulcro di processi di apprendimento accademici, standardizzati, lontani dal mondo professionale degli studenti e dai loro bisogni accrescitivi. La lezione frontale è stata al centro del processo d’istruzione per oltre un secolo ed ha affermato un modello di conoscenza fondato sulla ripetizione e sulla reiterazione di formule, nozioni, informazioni e procedure. Mentre sono state tenute in poco conto tutte quelle competenze che mettono il soggetto nelle condizioni di cavarsela in una determinata situazione, di sapersi relazionare in un ambiente, di essere in grado di risolvere problemi pratici e quotidiani. Spesso l’apprendimento è solo teoria e non interagisce con l’esperienza di chi apprende e non c’è possibilità di comprendere le forme che quelle specifiche conoscenze avrebbero potuto assumere in un futuro lavoro. Chi era dotato di maggiore pragmatismo ed aveva difficoltà ad apprendere secondo queste impostazioni si è spesso perso perché non ha trovato il suo posto nel sistema istruzione e se ne è allontanato più o meno volontariamente. Una priorità delle politiche educative europee è la promozione e valorizzazione del benessere personale e socioeconomico di una comunità attraverso processi di insegnamento-apprendimento adeguati perché ogni studente ha la sua storia personale, specifici bisogni formativi, ma è anche portatore di saperi ed esperienze proprie. Per ripensare in modo adeguato i curricoli e, quindi, la didattica, bisogna riportare il soggetto che apprende al centro delle azioni didattiche, che devono diventare nella pratica più riflessive, flessibili, strategiche, di qualità e fortemente orientate sia al mercato del lavoro sia alla vita futura. Tali azioni richiedono la ridefinizione della professionalità del docente ed un ripensamento della pluralità di approcci presenti nell’ambito degli studi del sé e dell’identità, considerata la multidimensionalità della formazione. Quando si parla di dispersione scolastica si pensa subito al fenomeno dell’abbandono precoce degli studi, ma si dimentica di aggiungere i ripetenti, infatti la dispersione è definita come la somma di abbandoni e ripetizioni. Tuttavia il fenomeno della dispersione ha molte sfaccettature, tra le quali spiccano la dissipazione del tempo, dell’intelligenza e delle potenzialità all’interno dell’istruzione scolastica.  Nel nostro Paese il fenomeno della dispersione ha dimensioni enormi e dalle conseguenze sociali tragiche poiché esso genera povertà e disuguaglianze sia nel contesto nazionale che europeo. Prima con la Strategia di Lisbona e poi con la Strategia Europea 2020 i Paesi membri hanno posto tra gli obiettivi prioritari la riduzione al 10 per cento della quota di giovani europei che tra i 18 e 24 anni non hanno conseguito alcun titolo di istruzione e formazione dopo la scuola media. Questi giovani rischiano di essere privi di strumenti adeguati per gestire la propria vita ed il proprio sviluppo lavorativo. Inoltre essi sono un freno per la crescita intelligente, inclusiva e sostenibile dei propri territori. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2015 ha adottato la nuova Agenda di sviluppo sostenibile focalizzando la sua attenzione sulla necessità di garantire un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa  e di promuovere opportunità di apprendimento per tutti. Ogni  Paese deve mirare a conseguire tale obiettivo guardando anche alla carenza dei propri sistemi educativi nazionali. Bisogna considerare che la perdita di capitale umano dovuta alla dispersione comporta sia costi individuali per la persona che si disperde sia costi economici e sociali per lo Stato e per la collettività. Poiché il tasso di abbandono è molto alto soprattutto negli istituti professionali, fenomeno che alimenta il bacino dei cosiddetti NEET cioè giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non si formano , non lavorano, sono stati proprio gli istituti professionali i primi a sperimentare vari modelli di alternanza scuola-lavoro. Questi percorsi hanno rappresentato una possibilità concreta per ridurre la dispersione scolastica.

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