Il Bari, i tre anni di programmazione per la A e la maledetta fretta

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Sicché, mentre comincia ad imperversare il calciomercato con un milione di calciatori accostati al Bari senza alcuna fonte ma solo generati dalla fantasia di qualche testata in cerca di visibilità o di personaggi internauti agit prop che sanno tutto di tutti e mettono in giro voci ad minchiam, il DS Polito annuncia che la serie A si programmerà nel giro di tre anni, e ci sembra, in tutta onestà, una saggia affermazione così da non “imprisciare” la tifoseria che, si sa, subito abbocca e comincia a sognare in grande inconsapevole dei noti voli di Pindaro.

E si, perché con una serie B con squadre del calibro di Cagliari, Genoa, Parma, Brescia, Venezia, Benevento, Frosinone, Perugia, Pisa o Monza, e tutte le altre che, rispetto al Bari, sono più rodate e, pertanto, tutt’altro che accondiscendenti quando incontreranno i biancorossi, sarà molto dura per la società lottare per la serie A. E’ bene saperlo prima perché prima si entra in quest’ottica meglio sarà per tutti, salvo, ovviamente, affidarsi al caso e alla eventualità di poter salire sin da quest’anno, perché tutto può accadere.

Polito sa bene le vicende giudiziarie che ci sono a causa della multiproprietà e sa bene anche che andare in A sin da subito potrebbe voler dire smobilitazione societaria a 360 gradi e, dunque, fa bene a guardare l’orizzonte che si ferma al tetto. Non vogliamo essere pessimisti, ci mancherebbe, a tutti – compreso noi – piacerebbe che il Bari fosse promosso sin da quest’anno, ma riteniamo che occorre, al di là delle sentenze giudiziarie, un periodo di assestamento, di carburazione, di rodaggio prima di puntare diritti alla A soprattutto se si tien conto delle suddette pretendenti.

Ieri, lo confessiamo, abbiamo fatto il tifo per il Cagliari e non per la Salernitana perché con il Cagliari in B sarebbe stata dura far punti, con la Salernitana, forse, qualche punto in più si poteva guadagnare. Ed invece occorrerà fare i conti anche coi sardi oltre che con altre corazzate.

Di certo i De Laurentiis non sono tipi da “assalto francese e ritirata spagnola”, affermare di programmare la A in tre anni, fidatevi, ci sarebbe da metterci la mano sul fuoco anche perché in tre anni si consoliderebbe l’asset societario con il subentro di altre figure dirigenziali (ad esempio manca un Direttore Generale, ma in realtà ne mancano altri) perché cercando la A a tutti i costi si correrebbe il rischio di rimanerci solo un anno per via dei debiti accumulati e i relativi tentativi approssimativi di condurre la società.

Ci sono in serie A squadre che, dopo essersi consolidate, stazionano in categoria da diversi anni coi conti a posto, con diversi giocatori bravi che ormai gravitano in nazionale e che regalano ai tifosi gioie che fino a dieci anni fa sembravano impossibili: pensiamo al Sassuolo tanto per fare un nome. Certo qualcuno potrebbe dire che Bari non è Sassuolo, giusto, ma il concetto di gestione societaria deve esser simile perché altrimenti si fa la fine del Venezia, e per una città come Bari non sarebbe consentito perché Bari, con quello stadio e con l’indotto che si ritrova, meriterebbe quanto meno di puntare ogni anno all’Europa e non certo di lottare per la salvezza, per questo occorre andare calmi e lasciar lavorare la società in santa pace perché è noto che la gatta per fare presto, fece i figli ciechi.

Nella vita accadono delle cose, ti arrivano incontro all’improvviso, ti investono, pervadono il tuo essere, alimentano i sentimenti, ma la realtà è sempre in agguato con la sua lucida freddezza e fa i conti col volere delle persone che spesso temono di sognare e che ti impediscono di alzarti in volo, ti obbligano a rimanere solidamente fermi per terra.

Ché si abbia fede, dunque: “Fere libenter homines id quod volunt credunt”, ovvero gli uomini credono volentieri in ciò che desiderano, diceva Giulio Cesare, dunque lasciamoli lavorare perché loro hanno tutto l’interesse a far le cose per bene qui a Bari.

Massimo Longo

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