Lager psichiatrici ed illuminati folli

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Uno dei più tragici eventi che possa colpire una famiglia è l’ammalarsi di un proprio caro di una patologia mentale, sempre di difficile gestione, questo tipo di affezione  nella maggior parte dei casi non evolve quasi mai verso la piena guarigione. Anche se oggi l’approccio terapeutico per fortuna è molto cambiato va ricordato che solo nel 1978 con la legge 180, nota come legge Basaglia, sono stati chiusi  i manicomi. Va ricordato che l’Italia fu la prima in Europa ad approvare questa legge di civiltà che restituiva dignità e libertà ai malati.  Nel 2017 i manicomi criminali  detti OPG, ospedali psichiatrici giudiziari, sono stati riformati  con la legge Lorenzin. La società discrimina ancora oggi i malati mentali e c’è sempre molto sospetto, timore  e prevenzione verso questi pazienti.

Le famiglie di queste tipologie di malati  spesso si chiudono verso il mondo esterno, sia per mantenere la privacy, sia per proteggere il proprio caro da sguardi ed atteggiamenti ostili, sia per una sorta di pudore o vergogna che li fa sentire soli e diversi. Va inoltre sottolineato che la salute mentale pesa molto a livello economico e infatti gli Stati oggi puntano soprattutto alla prevenzione. Per far conoscere il problema e sensibilizzare l’opinione pubblica è stata istituita la giornata mondiale della salute mentale il 10 Ottobre. I manicomi furono istituiti nel 1904 con l’articolo 1 della legge Giolitti all’insegna del  “custodite e curate” quelle persone ritenute pericolose per sé , ma soprattutto per gli altri. Purtroppo venivano spesso rinchiuse anche persone che non erano affatto pericolose e che non avevano bisogno di cure detentive particolari,  così  rinchiusi in quei luoghi  spesso  sporchi  e maleodoranti diventavano vittime, insieme ai veri malati di mente, di torture di tutti i tipi: venivano legati con cinghie e cinture, picchiati, rinchiusi e confinati, erano malnutriti e subivano il terribile elettroshock  che ne distruggeva il cervello e la volontà, da cavie venivano privati di ogni dignità e di quel rispetto umano che si deve a ogni uomo. Isolati totalmente dal mondo esterno non potevano in nessun modo chiedere aiuto o far sapere ciò che gli accadeva in quei luoghi infernali. Molti pazienti scrivevano lettere che spesso non venivano mai fatte recapitare ai loro familiari. In simili luoghi e con tali trattamenti se uno non era malato di mente finiva per diventarlo. L’orrore dei luoghi della follia non si limitava alla sola reclusione definitiva delle persone, ma andava ben al di là dell’umano !

Alcuni dei tanti metodi di cura erano: lo shock insulinico, attraverso una iniezione di una dose tale di insulina capace di mandare in coma il paziente, i bagni e le docce gelate a sorpresa, gettando i pazienti nei fiumi o nei pozzi, oppure in catini contenutivi senza via di fuga; far precipitare il paziente da grandi altezze “controllate”; ostruzione di alcune arterie cerebrali con conseguente disabilità permanente; castrazione chirurgica, clitoridectomia e asportazione delle ovaie per chi si masturbava, su questa terapia troviamo vari scritti dove viene lodato l’intervento “ora tutto induce a credere che la cessazione delle sua vergognosa abitudine masturbatoria sia permanente”, ed ancora privazione del cibo, isolamento, camicia di forza, macchina rotatoria, finte operazioni chirurgiche per chi era convinto di essere malato ed affinchè credesse di essere guarito grazie all’intervento chirurgico, non si esitava ad aprirgli l’addome e poi ricucirlo, e poi ancora applicazioni di sanguisughe, soffocamento prolungato ed iniezioni sottocute di sostanze tossiche dolorosissime come la veratrina, sul podio la lobotomia, una procedura neurochirurgica utilizzata fino agli anni 70 e l’elettroshock.

Anche allora, come oggi, si affermava che bisognava credere ciecamente nella scienza e l’inventore della lobotomia, che utilizzò centinaia di pazienti cavie, a cui vennero indiscriminatamente ed irreversibilmente distrutte aree massicce del cervello, si meritò il premio Nobel per la medicina !

L’inventore della lobotomia, Egas Moniz, apriva il cranio e distruggeva i lobi frontali del cervello, quelli dove risiedono le funzioni cerebrali superiori, quali idee, opinioni, pensieri, immaginazione e capacità creativa, danneggiando deliberatamente le aree della mente che rendono l’uomo umano, per poi scrivere nelle sue memorie: “il malato, dopo l’operazione risulta confuso e imbecillito, scorda le sue preoccupazioni e diventa gaio”.  Anche Padre Agostino Gemelli, frate e psichiatra, scrive in suo saggio sulla lobotomia : “…Questa operazione è oggi entrata nell’uso comune anche in Italia e si può calcolare che siano state 10.000 le lobotomie, con un esito ottimo in un terzo dei casi, gli altri un limitato successo e la mortalità totale è del 5%.  Oggi la psichiatria tenta nuove vie per curare quei malati di mente che un tempo si abbandonavano”.

A distanza di poco più di 60 anni  è veramente riduttivo definire tutto questo un vero e proprio “orrore criminale” ad opera della scienza e dei suoi illuminati! Questi ricoveri forzati diminuirono grazie alla legge 431 del 1968 e per aiutare i pazienti dimessi dai manicomi furono istituiti i Centri di Igiene Mentale, ma purtroppo anche molto dopo gli anni settanta il malato mentale finiva rinchiuso nei manicomi. La graduale chiusura dei manicomi a partire dalla fine degli anni settanta, grazie alla legge Basaglia, ha reso fondamentali i servizi ambulatoriali disseminati su tutto il territorio nazionale e sono stati istituiti i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, divisioni di psichiatria  destinate al trattamento dei pazienti acuti degli ospedali. La legge affermava che alla base del trattamento sanitario doveva esserci il bisogno di cura di ogni singola persona. Grazie alla riforma della psichiatria sono stati restituiti ai malati dignità e diritti e l’assistenza è oggi orientata all’integrazione nella società. Al posto dei terribili manicomi sono stati istituiti diversi enti come i centri di salute mentale, le strutture residenziali psichiatriche, le residenze per le misure di sicurezza, progetti di sostegno alla persona, assistenza domiciliare.  Oggi è fondamentale, per ottenere risultati efficaci sui pazienti, un lavoro di equipe dei diversi professionisti dei vari settori della salute mentale per assicurare al malato la cura, la riabilitazione e l’effettivo reinserimento sociale e lavorativo. Non bisogna contrarre le spese sanitarie di un settore che è fondamentale per la vita dei pazienti e delle loro famiglie, cosa che purtroppo in questi ultimi tempi sta accadendo. Gli ammalati non possono essere lasciati soli e devono essere tenuti nella giusta e dovuta considerazione, saremmo altrimenti costretti a riaprire i manicomi perfettamente uguali a quelli del passato e con le stesse terapie, ma come ultima dimora di chi amministra la sanità in questo paese.

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