“Lotto per salvare mio padre senza cure dopo un infarto nel Donbass”

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Nella regione in questo momento al centro dello scenario bellico, non ci sono solo le vittime delle bombe ma anche chi, come Petro, sta immobile in un letto per un attacco di cuore, senza cure, né medici. La figlia Natalya racconta all’AGI la sua lotta dall’Italia “per un miracolo”-

© Ilya Pitalev / Sputnik / Sputnik via AFP

– Donbass

AGI – Il papà di Natalya si chiama Petro, ha 68 anni, ha avuto un infarto nel Donbass e nessuno lo può curare. Ora, racconta la figlia all’AGI, “non è più lui. È immobile a letto, in uno stato di incoscienza da cui esce ogni tanto per dire cose senza senso”.

Non c’è un medico che possa provare a svegliare dal torpore Petro, non ce ne sono proprio a Solidar, un villaggio nella regione dove si combatte da anni, ora al centro dello scenario bellico. Ad accudire Petro, per quel che può, c’è solo la moglie Elena, di un anno più giovane. Entrambi, racconta la figlia che vive da anni a Reggio Emilia, sono pensionati e vivevano a Popasnya, sempre nel Donbass, “adesso un paese che  non c’è più, distrutto dai bombardamenti dei russi”.

“Tante persone stanno avendo attacchi di cuore”

Sono riusciti a scappare grazie all’aiuto di alcuni volontari della zona che li hanno sistemati  in un appartamento assieme ad altre persone. “Quattro giorni fa papà ha avuto un infarto. Stava bene, quando gli ho parlato l’ultima volta minimizzava sulla pericolosità della situazione anche se io e mia sorella non gli abbiamo creduto. Tante persone stanno avendo attacchi di cuore in questi giorni”.

Dopo il malore, Petro è stato messo a letto. Non riesce a mangiare, non ci sono flebo per nutrirlo né medicine per cambiare il corso della malattia. “Mamma gli prepara delle zuppette, cerca almeno di idratarlo”. Natalia ha chiamato anche gli amministratori del Comune di Solidar “che mi hanno dato il numero di telefono di chi potrebbe seppellirlo”.

La speranza di portarlo via

Ma una speranza, “anzi un miracolo”, nelle ultime ore è emersa. “Mia madre ha trovato un mezzo di trasporto con otto posti, abbiamo messo un annuncio sulla pagina Facebook del paese per annunciare che c’era questa possibilità per andarsene e per cercare un autista. Uno si era fatto avanti ma poi mia mamma non voleva andarsene perché aveva paura di lasciare papà qui. Ora pare, dopo tante ricerche, che ci sia qualcun altro disposto a guidare, siamo disponibili a pagare quanto ci chiedono e vogliamo che venga messo a bordo anche papà. Forse potrà essere curato altrove”.
Natalya ha cugini e amici nel villaggio. Le loro testimonianze sono crude. “Mi hanno raccontato di una donna morta ‘viva’ qualche giorno fa. Una casa è crollata sui resti di un rifugio dove lei era dentro. Lei urlava, la gente urlava, nessuno ha potuto salvarla”.

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